Un regalo al giorno, per 24 giorni. Anzi, una piccola coccola, un dolcino da scartare preparandosi alle abbuffate natalizie. Segna il ritmo, dà il tempo, aiuta a ingannare l'attesa e ai più piccoli insegna l’antica arte della pazienza. La ricordiamo tutti, quella sensazione: aprire le caselle da bambini era sempre un’emozione, pur sapendo già cosa ci sarebbe stato all’interno. Un cioccolatino, che altro? Quello della Kinder era il massimo, ma ogni azienda dolciaria produceva calendari dell’Avvento con praline decorate, talvolta ripiene. E lo fanno ancora oggi, in edizioni sempre più limitate… solo che la concorrenza, adesso, è altissima.
Il calendario dell'Avvento
Altroché cioccolatini a forma di Babbo Natale o Stella. Ora si scartano mini size di profumi di lusso, rossetti, contorno occhi, oppure bottiglie di birra con grafiche speciali, liquori, figurine della Lego, candele profumate. I più gettonati (belli e costosi) sono quelli delle aziende di bellezza: cosmetici, trucchi, profumi, accessori beauty, piccoli formati di grandi best-seller. I prezzi non sono bassi, vanno dai 60 euro fino a centinaia (quello del brand inglese Charlotte Tilbury, per esempio, quest'anno è in vendita a 215 euro).
Sembra scontato, ma non è sempre esistito: le prime forme di calendario dell’Avvento sono nate nell’Ottocento e servivano a indicare quanti giorni mancavano alla Vigilia di Natale: erano un modo per tenere il tempo e insegnare la disciplina ai bambini. Nelle famiglie protestanti, poi, era uso comune tracciare 24 linee sulla porta, che i piccoli di casa cancellava con del gesso di giorno in giorno. Altro rituale era quello delle candele: ne veniva accesa una al giorno fino al 24 dicembre. Insomma, l’abitudine di contare i giorni che separano dalla Vigilia c’è sempre stata, poi l’evoluzione è avvenuta con le industrie dolciarie, che hanno creato i calendari di cioccolatini ispirandosi a quello inventato dall’editore tedesco Gerhard Lang. In realtà, l’idea era stata di sua madre, che per rendere più felice l’attesa preparò tanti biscotti e li divise in vari sacchetti, da aprire ogni giorno. Il figlio, in futuro, commercializzò l’idea, imitata in tutto il mondo.
Il business dei calendari dell'Avvento
Il vero business, oggi, è nel mondo del beauty: a lanciare questo trend furono i grandi magazzini londinesi Selfridges nel 2010, che insieme a L’Oréal Paris proposero l’idea alle clienti, che apprezzarono molto la novità. Poter trovare tanti prodotti diversi a un prezzo conveniente (comprati singolarmente, quei trucchi e cosmetici sarebbero costati molto di più) sembrava un vero affare, e così anche le altre grandi aziende hanno iniziato a proporre il loro calendario dell’Avvento. Una tendenza che sembra inarrestabile: ormai ogni anno sempre più brand mettono in campo la loro versione del calendario, e nonostante i prezzi sempre più alti gli acquisti non cessano.
La corsa al calendario
Sarà la voglia di concedersi una piccola coccola quotidiana, il piacere di scartare un mini regalo ogni giorno, l’effetto sorpresa (anche se spesso i contenuti vengono rivelati in anteprima dagli influencer), ma i calendari dell’Avvento vanno alla grande. A partire dalla pandemia, poi, è scoppiata la moda di quelli fai-da-te, con doni personalizzati (ancor meglio se fatti a mano) per i propri cari. I packaging, intanto, diventano sempre più accattivanti ed eleganti (certo, lo spreco di materiale non è da poco), e se quelli cosmetici la fanno da padroni, non sono da meno quelli a tema cibo: se ne trovano per tutti i gusti e tutte le tasche, dai prodotti luxury ai marchi di tè e tisane, che regalano una bustina di infuso al giorno fino al 24 dicembre.
Come per tutto, ormai, anche l’acquisto del calendario dell’Avvento è anticipato. Tempo di intagliare la zucca di Halloween ed è già il momento di pensare alle Feste, a cominciare dalle caselle da aprire. I social network sono pieni zeppi di sponsorizzazioni a tema fin dai primi di ottobre, le aziende cominciano a pubblicizzare i prodotti a inizio autunno e la corsa al calendario dell’Avvento si fa sempre più veloce.