Non amano le etichette ma se costretti si riconoscono nel "fire" dining, ristorante che trova il centro di gravità permanente nel menu alla brace. Siamo nel cuore del quartiere storico di Catania, alle spalle della centralissima piazza Università. In quello che fu uno dei bistrot più iconici della città, “Turi Finocchiaro”, oggi apre le porte Mènage: ristorante, cocktail bar e cantina. È il progetto ambizioso di tre giovani ragazzi appena trentenni originari di Nicosia, in provincia di Enna. Michele Smantello, Luigi Sutera e Giorgio Carlisi, rientrati nella terra natia, provano a conquistare Catania (qui una guida dove mangiare in città), dopo un peregrinare in giro per il mondo. Unica la visione che li tiene insieme: portare nella città etnea un concetto nuovo dove l’esperienza-cibo è declinata in diversi momenti – dal pranzo all’aperitivo, fino al lounge bar. In cucina, c’è Giorgio Carlisi, sette anni trascorsi sui libri di medicina per poi virare bruscamente verso gli studi gastronomici all’Alma, con successiva gavetta a Saint Tropez e a Milano, nel ristorante di Andrea Berton. Gli fa da spalla Michele Smantello, sommelier che si è formato nelle sale dello stellato City Social a Londra e nelle cantine australiane. Gli aperitivi e il lounge bar sono in mano a Luigi Sutera, bar manager che ha appreso l’arte della mixology nella escuela catalana, a Barcellona, dove ha lavorato per anni. È lui a dare l’input al progetto trascinando dentro gli amici ritrovati al bar di Nicosia durante le vacanze.
Mènage apre a Catania: cosa si mangia
Quattro chiacchiere e un paio di cocktail dopo nasce Mènage ma il terreno, dicono loro, era già fertile da anni. Piantano semi durante il post-Covid e guardano al futuro tornando alle proprie radici. Le loro, sono quelle dell’entroterra siciliano, nelle vaste pianure e vallate dell’ennese. È da lì che prende piede l’idea di una cucina legata al menù di carne. Purché sia di allevamenti naturali e di piccoli produttori dell’ennese- ci tengono a precisare - terra vocata per eccellenza alla pastorizia e all’allevamento di bovini e ovini. Nessun taglio è trascurato. A partire dal quinto quarto con la lingua di vitello laccata, salsa verde e susine. Non manca la costata, T-bone e Picanha Limousine, la costata manzetta prussiana e l’agnello siciliano con panure verde, punta di petto in salsa teriyaki. Ad ispirarli non sono le praterie americane ma le dolci colline toscane dove si celebra la tradizione della fiorentina. C’è spazio per le verdure nei primi: dal risotto alla barbabietola, agli gnocchi con cavolfiore. Immancabile il cannolo siciliano con ricotta di pecora dell’ennese e la dichiarazione d’amore finale per la città di origine, Nicosia, con U dgümioe, dolce al limone il cui nome rende omaggo al dialetto galloitalico di Nicosia.
La Catania liberty rivive negli affreschi del lounge bar
La cantina parla prevalentemente siciliano ma non solo. Per i fuori regione si va in Toscana e oltre alle classiche etichette non manca il versante naturale, mentre i cocktail si muovono tra old school e la nuova corrente della mixology. Nel palazzo di inizi Novecento dove nasce Mènage, la gemma nascosta, ma non troppo, è la sala al primo piano. È qui che il lounge bar si svela tra travi poderose e sculture di ninfe, gli affreschi in stile liberty del 1930, firmati dal pittore Giuseppe Barone, che evocano baccanali suggestivi e ammiccanti. I tetti a volta della sala ristorante non sono gli unici ad essere stati preservati dal restauro. Il recupero ha portato alla luce anche le cementine di fine Ottocento.
Foto di LaCook Agency