Cresce ancora il numero dei giovani imprenditori agricoli. Nell’anno del Covid è boom

7 Dic 2020, 10:29 | a cura di
Negli ultimi cinque anni, il numero di imprese agricole gestite da under 35 è sempre cresciuto. Ma è il 2020 a far registrare un vero e proprio balzo in avanti, confermando un interesse sempre più evidente per un settore ora concepito come opportunità professionale ed economica.

Cos’ha portato di buono il 2020 che stiamo per lasciarci alle spalle? Ben poco, a fronte di un bilancio di perdite e calamità difficile da sopportare. Una buona notizia, però, è quella che arriva dalle campagne italiane, avvalorando una tendenza già in atto da qualche tempo: sempre più giovani, in Italia, inseguono il sogno di lavorare la terra (e noi, più di un anno fa, cercavamo anche di tracciarne il profilo, certi che non si trattasse di una moda). Investendo risorse e idee in progetti che, lentamente, stanno rinnovando l’approccio al mestiere, nel segno di un’innovazione che fa il paio con la sostenibilità ambientale ed economica.

Gli under 35 che investono in campagna

Negli ultimi cinque anni, il numero dei giovani imprenditori agricoli è cresciuto del 14%, con un balzo significativo registrato proprio nel corso del 2020. I dati sono quelli forniti da Coldiretti in merito all’investimento nel comparto degli under 35 italiani, sempre più attratti dalla campagna a discapito delle altre attività produttive. Con oltre 55mila under 35 alla guida di imprese agricole e allevamenti, l’Italia –è leader europeo nel numero di progetti agricoli condotti da giovani. E questo lascia pensare che l’agricoltura possa finalmente rivelarsi una grande opportunità per le generazioni future: “È in atto un cambiamento epocale che non accadeva dalla rivoluzione industriale, con il mestiere della terra che non è più considerato l’ultima spiaggia di chi non ha un’istruzione e ha paura di aprirsi al mondo, ma è invece la nuova strada del futuro per le giovani generazioni istruite”, sostiene a questo proposito la Coldiretti. E infatti oggi, in Italia, un’azienda su dieci tra quelle condotte da giovani opera nel settore dell’agricoltura o dell’allevamento.

Chi sono i giovani imprenditori agricoli

Ancor più nello specifico, la maggior parte di queste attività profonde energie in progetti volti a recuperare il rapporto diretto con il consumatore, attraverso spazi di vendita diretta, a valorizzare il territorio con sistemi di rigenerazione del suolo e cura del paesaggio, a sostenere l’integrazione, tramite iniziative di agricoltura sociale, fattorie didattiche, agriasilo. Inoltre, tanti scommettono su un prodotto di filiera chiusa, non concentrandosi esclusivamente sulla produzione, ma approntando anche strutture per la trasformazione della materia prima. Nel contesto nazionale, è la Puglia a detenere il primato per incremento di under 35 che hanno investito sull’attività agricola: oggi, nella regione, sono più di 5300 le imprese agricole guidate da giovani. Il fenomeno è ben inquadrato da Veronica Barbati, leader dei giovani imprenditori di Coldiretti: “L’emergenza Covid, con la crisi economica, ha dato una spinta importante a un impegno dei giovani che non riguarda più una nicchia di appassionati. Si tratta di un vero e proprio investimento imprenditoriale, espressione di una passione concreta per l’agricoltura, il cibo e la qualità della vita in campagna che va aldilà della semplice curiosità o della moda. Una dinamica che si riflette nella convinzione che l’agricoltura sia capace di offrire opportunità di futuro e di crescita professionale (la capacità di innovazione e di crescita multifunzionale porta le aziende agricole dei giovani ad avere un fatturato più elevato del 75% della media, spiega il rapporto Coldiretti a riguardo)”. In questo contesto sono più chiari anche il valore e la funzione sociale che l’agricoltura può rivestire nella società contemporanea. Prossimo obiettivo? snellire le pratiche burocratiche per l’accesso al credito: “Un problema è la burocrazia che frena sia l’assegnazione delle risorse pubbliche sia il lavoro quotidiano, facendo perdere in media oltre tre mesi di lavoro all’anno”, per dirla con le parole di Veronica Barbati.

 

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