È stato minacciato di morte dai vegani e nel 2016 ha protestato contro di loro esibendo un salame. Parla alla pancia degli italiani tutti i giorni con il programma La Zanzara su Radio 24. Giuseppe Cruciani non è uno che le manda a dire e anche sul cibo combatte il politicamente corretto: sì alle grandi porzioni di pasta al ristorante, con il cibo in spiaggia fate come vi pare, mangia volentieri carne di coniglio e di cavallo, ed è favorevole alla carne coltivata.
È uscito da poco il suo ultimo libro Via Crux. Contro il politicamente corretto. In fatto di cibo esiste un politicamente corretto?
Oggi politicamente corretto sul cibo vuol dire stare attenti alle ricadute etiche di quello che mangiamo. Riguarda l’attenzione alla dieta vegana, il veganesimo, la lotta contro gli allevamenti intensivi, mangiare in un certo tipo di carne o addirittura non mangiarla, il cibo collegato all’ambientalismo: c’è chi vede il cibo tradizionale come una delle cause del cambiamento climatico, dell’inquinamento del pianeta.
E qual è la sua opinione?
La trovo una cosa senza senso, perché il vero problema dell’inquinamento è altrove, e lo facciamo spesso per avere la coscienza più pulita e non perché possiamo cambiare le sorti del mondo modificando il nostro stile di vita.
Insomma, non è d'accordo.
Combatto questo racconto del politicamente corretto del cibo e continuo a dire: ognuno mangi quello che vuole, e soprattutto non distruggiamo una grande tradizione italiana che è quella della carne.
Nel 2017 ha scritto il libro I fasciovegani. Libertà di cibo e di pensiero. Perché è stato così provocatorio?
Nessuna provocazione. La mia è stata una battaglia contro quello che definivo un nuovo totalitarismo, il fatto che ti volessero dire che se tu continui a mangiare carne sei complice di un assassinio, dello sterminio degli animali.
In questi sette anni com’è cambiato l’attivismo vegano?
Dal punto di vista mediatico e opinione pubblica il tema del veganesimo contro i carnivori è un po’ scemato. Il vento del cibo etico si è un po’ spento, la spinta verso il veganesimo (per fortuna) si è un po’ fermata.
Nel frattempo, ha cambiato opinione?
Penso che la sofferenza (animale, ndr) esista, ma fa parte delle cose del mondo, e che tra uomo e animale ci sia una differenza profonda. Tengo a questa differenza perché voglio bene al genere umano. Gli estremisti vegani ti colpevolizzano se continui a mangiare carne, io non colpevolizzo nessuno: se uno vuole rinunciarci perché pensi che gli animali non debbano essere uccisi, va bene, che me ne frega? L’importante è che non rompano i coglioni a me.
C’è un estremismo anche fra gli animalisti?
L’amore per gli animali da noi è arrivato a toccare punte incredibili, ma solo in Occidente, nelle società ricche dove c’è tutto e anche gli animali hanno diritto a essere trattati esattamente come gli uomini. Da noi succede, ci sono leggi più avanzate sul maltrattamento degli animali ed è giusto che sia così, ma poi basta.
Perché basta?
Oggi si assiste a una umanizzazione della società in cui l’animale è trattato come un essere umano. Ognuno fa quello che vuole, dopodiché ci deve essere un limite, non si può pensare che l’animale abbia gli stessi diritti dell’essere umano.
Qual è la sua posizione sulla carne coltivata?
Sono a favore.
Quando lo sapranno i vegani, pensa che cambierebbero opinione su di lei?
No.
Quindi la mangerebbe?
Senza nessun problema. Penso che non sostituirà mai la carne vera e propria, perché i sapori, la preparazione, la filiera che viene da quel tipo di allevamento e servizio siano insostituibili, poi per carità può succedere di tutto.
Ha visto il documentario “Food for profit” di Giulia Innocenzi?
Poco, ma ne conosco a grandi linee l’impostazione.
Cosa ne pensa degli allevamenti intensivi?
Penso che in questo momento siano necessari alla filiera della produzione per far mangiare la gente. Dopodiché quando i gusti cambieranno, se la gente vorrà la carne a 50 euro al chilo, allora elimineremo gli allevamenti intensivi e ne faremo altri di un certo tipo. Se esistono allevamenti che non rispettano la legge, non vedo qual è il problema: andate a punirli, a sanzionarli, a chiuderli. Sono a favore del rispetto delle leggi all’interno degli allevamenti intensivi.
