Il Concours Mondial de Bruxelles spiegato dall'interno tra noia e sorprese

11 Lug 2024, 09:26 | a cura di
Un giurato della sessione dei vini effervescenti svoltasi ad Alghero racconta come funziona il più importante premio enologico mondiale

Sono in una stanza di un grande albergo di Alghero, seduto a un tavolo con tre bicchieri davanti. Vuoto, pieno, poi di nuovo vuoto. Fuori c’è vento, forte, il che diminuisce il rimpianto per non poter essere nella vicinissima spiaggia. Invece sono qui, giurato del Concours Mondial de Bruxelles, sessione vini effervescenti. Commissione numero 7, degustatore numero 112. E ora vi spiego come funziona il più importante concorso enologico mondiale.

La storia

Il Concours Mondial de Bruxelles è nato nel 1994, quando si svolse per la prima volta a Bruges. Inizialmente si è tenuto sempre in Belgio, poi a partire dal 2006 ha iniziato a migrare, svolgendo le sue sessioni, che nel frattempo sono diventate quattro (vini rossi e bianchi, vini rosati, vini frizzanti e vini dolci e fortificati) ogni anno in posti differenti del mondo. Per dire: quest’anno le quattro sessioni sono state ospitate rispettivamente da Guanajuato in Messico, in Damlazia, ad Alghero e a Bruxelles (toh). Naturalmente come sempre in questi casi il territorio con i suoi attori istituzionali e privati sborsa molti soldi per la visibilità che il concorso garantisce e per il privilegio di avere per alcuni giorni qualche decina dei più importanti critici e wine writers in giro per il proprio territorio. Ed è per questo che i giurati, dopo le sessioni mattutine di degustazione, vengono “costretti” a partecipare nel pomeriggio a visite nel territorio, spesso comprendenti cantine e consorzi. Un modo per mettere una regione enologica sotto i riflettori mondiali.

Il metodo

Al CMB ogni produttore può mandare i propri vini, indipendentemente dalle fasce di prezzo, sapendo che – qualora vengano accettati, rispondendo ai requisiti richiesti – verranno valutati alla cieca da una giuria di professionisti esperti provenienti da cinquanta Paesi diversi: giornalisti, scrittori, buyer, distributori, critici, enologi, rappresentati di istituzioni professionali. Se prenderanno da 85 a 86,9 saranno insigniti della Médaille d’Argent, da 87 a 89,9 della Médaille d’Or e sopra il 90 della Grande Médaille d’Or. Ricevere un riconoscimento del genere significa poter pavesare la bottiglia con una medaglia sull’etichetta e soprattutto garantirsi l’ingresso in un sistema di promozione internazionale che l’organizzazione del CMB assicura ai premiati grazie a comunicazioni mirate, partecipazioni a fiere e rassegne internazionale e l’accesso a nuovi mercati.

Gli organizzatori del CMB assicurano che un vino medagliato venderà dal 20 al 30 per cento in più. Naturalmente lo dicono loro, E naturalmente non mancano le perplessità e le discussioni circa l’efficacia e la credibilità di questo come di tutti gli altri concorsi, malgrado il CMB sia considerato tra i più affidabili grazie alla selezione rigida dei giurati e a un sistema che alla fine porta a premiare non più del 30 per cento dei vini complessivi, pochi rispetto a certi concorsi “todos caballeros”. Da giurato posso dire che il giudizio finale certamente non è vangelo, ma che le procedure seguite per arrivarci sono trasparenti, oneste e rigorose. Insomma, se si sbaglia, si sbaglia in buona fede.

Il tavolo numero 7

Trentacinque vini al giorno

In ogni caso mi trovo in questa sala, al tavolo 7. Con me ci sono il presidente di tavolo, Per Karlsson, svedese, e tre compagni di avventura: una spagnola, una francese e un australiano. Degustiamo un totale di 105 vini in tre giorni secondo una procedura estremamente rigida. Ogni giorno il primo vino è fuori concorso e serve solo a tarare i punteggi dei giurati evitando differenze eclatanti, poi si va avanti a ritmi serrati: ci sono circa 35 vini al giorno per quattro ore (240 minuti), che diventano meno considerando che non si inizia mai puntualissimi, che c’è sempre qualche perdita di tempo (un vino difettoso da far ritornare, una pausa pipì o un caffè): questo significa 5 minuti a etichetta. Pochino per decidere il destino di un vino. Anche perché ogni tavolo degusta i suoi vini in esclusiva e quindi ogni giurato decide il 20 per cento del punteggio finale. Ciò che crea situazioni piuttosto onerose da un punto di vista della coscienza. A me, per dire, capiterà un paio di volte nel corso della tre giorni di dare 83 a un vino che prende dagli altri quattro giurati 86, 85, 85 e 85. Per colpa mia la media sarà di 84,8, appena sotto al livello che dà diritto a una medaglia. Non dico che ci perderò il sonno (di notte dormo come un bambino) ma certo qualche domanda me la farò. Sarei potuto essere più clemente? Noi italiani siamo sempre i soliti str…? Boh. E’ la dura legge dei concorsi.

