Bistrattati da generazioni e protagonisti di espressioni di disgusto ai pranzi di famiglia, i cavoletti di Bruxelles sembrano aver trovato i loro acerrimi nemici. Ma la colpa è davvero del loro sapore? Forse dovremmo incolpare più i nostri geni (e qualche brutta abitudine di cottura). Infatti, è anche possibile che a influenzare le nostre reazioni sia qualcosa di più profondo di una semplice antipatia culinaria. Secondo studi scientifici, la percezione amara dei cavoletti potrebbe avere una base genetica ben precisa. E per chi non si lascia spaventare dai geni, magari deve solo smettere di bollirli.
Questione di geni
I cavoletti di Bruxelles prendono il nome da Bruxelles, in Belgio, dove si ritiene siano stati ampiamente coltivati per la prima volta nel XVI secolo, sono apparsi nelle liste delle verdure più odiate a causa dei loro sapori potenzialmente amari causati da composti contenenti zolfo. La scienza ha un’opinione ben precisa sulle divisioni nette che i cavoletti di Bruxelles riescono a creare nei commensali. Uno studio del Cornwall College, nel Regno Unito, ha rilevato che i cavoletti contengono composti amari simili alla feniltiocarbammide (Ptc), una sostanza che viene percepita solo da chi possiede una variante del gene TAS2R38.
Secondo questo studio, quasi metà della popolazione ha una mutazione che riduce la percezione dell’amaro, rendendo i cavoletti una verdura gradevole o, quantomeno, sopportabile. Per chi ha la versione più sensibile del gene, invece, il sapore amaro può risultare talmente forte da rovinare l’intera esperienza a tavola. Ma non tutto è perduto, spiega Jennifer Smith, ricercatrice all' Università del Kentucky. Se si ha un Dna da supertaster, ovvero ipersensibili al gusto amaro, il tempo può giocare a favore. «Invecchiando, il nostro senso del gusto cambia», ha spiegato la Smith. Le papille gustative tendono a smorzarsi, permettendo di apprezzare gusti nuovi, persino quelli più ostici come l’amaro dei cavoletti.
Bolliti? No, grazie, il segreto è nella cottura
Se il Dna non avesse colpe, la causa dell’avversione potrebbe risiedere nella cottura. In molti ancora li bollono, una tecnica che, per quanto comoda, rende il loro sapore amaro più intenso e rilascia il caratteristico odore solforoso. Questo metodo, come spiega un’analisi del New York Times, oltre a sacrificare parte dei nutrienti fa emergere solo il lato più sgradito dei cavoletti. Per esaltare il loro sapore, meglio optare per cotture che intensificano le note dolci e nocciolate della verdura: una scottata in padella con burro o olio d’oliva, un po' d’aglio e una manciata di erbe aromatiche, oppure la cottura al forno, che li rende croccanti fuori e teneri dentro, rivelando un contrasto di consistenze capace di sorprendere anche i più scettici. Per chi vuole essere davvero avventuroso, i cavoletti di Bruxelles crudi possono essere affettati e aggiunti a insalate; un bagno di acqua ghiacciata aiuterà a ridurre l’amarezza, e un condimento con salsa yogurt – alla caesar salad– dona un contrasto cremoso che bilancia il sapore pungente.
Apologia del cavoletto di Bruxelles
Oltre a essere amati o odiati, i cavoletti sono un vero concentrato di nutrienti e beneficiano non solo del nostro palato, ma anche della nostra salute. Come tutte le brassicacee, sono ricchi di glucosinolati, composti solforati che, oltre a conferire il tipico retrogusto amaro, sono noti per le loro proprietà antiossidanti. Diversi studi hanno evidenziato come il consumo regolare di queste verdure sia associato a una riduzione del rischio di vari tipi di tumori. Oltre ai glucosinolati, i cavoletti contengono anche vitamina C, fibre e minerali essenziali come potassio e calcio, che aiutano rispettivamente il sistema immunitario, l’intestino e le ossa. Nonostante il loro legame storico con le tavole natalizie del Regno Unito, questi mini-cavoli sono ormai disponibili tutto l’anno.
Nelle cucine statunitensi, dove la maggior parte della produzione è concentrata in California, i cavoletti sono considerati un contorno irrinunciabile per il giorno del Ringraziamento. Una trasformazione culinaria semplice, come arrostirli con olio extravergine, può quindi renderli un piatto sfizioso e benefico non solo per il Natale, ma per tutto l’anno. I cavoletti di Bruxelles meritano davvero l’odio che ricevono? Forse è tempo di riconsiderare queste verdure, passando dalle abitudini culinarie obsolete a nuovi approcci. E se il Dna o una cattiva cottura finora hanno fatto desistere i più, magari una prova con qualche sperimentazione in cucina porterà a rivalutarli.