Nella puntata del 15 luglio della Zanzara, Michela Morellato (conduttrice, influencer e scrittrice) parlando dell'attentato a Trump ha detto che le donne non devono ricoprire ruoli alti nei servizi segreti ma che debbano stare in cucina. Che ne pensa?
Penso che sia una stupidaggine.
Si spieghi.
Ribalto la cosa. Mentre Morellato sostiene che le donne non possono avere ruoli di responsabilità se non in cucina, io invece penso che la capacità delle persone non abbia nulla a che fare con il sesso delle persone: il ruolo in cucina, affidato a uomo o donna che sia, è un ruolo di grande responsabilità.
Qual è il piatto italiano più divisivo?
Le varie declinazioni della carne. A me, ad esempio, piace molto la carne di cavallo, alcune persone inorridiscono, invece è una grande tradizione italiana e non vedo perché dobbiamo rinunciare a questa tradizione semplicemente perché nessuno vuole i cavalli allevati e macellati. Senza dubbio, la carne è il piatto più divisivo.
Lei dice carne, noi diciamo pizza. Come quella di Briatore che sta arrivando a Napoli, nella patria della tonda tradizionale.
Briatore fa benissimo a tentare una nuova avventura imprenditoriale a Napoli e sono sicuro che avrà successo. E ha capito benissimo che qualsiasi forma di boicottaggio e di guerra social, serve.
C'è chi dice che 17 euro per una Margherita di Crazy Pizza sono troppi. A Napoli la stessa tonda costa in media 7 euro. Che ne pensa?
Se sarà un prodotto vincente lo decideranno i consumatori. Non capisco l’acredine di un’iniziativa imprenditoriale che può portare lavoro. La pizza non è patrimonio dei napoletani, ma patrimonio universale dell’umanità.
Ci sono ristoranti dove lo scontrino medio è molto alto, ma è una proposta diversa, siamo nella sfera dell'alta cucina.
Negli anni il cibo nei ristoranti è diventato, non un bene di lusso, ma è una cosa che non si affronta più facilmente come un tempo. Questa cosa è positiva, negativa, non lo so, però c’è la possibilità, siccome il mercato è libero, di fare quello che si vuole e decidere di andare in un ristorante dove si spende 25 euro, o in uno in cui si spendono 70,80 euro.
E lei quali ristoranti preferisce?
Privilegio i ristoranti dove non ci sono problemi di porzioni, perché la tendenza, ormai è quella della piccola porzione, cosa insopportabile. Io voglio uscire soddisfatto per il palato, ma anche pieno. Cosa che ormai è molto raro.
Sfatiamo un falso mito. Le piccole porzioni vengono proposte dai ristoranti con menu degustazione, quindi con otto, dieci portate, a volte anche di più. Insomma, a fine pasto esci sazio.
Sul menu degustazione ha ragione. Però la questione delle piccole porzioni non riguarda solo questo. Per la mia esperienza personale nella stragrande maggioranza dei posti in cui vado, le porzioni sono non adeguate, sono porzioni da dieta che ti potrebbero indicare i dietologi. Secondo me un ristoratore dovrebbe mettere il cliente nelle condizioni di avere grandi porzioni, 150, 200 grammi, e poi è il cliente che mangia quello che gli pare.
Quindi non è d'accordo con Michelle Comi che critica la parmigiana in spiaggia?
È stata una provocazione in stile Michelle Comi, molto divisiva. Nel merito della vicenda penso che ognuno possa portare in spiaggia quello che vuole. È una roba un po’ da anni Ottanta, Novanta, in cui le famiglie si portavano i contenitori pasta. Anche mia madre, una volta, faceva i pomodori con il riso, ormai è una cosa residuale.
Perché residuale?
Perché prima lo stabilimento non aveva il ristorante, poi alla gente non va di fare 200 metri per andare a mangiare e vuole rimanere sotto l’ombrellone.
Lei al mare dove e cosa mangia?
Anche se sto pochissimo in spiaggia, mi alzo, vado allo stabilimento: ristorante tutta la vita. La roba da mangiare non me la sono mai portata, ma non per snobismo, perché non mi va. Oggi si può scegliere quello che si vuole, pure il sushi.
A proposito di sushi. Il nyotaimori è una pratica giapponese che consiste nel servire sushi o altri cibi sul corpo di una modella nuda. C’è stata una polemica lo scorso anno su un ristorante di Milano, che ne pensa?
Anche questa è stata una polemica senza senso, se una persona vuole guadagnare dei soldi mettendo del sushi sopra un corpo, qual è il problema.
Quindi per lei è una questione di consenso da parte della donna?
Certo, qual è il problema?