Appuntamento alle 18:30. Il luogo di ritrovo è nella fiabesca frazione di Capodacqua, 200 abitanti e una manciata di case tra i boschi a pochi chilometri da Foligno. Uno di quei luoghi dove anche il navigatore si confonde e si perde. La cena è organizzata da Giulio Gigli e la compagna Lucille Kopcynski, che qui hanno ripreso un vecchio mulino seicentesco trasformandolo in uno dei ristoranti più stimolanti in regione: Une (due forchette Gambero Rosso, una stella Michelin).
Il menu non è quello classico del locale, non potrebbe essere altrimenti, così le cotture. «Aspettatevi una cucina wild, protagonista sarà la selvaggina, sempre cacciata nel bosco circostante, e i sapori della terra: funghi, tartufi, erbe, conserve o essenze. Valorizziamo cotture ancestrali: due griglie, fiamma alta, salse e fondi sempre preparati sulla brace e un buco sottoterra, con carbone, per una lenta cottura della carne nell'argilla», ci racconta Giulio. Aperitivo con un calice di Franciacorta e si parte.
Il punto di arrivo si raggiunge in 10 minuti a piedi, la porzione di bosco è quella storicamente associata alla proprietà della casa, in Umbria è ancora così. Un solo tavolo sociale da 12 posti, tutto è lasciato al naturale. La luce che filtra tra i boschi cambia scenario nel giro di pochi minuti, il silenzio è spezzato solo dai rumori del bosco. Il riferimento è il castello, ovvero la Rocca dei Trinci, recentemente comprata da un milionario brasiliano. Nella sua sommità ci raccontano di roseti e piscine da mille e una notte, completamente circondati da boschi a perder occchio. Iniziamo con un giro di conserve fatte in casa e poi grigliate, a partire da carciofini con olio di aglio orsino da dipendenza, agretti in salsa di baccalà e finferli con lumache. Quindi è la volta del pâtè en croût, a base capriolo, porcini, e kimchi di verdure. Lunga cottura e marinatura: sapore medievale, ricco, deciso, prima dolce e poi salato. Complesso e tecnicamente perfetto.
Tutt’intorno querce secolari e la classica macchia umbra. L'interpretazione, che guarda all'Asia, i pici all'aglione sulla prace sono il piatto della serata. L'aglione è esaltato in tutta la sua pianta: aglio, stelo con cui è stato preparato una mollica croccante, fiori di aglione in conserva. Il sapore è agrodolce, sfaccetatto nell'impronta appena amara, per un piatto servito appena tiepido di straordinaria equilibrio, con la nota fumé appena accennata. Il clima in tavola si scalda, c'è chi inizia a progettare di getto tutte le trasferte gastronomiche fino al 2032 e chi si chiude nel silenzio alla ricerca del profumo del bosco. Che non è solo nei piatti. Il piatto dopo è la bavetta di manzo alla brace, con un'essenza di quercia, cornioli, finferli e tartufo. Il taglio è piuttosto spesso, la masticazione decisa, ma la cottura è puntuale e succosa. La seconda portata di richiamo è golosissima: tigella grigliata, guancia di vitello cotta per quasi 12 ore nell'argilla sottoterra, salsa hollandaise di midollo grigliato e tartufo estivo. Cala il silenzio per tutti. In chiusura arriva la baumkuchen, letteralmente torta albero, anch’essa cotta lungamente sulla brace, la stratificazione ricorda i cerchi concentrici di un albero. È servita con un profumato gelato ai fiori d’acacia.
La sensazione di smarrimento inziale è diventata gioia. Alle 21.30 cala completamente la notte e si torna in fila indiana al ristorante con le torce. Il gruppo si ritrova intorno a un nuovo tavolone sociale: piccola pasticceria, caffè, qualcuno conclude con un amaro fatto in casa. Un’esperienza così non te la metti via presto. Prezzo della serata? 165 euro, vini inclusi (4 vini più un cocktail homemade). Ecco, su quest'ultimi si potrebbe sognare un pochino di più, con abbinamenti ancor più audaci. La prossima cena? Potrebbe essere ospitata proprio in quel castello che abbiamo fissato per tutta le sera. Con le sue 5 stanze all'interno della torre e quell'alone di mistero tutt'intorno.