Più di 3200 aziende, 900 in arrivo da 68 paesi, Alimentaria & Hostel è una delle più grandi fiere di settore per quel che riguarda i prodotti alimentari. Una appuntamento horeca oriented in cui sono transitati quasi 110mila visitatori in 4 giorni, un quarto gli stranieri provenienti da 120 paesi, con un impatto economico stimato tra i 180 e i 200 milioni di euro. E se questi dati non bastassero per far capire la rilevanza della fiera, basti pensare alle dimensioni: oltre 100mila metri quadrati, in 7 padiglioni e 13 settori.
Un colosso tra le fiere prodotto in cui è difficilissimo orientarsi, nonostante una app ben congegnata, mappe e pannelli informativi sparsi un po' ovunque, ci si perde tra infiniti saloni di jamon iberico, distese di olive e le famose anchiovies dai packaging incredibili (basta vedere quelli firmati da Fernando Rei per Art de Arte per convincersene: bellissimi fuori e dentro), passando poi al settore degli strumentazioni per la cucina con forni intelligentissimi con cicli di cottura automatici e la capacità di imparare nel tempo, frigoriferi che raffreddano fino a 10 gradi sottozero senza congelare, meccanismi che muovono automaticamente il tegame del pil pil, paelle di tutte le dimensioni. Quando partono le dimostrazioni tutto d'un tratto gli odori si moltiplicano: baccalà, formaggio, carni alla brace, pizza, caffè, dolci. È un intreccio di stimoli olfattivi in cui a volte è impossibile definire i singoli elementi. La zona internazionale mette in successione Italia, con il grande stand che vorrebbe sostenere la candidatura Unesco, Corea, Marocco, Cina, Portogallo e Argentina: uno psicadelico giro del mondo tra i sapori per cui quattro giorni solo non bastano. Come non bastano per scoprire tutte i visionari esperimenti ad alto tasso di tecnologia, tra AI, robot collaborativi studiati per gestire i ristoranti e servire i clienti in modo personalizzato, prototipi che però non hanno fatto un esordio dei migliori: il robot, teoricamente in grado di prenotare e assegnare i tavoli ai clienti, è caduto mentre svolgeva il suo compito.
Nei lunghi percorsi per attraversare la fiera da un capo all'altro ci si imbatte in mercanzia di ogni stile, genere, livello. Alimenti ultraprocessati, confezioni di salse grandi come bidoni, snack e bibite colorate, healty food per tutti i gusti, alghe e altri superfood, cibi pensati per chi non ha tempo o spazio come il kebab pronto in cinque minuti (di Ozturk) o la carne già cotta sulla brace da passare moto velocemente in forno o nel microonde (di Emcesa). C'è di che perdere la testa, ma dopo un primo disorientamento si vedono dei percorsi che, sottotraccia, raccontano il cibo che verrà. Non quello servito nei ristoranti più importanti del mondo, ma quello venduto nei negozi e nei supermercati. Perché – facciamocene una ragione – nella vita reale le persone fanno la spesa nella grande distribuzione e nei negozi di prossimità, molto più di quanto facciano dai piccoli produttori e dalle botteghe di eccellenza, spesso tra dubbie incertezze (come ha ironicamente sottolineato Fabio Volo recentemente). La gdo è il grande fratello che ci osserva e guida i nostri acquisti, intercettando e a volte orientando il cibo che entra nelle nostre dispense, se non oggi, domani. E Alimentaria ne è una vetrina di cui occorre tener conto se vogliamo capire quale strada stiamo percorrendo, con le centinaia di prodotti innovativi creati in risposta alle preoccupazioni dei consumatori per la loro salute o solo alle loro manie.
La mania dei cibi proteici e delle alternative veg
Uno dei tormentoni di questa fiera è quello dei cibi proteici, come se ne vedono anche in Italia: yogurt, snack, condimenti, pani, bibite, persino acqua. Ne abbiamo già parlato, riportando le perplessità dei nutrizionisti (oltre che nostre) sull'efficacia e la salubrità dei regimi alimentari no carb e super proteici. Da Alimentaria sono più realisti del re e non si pongono la questione ma ospitano una varietà stupefacente di prodotti ultra proteici. Grande protagonista, l'uovo: evidentemente il colesterolo non è un problema in Spagna, sarà merito dell'iberico di Bellota. Prepariamoci al loro arrivo e impariamo a leggere le etichette, perché non di rado i cibi venduti come superproteici non si differenziano poi molto da quelli normali (se non per il prezzo). Accanto a questi prendono piede i cibi funzionali. A rispondere alle richieste del mercato anche le alternative veg ai cibi a base animale, e anche qui c'era di tutto: hamburgher, carne, foie gras, bibite, uova. Si va verso un futuro dove la carne sara sempre meno presente sulle nostre tavole, anche in questo caso vale l'invito a leggere le etichette, per non incappare in cibi ultraprocessati e con etichette poco pulite per sostituire gli alimenti di origine animale.
9 cose che abbiamo visto ad Alimentaria
1 - Carne funzionale realizzata con la stampante 3d
All'apparenza sembrano comuni fettone di manzo o di maiale, con una marezzatura molto regolare, forse troppo. Infatti sono tagli di carne ricreati con la stampante 3d a partire da parti magre (per esempio ritagli con cui si preparano salsicce e altri sotto-prodotti) e grasso vegetale, quindi riducendo l'allerta colesterolo. Si imposta la stampante con la quantità di grasso desiderata, interno ed esterno, si decidono le caratteristiche nutrizionali – per esempio la presenza di Omega 3, vitamina D e altri micronutrienti – e si comincia la stampa. La produce l'azienda Cocuus che chiama questo prodotto Upgraded Meat, ovvero carne migliorata. Presentato cotto, restituisce un sapore e un effetto al morso molto simile alla carne tradizionale.