Un voto da costruire

Il presidente del tavolo dà i tempi, assaggia il vino per primo per dare il via libera al sommelier per il servizio, fornisce le informazioni necessari ripetendo per i distratti il numero della serie e del campione e quale bicchiere dobbiamo liberare. Per il resto nessuno dice nulla prima dello scrutinio, per non influenzare il voto degli altri. Ciascuno si immerge nella sua degustazione, compila la scheda su un piccolo tablet dando i voti per le singole sezioni (vista, olfatto, gusto, giudizio complessivo) e fornendo anche una piccola descrizione del campione, che – ci dicono – sarà a uso dell’azienda produttrice. Prima di iniziate il presidente di tavolo, sant’uomo, ci consiglia di non dare un singolo voto alle voci e poi fare la somma ma piuttosto di fare il contrario: farsi subito un’idea del punteggio meritato e poi “costruire” i singoli voti per arrivare al totale desiderato. Sembra poco trasparente ma alla fine è il metodo giusto. Io, alla fine, farò così. Comunque alla fine ci si muove tra gli 80 e i 90. Di meno si offende il lavoro di chi il vino lo ha prodotto, di più deve essere davvero un capolavoro. Quando tutti e cinque i giurati della commissione hanno dato il proprio voto, il signor Karlsson da Stoccolma ci riferisce la media finale, evidenza il punteggio minimo e massimo e all’occorrenza invita colui che si è distaccato molto dalla media a motivare il perché. Una situazione piuttosto imbarazzante, anche se lo scopo non è mettere in dubbio le nostre capacità ma parametrare ulteriormente i nostri giudizi. I voti troppo alti e troppo bassi saranno sempre un po’ disapprovati ma sempre e comunque accettati. Ah, a proposito, tutto si svolgerà sempre in francese, lingua ufficiale del CMB. Ciò che frenerà un po’ la chiacchiera mia e soprattutto dell’amico australiano.

Differenze tra degustatori italiani e del resto del mondo

Confrontarsi con degustatori di altri Paesi è un’esperienza istruttiva. Capisco che all’estero, rispetto al mondo dei degustatori professionali che mi capita di frequentare, i critici sono mediamente molto meno dogmatici e (posso dirlo?) arroganti. Nessuno qui prova a imporre il proprio punto di vista, nessuno gioca a far sentire gli altri dei cretini e degli incompetenti come a volte mi è capitato, nessuno sembra preda dell’ansia di dimostrare di avercelo più lungo. Scopro che buyer e importatori sono molto più pratici, loro hanno il mercato come orizzonte e non le digressioni onanistiche di certi critici che del vino vedono solo quanto può pettinare il proprio ego e non un bene da vendere e far piacere. Inoltre, i degustatori del resto del mondo sembrano attenti a caratteristiche differenti da quelle a cui noi critici italiani diamo peso: ed esempio per tutta la tre giorni io penalizzerò vini corretti, eleganti e delicati ma senza troppa struttura e personalità mentre molti miei colleghi (in particolare la spagnola e la francese) li premieranno sovente. Forse hanno ragione loro, alla fine.

Le vigne delle Tenute Sella e Mosca ad Alghero

Dal Messico all'India

I vini, come detto, ci vengono presentati in forma totalmente anonima, con la bottiglia mascherata da un “vestitino” per niente attillato che non ne fa intuire le forme. Scopriremo quello che abbiamo degustato solo alla fine di ogni giornata, quando ci viene consegnato un foglio con l’elenco di vini ed etichette e il punteggio e il giudizio dato da ciascuno di noi. Scoprirò così di aver provato due serie di Champagne, una di bianchi (di livello medio alto) e una di rosé (molto peggio), e poi Cava spagnoli, spumanti portoghesi, messicani, tedeschi, moldavi, croati, perfino un indiano. Almeno un paio di serie sono di vini italiani, una di Prosecco piuttosto deludenti e una di spumanti provenienti da regioni varie (Sardegna compresa). Avrò anche qualche sorpresa: quel vino lo avevo amato tanto quando lo avevo bevuto un paio di anni fa, possibile che gli ho dato appena 82?

La tre giorni è finita. Ognuno torna a casa chi come me con un volo di un’ora e chi con uno di ventidue ore scali inclusi. Molte aziende di tutto il mondo riceveranno la buona novella di una medaglia anche grazie al mio giudizio. Arrivederci all’anno prossimo, quando magari quell’83 diventerà un 84 salvamedaglia.

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