Non si sono fatte attendere le reazioni del comparto lattiero-caseario italiano alla decisione cinese di avviare un'indagine antisovvenzioni su formaggi e latticini importati dall'Unione europea. Ne abbiamo parlato con il presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano Nicola Bertinelli per capire quali sono problematiche ed eventuali strategie da applicare in questo particolare contesto economico e geopolitico.
La nuova guerra commerciale tra Ue e Cina ora coinvolge la filiera lattiero casearia. Come impatterà questo sull'export dei formaggi e in particolare sul Parmigiano Reggiano?
Siamo in una fase di disordine mondiale, si sta cercando di trovare uno nuovo ordine e i protagonisti in campo sono fondamentalmente quattro: Stati Uniti, Unione europea, Russia e Cina. Il tema commerciale fa parte di questo conflitto. Gli Stati Uniti hanno chiesto all'Europa di essere alleati per salvaguardare la produzione di auto elettriche imponendo dei dazi alla Cina. Questo dal punto di vista strategico serve per evitare che ci sia un solo produttore al mondo. Ovviamente la Cina ha reagito sui prodotti che vengono importati. I cinesi stanno valutando quanti sono gli incentivi che l'Europa da ai prodotti lattiero caseari che vengono esportati nel loro paese. Bisogna però tener presente che si tratta di prodotti commodity come latte in polvere e crema di latte e in questo ragionamento sono fuori i prodotti a denominazione.
L'indagine cinese però può colpire i prodotti Dop.
In realtà sono produzioni che incidono poco su l'import del paese in questione, come nel nostro caso.
L'export di Parmigiano Reggiano in Cina non ha numeri così rilevanti?
Nel 2023 abbiamo esportato oltre 28mila tonnellate di cui solo 35 tonnellate vanno in Cina. Per quanto riguarda il 2024 la stima è di 45 tonnellate a fronte di un export globale che dovrebbe raggiungere le 30mila tonnellate. Da un punto di vista quantitativo non preoccupa. A preoccuparci in realtà è molto di più il clima e il contesto in cui ci si sta muovendo perché questa è una vicenda che non riguarda solo la Cina, ma c'è anche il grande tema degli Stati Uniti nostro principale importatore.
C'è timore che con un possibile ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca riappaia anche lo spauracchio dei dazi.
In realtà è una cosa indipendente da chi vincerà. Quello che sta accadendo negli Usa è che ai "dairy farmers" il loro latte viene pagato molto al di sotto dei costi di produzione, parliamo di 0,28 dollari al litro. Un comparto, all'interno di un mondo polarizzato, che si sostiene solo con i sussidi statali. Prima della guerra in Ucraina nessuno avrebbe mai pensato che alcuni settori sarebbero stati strategici, come nel caso del cibo e dell'energia. Ora si stanno affrontando anche queste dinamiche per garantire la sicurezza, anche alimentare, dei vari attori mondiali.
Quindi non avete il timore di ricadute rilevanti?
Noi siamo meno del 5% del mercato dei formaggi duri e veniamo venduti a 20 dollari a libbra, mentre il parmesan intorno ai 10 dollari. Quello su cui noi puntiamo è sul fatto che l'Europa abbia un atteggiamento di tutela delle sue produzioni di eccellenza in casa anche attraverso un'etichettatura chiara e trasparente di prodotti come il parmesan, in modo da non permettere la confusione con prodotti come il nostro. A noi preoccupa che in questa fase storica, in cui i vari blocchi stanno ridefinendo la loro forza, le situazioni sfuggano di mano.
Chi è l'acquirente medio del Parmigiano Reggiano negli Stati Uniti?
Le persone che lo acquistano non ci arrivano per sbaglio o per caso, cercano proprio il nostro prodotto, non una copia, e sono disposti a pagarlo il doppio rispetto a un parmesan. I veri penalizzati da un eventuale aumento dei dazi negli Usa saranno i cittadini statunitensi che vogliono comprare il nostro prodotto e lo pagheranno di più. Non saremo noi. Per fare un esempio, è come dire che se uno ha il mal di testa il medico gli da una medicina che cura la caviglia. Sono decisioni che non hanno una coerenza.
Voi cosa state facendo?
Il nostro impegno come Consorzio è far si che tutto ciò non accada e questo passa anche dal fatto che le produzioni americane, così come quelle cinesi, vengano valorizzate e tutelate qui in Europa.
Si spieghi.
Prenda l'esempio della Tequila. Non è una produzione europea, ma qui non è possibile imbottigliare qualcosa e scrivere "Tequila" come se nulla fosse in quanto si tratta di un prodotto protetto e tutelato come se fosse il Parmigiano Reggiano o qualsiasi altra Indicazione Geografica. Questo fa del bene sia a chi produce, perché si apre uno spazio di mercato, sia ai cittadini che hanno la possibilità di comprare il prodotto vero e conoscerlo. Noi crediamo che questo sia il ruolo che il Consorzio deve avere.
In Russia, con il blocco delle esportazioni che va avanti da qualche anno, avete avuto ricadute pesanti?
La Russia aveva dei volumi sicuramente più rilevanti rispetto alla Cina, parliamo di circa 500 tonnellate di prodotto esportato nel 2014. Abbiamo recuperato puntando su altri paesi e dal 2018 abbiamo aumentato il volume dell'export del 24% crescendo in modo strutturale.
Quali sono i nuovi paesi protagonisti?
Oltre ai "big five" (Usa, Francia, Regno Unito, Germania e Canada) stanno crescendo paesi come la Spagna e tutto il nord Europa.