Perché del clima e di Valencia non ce ne importa davvero nulla, neppure a tavola

31 Ott 2024, 09:43 | a cura di
L'Amazzonia muore di sete, a Valencia in otto ore è caduta la pioggia di un anno, siccità e alluvioni provocano morti e danni. Eppure quando scegliamo cosa mangiare ci dimentichiamo del cambiamento climatico

Diciamolo chiaramente: del clima non frega niente a nessuno. Sfogli il giornale, arrivi a pagina 15, e sotto gli effetti della distrazione leggi una notizia che non è più percepita come tale: l’Amazzonia sta morendo di sete, il livello dell’acqua dei suoi fiumi è al minimo storico, le autorità locali hanno deciso che nei prossimi cinque anni il Rio delle Amazzoni verrà dragato ininterrottamente per rendere il suo letto più profondo. In tal modo si spera che anche durante le siccità, che saranno sempre più intense e frequenti, persone e merci possano continuare a circolare in quella che viene considerata l'autostrada d'acqua del Brasile. A Valencia in otto ore è caduta la pioggia di un anno, i morti sono stati un centinaio, i dispersi decine, i fiumi hanno inondato le zone est e sud della città spagnola, le foto ritraggono decine di auto una sopra l'altra travolte dai flussi marroni. Un disastro.

Questo articolo è stato pubblicato sull'ultimo numero del Gambero Rosso, disponibile in edicola

Menefreghismo a tavola

Eppure i nostri titoli online con le parole “crisi climatica” sono tra quelli meno letti, vogliamo sapere dove andare a mangiare, leggere di una storia avvincente e strappalacrime che abbia il cibo come coprotagonista, vogliamo sognare sentendo di professionisti che cambiano vita per fare i pastori, ma non del clima che impazzisce per colpa nostra. Non ce ne frega niente delle colture che negli anni scompariranno o cambieranno a causa del cambiamento climatico. Diventa argomento di dibattito se rende le nostre estati più difficili, gli inverni più piovosi, se Valencia affoga mentre le istituzioni locali annaspano a lanciare l'allarme, ma non c’è niente da fare non clicchiamo sul quel dannato articolo.

I negazionisti della crisi climatica

Ogni mese di questo 2024 è stato l'ottavo, il nono, il decimo più caldo di fila, e così via; abbiamo avuto un anno consecutivo sopra la soglia che non avremmo dovuto superare di +1,5°C rispetto all'era pre-industriale. Anche noi giornalisti ne parliamo troppo poco, salvo qualche eccezione come nel caso della newsletter Areale, firmata da Ferdinando Cotugno, pubblicata dal quotidiano Domani (che consigliamo, è gratuita).

Il nostro stile di vita influisce indubbiamente su quello che potremo mangiare e bere in futuro. Siamo inevitabilmente legati al contesto che ci circonda, parte attiva di questo declino, da una parte alcune colture sono messe a repentaglio dalle ondate di caldo e dalle gelate improvvise, dall’altro alcuni consumi contribuiscono a far sì che il clima impazzisca. Ci voltiamo dall'altra parte, e diventiamo nostro malgrado dei negazionisti climatici. Alzino la mano quanti hanno ridotto il consumo di carne per ragioni climatiche, eppure lo sappiamo che gli allevamenti intensivi contribuiscono al 14,5% delle emissioni globali di gas serra. Il nostro modello alimentare e di sostentamento proteico sta diventando insostenibile a livello ambientale e a farlo presente non è un’associazione ambientalista, ma l'Organizzazione delle Nazioni Unite nel rapporto What's Cooking? presentato a Dubai durante la Cop28. Nel frattempo, la Francia registra un calo del vino imbottigliato di 240 milioni di unità. La causa? Il cambiamento climatico. La viticoltura europea si sposta sempre più a nord, quella del Regno Unito sta crescendo tantissimo perché le zone del sud del paese sono diventate più calde, l’Italia invece combatte contro le dannate malattie fungine della vite, pure il settore dell’olio non se la passa bene. Orbetello si riempie di pesci morti, nei nostri mari proliferano specie aliene come il granchio blu, le preziose api muoiono. In Sicilia si coltivano frutti tropicali lì dove c’era la vite. Ma, diciamolo, del cambiamento climatico non ce ne frega nulla, Valencia domani sarà dimenticata.

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