La prima e più significativa esperienza in Italia fa capo a Bologna, dove la cooperativa Arvaia opera da sette anni in regime di CSA, col supporto di una “piccola” comunità di soci-abbonati che oggi raggiunge quota 493. Nel 2013, la realtà dedita alla produzione di prodotti agricoli biologici su 47 ettari di terreno in località Borgo Panigale ha scelto da subito di abbracciare il sistema mutualistico della cosiddetta Community Supported Agriculture per finanziarsi e pianificare la sua capacità produttiva: “Dividiamo i prodotti dell’orto tra tutti i soci che hanno contribuito a finanziare l’anno agricolo in corso”, spiegano in casa Arvaia, dove la distribuzione di prodotti freschi avviene attraverso 8 punti dislocati in città (tra cui la sede centrale di via Olmetola e il banco della cooperativa al mercato settimanale di Villa Bernaroli, ogni sabato mattina), per 49 settimane all’anno, e discende da un piano colturale oculato stilato all’inizio dell’anno. L’offerta di ciascuno si imposta su base d’asta, per raggiungere il versamento di una quota media consigliata, calcolata dall’azienda sulla base dei costi stimati per l’annata successiva.
Cos’è il sistema della CSA
Ma il modello della CSA, che consente anche di limitare gli sprechi, non è un semplice strumento d’utilità per l’impresa agricola, perché crea comunità, coinvolgendo attivamente il cliente, che diventa così sostenitore diretto ed è incentivato a scoprire l’azienda, partecipare alle sue attività, conoscere da vicino le filiere produttive. In piccolo, specie per regolare al meglio la vendita diretta, ogni impresa agricola può modulare la sua CSA, che per definizione è una forma di organizzazione dell’attività di produzione e del consumo dei prodotti dell’agricoltura che si basa sull’alleanza fra chi produce il cibo (i contadini) e le persone che lo mangiano (i fruitori). Dunque una cooperativa agricola di produzione e consumo, composta da soci lavoratori, fruitori e sovventori, che opera a livello strettamente locale, valorizzando l’economia del territorio. Nato all’inizio degli anni ’70 in Giappone, è negli Stati Uniti, a partire dagli anni ’80, che il modello ha trovato modo di esprimersi al meglio, in contrasto alla crescente industrializzazione del sistema alimentare. E oggi sono sempre più numerose le realtà europee, e italiane, che si dotano di un sistema di supporto partecipato simile (basti pensare alla distribuzione di ortaggi in cassette settimanali, di cui anche molti piccoli orticoltori fanno uso, per ottimizzare costi e ricavi). Negli ultimi mesi, peraltro, il sistema della Comunità che Supporta l’Agricoltura – come facilmente si può sciogliere in italiano l’acronimo inglese CSA – ha dimostrato a pieno la sua validità. Il modello - che applica la formula win-win e garantisce il giusto compenso a chi lavora nei campi, offrendo al contempo un prezzo equo e trasparente a chi acquista - fonda infatti la sua esistenza sulla fiducia e sulla solidarietà reciproca. Valori che il lungo periodo di lockdown ci ha aiutato a riscoprire (ma speriamo ne resti memoria).
Fare la spesa da Arvaia a Bologna
Nel sistema della CSA, i soci che supportano economicamente la produzione agricola con il versamento di una quota annuale hanno diritto a una parte di raccolto: nel 2019, con poco più di 15 euro a settimana, ogni socio della cooperativa Arvaia ha ricevuto in media settimanalmente oltre 6 chili di ortaggi di stagione coltivati in regime biologico, in base alle preferenze indicate all’inizio dell’anno mediante piattaforma online che facilita la gestione del sistema. Tra i prodotti offerti dalla cooperativa bolognese, però, non ci sono solo ortaggi freschi, ma anche prodotti trasformati (circa 70 tipologie, tra miele, passata di pomodoro, farine) e il pane del forno Brisa (formato pagnotta o in cassetta), che è socio a sua volta, utilizza i grani di Arvaia e baratta il suo pane con le verdure della Csa per farcire la sua pizza in teglia (mentre la pasta secca è quella del pastificio biologico Iris, in provincia di Cremona). Oggi Arvaia, che conta una decina di dipendenti regolarmente assunti, coltiva circa 75 varietà di ortaggi, cereali e frutti (il frutteto è stato piantato nel 2017), senza utilizzo di pesticidi, diserbanti o fertilizzanti chimici, in pieno campo o serre non riscaldate; la scelta spazia dai friggitelli ai porri, dal broccolo fiolaro alla cicoria catalogna, passando per ortica e borragine, fagiolini, sedano rapa, pomodori e patate. Ma ci sono anche i cereali: orzo, farro, miglio, segale avena. E il parco si può anche visitare, per osservare da vicino il lavoro della cooperativa, a passeggio lungo le cavedagne dei terreni agricoli.
L’OrtoMangione a Siena
A Siena, la cooperativa MondoMangione si è costituita nel 2004 e oggi conta più di 500 soci. Di questi, una quarantina supportano l’attività dell’OrtoMangione, orto collettivo e condiviso nato da poco più di un anno e basato sul modello della CSA: con il versamento di una quota annuale di circa 750 euro (che copre costi di installazione, per attrezzature, di gestione, costo del lavoro), ogni socio riceve settimanalmente, per 45 settimane all’anno, la propria cassetta, con gli ortaggi coltivati alle porte di Siena, su un terreno di circa 2 ettari, suddivisi equamente tra i partecipanti (il peso di ogni cassetta varia in base alla disponibilità della stagione). Chi vuole può anche prendere parte alle attività in campo.
Il ritiro avviene presso l’orto, nella bottega di MondoMangione a Siena o al MoMaMarket di Monterrigioni. Anche a Siena, la spesa si può integrare con pane a lievitazione naturale, latte, yogurt e formaggi, forniti da produttori locali.
Semi di Comunità a Roma
Alle porte di Roma, nel territorio del Parco di Veio che si estende alla periferia nord della Capitale (zona Giustiniana), Semi di Comunità è la CSA nata dall’evoluzione del progetto omonimo avviato da Mondo di Comunità e Famiglia nel 2015. La prima asta delle quote si è tenuta nel 2019 e alla fine della primavera dello stesso anno ha dato vita alla prima distribuzione delle cassette di ortaggi. Di 5 ettari di terreno a disposizione, la metà sono coltivati a orticole da due persone assunte e diversi collaboratori stagionali; con i soci partecipanti si condivide dunque il rischio d’impresa, come a Bologna e Siena, con l’idea di stimolare anche una partecipazione attiva (non obbligatoria) al progetto, per attivare un circuito di agricoltura urbana partecipata, diffondendo così una nuova consapevolezza alimentare. Sono una quarantina le varietà di orticole in campo (il calendario della raccolta mensile è consultabile sul sito), la distribuzione avviene in sede, o presso altri sette punti amici in città.
www.mondomangione.it/ortomangione
a cura di Livia Montagnoli