C'è un solo unico buon motivo per vedere la serie del Gattopardo. E riguarda il cibo

21 Mar 2025, 18:47 | a cura di
Dalla granita ai cannoli fino alla gelatina al rum, la tavola del Principe di Salina rappresenta l'unico momento riuscito della serie Netflix

Se state cercando un motivo per vedere la serie Il Gattopardo, ve la serviamo subito: la colazione. E, più in generale, la tavola imbandita. Ma qua ci fermiamo. La versione 4.0 del capolavoro di Luchino Visconti, ripulito e lucidato per il pubblico di Netflix, non ci ha convinto. Anzi di più: ci ha annoiato. A tratti irritato. Non solo perché manca di carisma (a partire, ahimè, dal protagonista Kim Rossi Stuart che tiene tutto sottotono, registro vocale compreso) ma perché è totalmente priva di quella atmosfera isolana o, meglio, gattopardesca, che il libro di Tomasi di Lampedusa, così come il film, era riuscito a trasmettere a generazioni e generazioni. Forse la celebre frase «I siciliani non vorranno mai migliorare perché già si considerano perfetti» più che una  constatazione di Don Fabrizio era un monito a non toccare quel che ha già fatto la storia. Ma tant'è.

Trionfo e riscoperta della colazione

Se la lingua parlata non è decisamente quella sicula (tantomeno quella di fine '800), a far masticare un po’ di sicilianità ci pensa la cucina. D’altronde già il libro è ricco di citazioni culinarie a sottolineare che i principali momenti di svolta della storia – che si tratti di un accordo matrimoniale o della nascita del nuovo Regno d’Italia – si fanno a tavola. La serie diretta da Tom Shankland ci mette qualche tocco di contemporaneità, sottolineata dalla figlia più gourmet del Principe di Salina, Chiara, sempre pronta a offrire agli ospiti le prelibatezze della tavola: «La granita è buonissima», esclama a un certo punto. E di fatto, la regina delle colazioni siciliane fa più volte la sua comparsa servita con la panna in coppe di cristallo e accompagnata dalla immancabile brioche col tuppo (anche se il Palermitano non è di certo la “casa madre” della granita).

Ad arricchire le colazioni gattopardesche ci sono anche frutta martorana e frutta di stagione, paste di mandorla, panini con il sesamo, cannoli, cassate e compagnia mangiante. E per un attimo, nei colori della tavola imbandita, ci sembra di ritrovare quella sensazione di otium tipica delle villeggiature siciliane in campagna.

01 cannoli_siciliani

Il dolce preferito dal Gattopardo: la gelatina al rum

Ma c’è un’altra pietanza che non dimenticheremo: la gelatina al rum. Una fugace apparizione sul piccolo schermo che, nelle pagine del libro, trova un’ampia descrizione: «Questo era il dolce preferito di don Fabrizio e la Principessa, riconoscente delle consolazioni ricevute, aveva avuto cura di ordinarlo la mattina di buon’ora. Si presentava minacciosa, con quella sua forma di torrione appoggiato su bastioni e scarpate, dalle pareti lisce e scivolose impossibili da scalare, presidiata da una guarnigione rossa e verde di ciliegie e di pistacchi; era però trasparente e tremolante ed il cucchiaio vi si affondava con stupefacente agio».

Una testimonianza, tra le altre cose, dell’importanza del rum nella pasticceria borbonica delle Due Sicilie e della coltivazione della canna da zucchero sull’isola (una tradizione abbandonata nel ‘600, ma oggi ripresa da qualche coraggioso).

timballo di maccheroni

Il sexy timballo di maccheroni

E se nella serie Netflix la figlia del Principe, Concetta (Benedetta Porcaroli), ha perso l’aspetto dimesso del film di Visconti, a rimanere fedele all’originale è il timballo di maccheroni, che dimesso non è mai stato.

L’originale ricetta borbonica la si trova nelle pagine del libro, minuziosamente descritta da Tomasi di Lampedusa quasi a voler far venire l’acquolina in bocca: «L’oro brunito dell’involucro, la fragranza di zucchero e di cannella che ne emanava, non era che il preludio della sensazione di delizia che si sprigionava dall’interno quando il coltello squarciava la crosta: ne erompeva dapprima un fumo carico di aromi e si scorgevano poi i fegatini di pollo, le ovette dure, le sfilettature di prosciutto, di pollo e di tartufi nella massa untuosa, caldissima dei maccheroni corti, cui l’estratto di carne conferiva un prezioso color camoscio».

Calzante il commento del Telegraph che lo ha descritto come «il piatto più sexy della letteratura». D’altronde la sua entrata in scena corrisponde all’arrivo in casa Salina di Angelica (nella serie interpretata da Deva Cassel) che rappresenta la parte più voluttuosa della narrazione con tutti gli astanti pronti a mangiarsela con gli occhi.

Dal Gattopardo all’Arte della Gioia

Non ci soffermeremo sui vini serviti, Marsala su tutti, e sulle le altre prelibatezze che risvegliano dal torpore di una narrazione che, purtroppo, non decolla. Ma c’è un’ultima cosa che vale il “viaggio”: Villa Valguarnera, residenza dei Principi di Salina che nella realtà si trova a Bagheria. Con il suo monumentale cancello e l'imponente facciata settecentesca, è stata di recente set di un’altra serie tv (che coincidenza, è su Sky e Now proprio in queste settimane) che parla di Sicilia, in siciliano (!), e con altrettante sontuose ma solitarie colazioni (sembra che il momento sia propizio per il primo pasto della giornata).

Si chiama L’arte della gioia, dall’omonimo libro di Goliarda Sapienza. Diretto da Valeria Golino e interpretato da una talentuosa Tecla Insolia (segnatevi questo nome!), ci insegna che ritmo e sensualità sono ben altra cosa.

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