Caffè espresso, “smettetela di dire che c'è tanto margine di guadagno”. Lo sfogo di uno dei migliori bar di Roma

4 Set 2023, 18:46 | a cura di
Da Faro potete gustare uno dei migliori espressi di Roma, del resto questo bar su Piazza Fiume diffonde il verbo dei caffè specialty fin dall'apertura, nel 2016. Oltre a questo, però, cerca di diffondere consapevolezza su quel che significa gestire un bar oggi. Qui una bella riflessione postata sulla loro pagina Instagram (che consigliamo di seguire).

Cosa ci auguriamo? Che l'estate (degli scontrini) volga al termine. Di riflessioni in merito ne abbiamo già fatte (potete leggerle qui e qui), puntando i riflettori su cosa si celi dietro a un “semplice” scontrino. In linea con quanto detto fino a oggi, molto interessante la riflessione pubblicata da Faro, il bar che ha fatto da apripista a Roma per quel che riguarda i caffè specialty e che è da sempre attento alle tematiche legate alla sostenibilità, sia ambientale che sociale. Qui sotto trovate una interessante considerazione postata sui loro social.

Per dare 1500 euro a un dipendente, un'azienda spende 35mila euro all'anno

Oggi riprendiamo un vecchio discorso a noi caro: management e food cost in un bar caffetteria. Dovete sapere che la spesa più alta nella ristorazione è il personale, lo staff. Per dare 1500 euro a un ragazzo (il minimo per vivere a Roma) un'azienda spende 2500 euro al mese per 14 mesi, più vanno calcolati 29 giorni di ferie in cui il ragazzo andrà sostituito. Questo perché va ricordato che la ristorazione non è un lavoro d'ufficio ma un lavoro a turni: quando entra il cliente, avere un cameriere all'accoglienza è obbligo. Per un ristorante aperto 7 su 7 che faccia dai 40 mila ai 50 mila euro al mese, servono almeno dagli 8 ai 10 dipendenti.

Il 45% del fatturato se ne va per pagare (giustamente) il personale

8 persone che lavorano fra cucina e sala sono pure poche perché si rischia, in caso di malattia o di ferie, di dover far lavorare più delle 40 ore settimanali di contratto. E noi non vogliamo che si lavori più di 40 ore settimanali, giusto? Quindi immaginiamo 9 persone che fanno una media di 22,5 mila euro al mese di costo del personale, che su 50mila euro di fatturato corrisponde al 45%. Ma un'azienda sana dovrebbe avere, da corso di economia basic, dal 30% al 35% come spesa staff. Iristoranti non ci riescono, a meno che non abbiano più di 100 posti a sedere, forse così hanno modo di abbattere i costi. Quali sono le soluzioni a questo problema? O si alzano i prezzi, cercando di migliorare la qualità percepita (ma non è semplice), o fa qualcosa la politica, con contratti più aderenti alla realtà, oppure rimarremo in questo limbo polemico a vita.

Un caffè dovrebbe costare minimo 2 euro

Considerando i costi vivi ogni caffè erogato a 1 euro, ha un costo di 0,2 centesimi per il bar. Un caffè a 1,10 euro genera un utile di 8 centesimi. Che nel mondo di oggi sai che vuol dire? Che al secondo bicchiere di vetro che si rompe in un giorno, sei andato sotto. Noi di Faro siamo da sempre contro ogni forma di capolarato: il lavoro si paga e il prezzo più basso non è mai il prezzo più giusto. Un caffè che costa 2 euro ma che alimenta un sistema virtuoso è più economico di un caffè che costa ottanta centesimi ma che alimenta un sistema corrotto e malsano.

Caffè Faro a Roma

Perché si crede ci sia molta marginalità sull'espresso?

Molte torrefazioni negli ultimi quaranta anni si sono arricchite incredibilmente facendo leva sull'ignoranza del settore e del cliente. Hanno disinformato invece che informare per vendere prodotti indecenti comprati a prezzi irrisori. Il caffè è come l'olio, non come il vino: deve essere dell'ultimo anno per essere decente. Invece in Italia per la maggior parte si comprano lotti vecchi, si mischiano e miscelano per camuffare al meglio, si carbonizzano in fase di tostatura e poi lo zucchero fa il resto. Con marginalità per la torrefazione anche del 1000%.

A questo vanno aggiunti altri fattori

Retaggio culturale: una volta le licenze non erano libere, ogni bar, avendo meno concorrenza, faceva 5-6 chili al giorno di caffè. Ora con la liberalizzazione delle licenze, l'offerta è frammentata e a malapena si arriva a 2 chili per un bar medio buono. Di conseguenza non si abbattono più i costi come lo si faceva un tempo.

Velocità di consumo: facendo un paragone con i cocktail, negli anni siamo passati ad avere una marginalità infinitamente più ampia di quella del caffè perché i drink possono arrivare a costare anche 15 euro. Questo perché occupano uno spazio di tempo-consumo più elevato di un caffè e le persone sono disposte a pagare di più, per il tempo e non per il prodotto in sé. Stesso discorso si può applicare alla pizza: le persone spendono più facilmente 10 euro per una pizza (che tempo fa costava 6-7 euro) che 1,50 euro per un caffè.

Formazione media del barista bassissima: il bar, seppure sia un luogo legato alla ristorazione, per vari motivi è diventato un'attività che pur servendo cibo ha diminuito le proprie capacità professionali fino, in alcuni casi, a completamente non averne. La maggior parte dei baristi non sa cosa sia il caffè, non ha mai fatto un corso e non ha idea né delle varietà botaniche né dei terroir del prodotto che usa.

I caffè sono diventati il caffè: standardizzato e banalizzato il caffè non ha potuto giocare su nessun upselling. Anzi, fra tante schifezze, la più economica andava meglio.

Il lavoro in nero

Inoltre, va detto, c'è molto, anzi troppo lavoro in nero e gli stipendi della ristorazione sono troppo bassi a fronte di ore di lavoro esagerate. Andrebbe rivisto il contratto nazionale del lavoro per quanto riguarda la ristorazione, andrebbe premiato il lavoratore ma andrebbe dato modo all'imprenditore di gestire l'alta flessibilità del nostro lavoro e la grande forza lavoro che serve nel settore ospitalità. Un ristorante o un bar che si rispetti non ha mai meno di 10 dipendenti. Ma una tazzina di caffè con uno stipendio in nero o con uno stipendio a contratto ha costi molto diversi. Sono bravi tutti a fare il caffè a 90 centesimi e avere il personale tutto in nero. Non è corretto.

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