2 - Torrone d'autore: Torrons Vicens
In Spagna i grandi cuochi non hanno timore a intrecciare progetti e affari con l'industria alimentare. L'azienda familiare di Torrons Vicens, per esempio, un marchio storico attivo dal 1775 che segue gli stessi metodi produttivi di un tempo, ha presentato nuove varietà, firmate da grandi chef: Albert Adrià e José Andrés lo propongono uno alle ciliegie e uno morbido al pistacchio, Angél Leon uno con plancton e uno al limone, Quique Dacosta uno con riso e zafferano e uno con aghi di pino. Non ci stupisca, poco più in là, allo stand di Delicat, la gigantografia degli hermaos Torres promuove salse, brodi e creme firmate dai due gemelli, mentre Albert Adrià una serie di conserve pensate per l'aperitivo.
3 – Yogurt a base d'uovo
Con un alto valore proteico, senza grassi, carboidrati, glutine, colesterolo né zuccheri. Ma soprattutto senza lattosio. Sono alternative allo yogurt a base di albume d'uovo, si chiamano Wovo e hanno un marchio che ricorda quello dello Yomo. Proposte per ora in due versioni: una cremosa, al naturale, al passion fruit e alla fragola, in vasetto, una liquida cartoni da latte, al naturale, funzionale o con cacao, sono credibili nel sapore e nella consistenza. Acidini il giusto, sono molto simili a uno yogurt tradizionale molto fluido, la consistenza, infatti, risulta vagamente diluita. L'origine del prodotto è da certare in seno a uno storico allevamento di polli, in cui è nato il progetto, sviluppato in sinergia con un centro ricerche e Mario Sandoval (di nuovo una collab d'autore).
4 - Ouegg, le chips d'uovo
Ancora uovo, stavolta come snack al posto delle patatine fritte. In diverse varianti di sapore - al prosciutto, al tartufo, all'aceto oppure al naturale - si chiama Ouegg ed è una chips a base di uovo, pertanto povero di carboidrati e ricco di proteine (48%). A vederla ricorda i Cipster, per dimensioni e spessore, ma con una struttura più compatta, piuttosto dura e poco fragrante, nella versione nature ha con un sapore piuttosto neutro, meglio quelle aromatizzate. Ne sentivamo il bisogno?
5 - Gin di olive
Gaudea produce olive e olio di olive, ma nell'ottica di differenziare i prodotti e di sperimentare le potenzialità della loro materia prima, ha lanciato un gin artigianale a base di olive Arbequina, combinate con altri aromi come mirto limonato, menta selvatica, semi di coriandolo e noce moscata.
6 - Birra funzionale
Si chiama Thrive la birra no alcol pensata per gli sportivi. Stessi ingredienti di base - acqua, luppolo, malto, lievito - stesso processo di produzione, o quasi: non una birra è dealcolizzata ma una in cui l'alcol non si sviluppa per l'uso di lievito brevettato che non converte gli zuccheri rilasciati dall'orzo in alcol durante la fermentazione. Non si tratta però solo di birre senza alcol, ma di birre funzionali, create da triatleti belgi che sentivano il bisogno di una buona birra dopo l'allenamento, ma anche di recuperare. Corpo e sapore sono paragonabili a quelli delle tradizionali birre bionde, facili da bere, la Thrive Peak ha un aroma di luppolo non eccessivo e aggiunta di proteine, la Thrive Play ha un gusto floreale, rinfrescante e assicura una dose extra di vitamine B e D per favorire il recupero muscolare. Insomma: il terzo tempo potrebbe non essere più lo stesso.
7 - Hamburger di carciofi
L'hamburger potrebbe essere la nuova frontiera delle conserve. Ci sta provando Caprichos del Paladar, azienda famosa in Spagna per la produzione di verdure in barattolo, sottolio, escabece, o altro, tutte selezionate e lavorate a mano. La sua specialità sono i carciofi, proposti in diversi modi. Con questi si inseriscono nel mondo dei burgher vegetali, segmento sempre più in crescita che risponde alle esigenze di cibi più sani e di cibi gustosi. Si chiama Burgood – nome nato dall'unione di Burger e Fast Good – è composto di soli carciofi. Non si tratta di un classico hamburger vegano o di uno al sapore di carne, ma uno realizzato solo con carciofi, che – dicono - ha il sapore di ciò che dovrebbe avere.
8 - Uovo senza uovo
A vederlo sembra un bottiglione di albumi pastorizzati, uno di quelli resi popolari dalle diete iperproteiche invece è un suo equivalente veggie a base di acqua, amido e proteine vegetali. Si chiama Uobo e l'hanno creato due giovani di 26 anni insoddisfatti dalle alternative vegetali in commercio. Così hanno messo insieme energie e risparmi e hanno elaborato questo prodotto che – dicono – è più sano, più equo e più sostenibile delle normali uova, che pesano molto sull'ambiente. Etichetta non cortissima, provato nella tortilla di patate, quella frittata cicciotta e succulenta che secondo Albert Adrià è il primo piatto da assaggiare per chi volesse conoscere la gastronomia spagnola, è molto soddisfacente. Un po' scarico di sapore, divetto ma che si può facilmente bilanciare rimodulando la ricetta.
9 – L'etichetta intelligente che avvisa se il prodotto si rovina
Colorsensing è la tecnologia che consente l'evoluzione del normale QR Code grazie a dettagli che cambiano colore quando varia qualcosa all'interno della confezione a cui è applicato, come avviene quando gli alimenti cominciano a deperire. Così, quando si inquadra il codice, si hanno informazioni aggiornate sulla qualità del prodotto. Aumenta la sicurezza alimentare, diminuiscono gli sprechi.