«Ho un problema: a 52 anni mi sono accorto che non so più fare la spesa». E non è problema da poco quello di Fabio Volo, illustrato nel monologo durante la puntata delle Iene. Perché dietro un gesto quotidiano, fatto con la lista della spesa in una mano il carrello nell’altra, c’è una scelta che ha risvolti sulla salute, l’etica e l’ambiente. Da dove iniziare? Basta leggere le etichette? La questione è un po’ più complessa.
Allevamenti intensivi e come evitarli
Tra le informazioni che possiamo trovare sulle etichette ci sono quelle che consentono ai consumatori di poter conoscere dove l’animale è nato, cresciuto e macellato, la temperatura consigliata per una conservazione ottimale e la data di scadenza. Eppure, nessuno rispetto alle condizioni di vita con cui l’animale è cresciuto.
«Ci sono delle indicazioni più valide per poter scegliere alcune carni» ci racconta Roberto Liberati, proprietario dell'omonima Bottega. «Ad esempio un’azienda agricola certificata Bio dà un minimo di certezza rispetto a come vengnono trattati gli animali, se è Biodinamica ancora meglio. Esiste poi un codice identificativo che si può trovare in etichetta composto da IT più una serie di numeri che si può inserire all’interno del sito Vetinfo ti che ti dà vita e morte animale, ma anche l’azienda da dove viene. E puoi risalire se è Bio o no, o avere più informazioni rispetto a come lavora».
Purtroppo, non si può fare lo stesso discorso per i polli, ma esistono poi botteghe, banchi nei mercati rionali, ma anche negozi che selezionano i tagli di carne in base ad elementi etiche e salutari. Qui internet aiuta, ma serve anche uno sforzo da parte nostra per compiere una piccola ricerca su quali sono queste aziende e dove trovarle. Altro indicatore importante da tenere d’occhio è il costo «il prezzo è un parametro fondamentale. Se costa troppo poco ti fa capire da dove arrivano» dice Liberati.
Pesca intensiva e pesci nocivi
Un discorso analogo andrebbe fatto sul pesce. Da prendere in considerazione le specie locali, prediligendo quello pescato, piuttosto che quello da allevamento. In scatola? Può aiutare nella scelta il logo della MSC (Marine Stewardship Council), ASC (Aquaculture Stewardship Council) o biologico che viene concessa ai prodotti e alle aziende che agiscono rispettando criteri che riguardano un basso impatto ambientale. O ancora, cercare la zona di pesca all’interno dell’etichetta che per il mar Mediterraneo corrisponde alla zona FAO 37.
Bio, Quinoa e Avocado
Se un’azienda segue una coltivazione biologica in piena regola, la quantità di pesticidi saranno irrisori, quale sia la folata di vento. Sempre meglio seguire la stagionalità, evitando insalate in busta. Anche qui l’etichetta è un indicatore che siamo tenuti a leggere, come a informarci sulla loro provenienza, azienda agricola o paese che sia.
La quinoa è un alimento antico nato nei territori delle Ande circa seimila anni fa e ancora oggi coltivata principalmente nell’America del Sud a oltre tremila metri di altitudine. “Ma che se oggi costa troppo è anche colpa mia” dice Fabio Volo “e i boliviani sono costretti a sostiuirla con cibi meno sani”. La quinoa appartiene alla famiglia delle Chenopodiaceae, la stessa degli spinaci e le barbabietole, anche se da molti viene considerata erroneamente come un cereale.
Perché quindi non sostiuirla con riso integrale, l’avena, il miglio e il grano saraceno? Magari coltivati localmente e con un minor impatto ambientale? E per chi cerca l’esoticità dell’avocado, ci sono soluzioni italiane, meno impattanti da un punto di vista ambientale.
«Qualcuno sa dirmi che cosa devo mangiare?»
Le etichette sono un indicatore, legislativamente ancora da migliorare, la stagionalità è un concetto imprescindibile e le certificazioni, come quella biologica, possono aiutare. A tutto questo si aggiunge anche l’idea di un prezzo giusto, consono a quello che stiamo per comprare. Sono elementi da tenere a mente, ma anche da approfondire e capire bene, perché sono le nostre scelte a rispondere indirettamente all’ultima domanda del monologo.