I Bros aprono un ristorante in una villa e una trattoria in un trullo: "A Lecce ci trovavamo in un vicolo cieco"

17 Feb 2025, 12:00 | a cura di
Floriano Pellegrino e Isabella Potì raccontano al Gambero Rosso il loro trasferimento nel centro di Martina Franca e le motivazioni che li hanno spinti a mettere fine al progetto di Lecce

Amati o odiati. Sono i Bros'. Belli, (ancora) giovani, provocatori, a una lettura superficiale presuntuosi. C'è chi li osanna e chi li denigra - gira tra gli addetti un comunicato, al quale dopo aver fatto le dovute verifiche non abbiamo dato alcun seguito, che li descrive come squali – ma una cosa è certa, la coppia Floriano Pellegrino e Isabella Potì, trentacinque anni lui, trent'anni lei e due figli al seguito, hanno fatto parlare di loro fin dagli esordi, otto anni fa. Un'era fa, se pensiamo a quanto sia cambiato il mondo, non solo quello gastronomico, da allora. Li abbiamo intervistati per sapere quale sarà il futuro dei Bros' dopo la chiusura del ristorante a Lecce.

Foto di Francesco De Marco

Perché avete deciso di chiudere dopo 8 anni?

È stata una decisione ponderata - abbiamo cominciato a ragionarci da poco prima del Covid - per dare linfa e una nuova visione al nostro percorso. Abbiamo sempre avuto un approccio radicale alle cose e questa scelta fa parte di un percorso che sentivamo necessario: lì (nella sede “storica” di Lecce, ndr) non potevamo spingere di più, ci trovavamo in un vicolo cieco.

Eravate in perdita?

Tra affitto, uffici, cassa stagisti e altre spese, pagavamo tantissimo ogni mese. Tutti soldi che abbiamo messo di tasca nostra, non c'era nessun investitore alle spalle. Abbiamo spinto più di chiunque altro in Salento, mettendo sempre tutto in gioco per portare avanguardia.

Piatto di Bros

Ma eravate o no in perdita?

Siamo durati otto anni vivendo grazie al ristorante. Siamo partiti con 80mila euro in meno, che non erano nemmeno nostri, e in questi anni abbiamo creato ricchezza, alzando il nostro tenore di vita. Abbiamo investito tantissimo, forse più di quanto fosse sostenibile in quella sede. Ma ogni euro speso è stato un tassello del nostro percorso di crescita.

Al netto del brand “Bros”, il ristorante funzionava?

A fasi alterne. Chi lavora in provincia soffre molto in inverno, abbiamo sofferto anche noi. Ma pure Martín Berasategui, quando lavoravo con lui a San Sebastián (Floriano, ndr), a dicembre faceva solo due tavoli con cinquanta dipendenti in cucina.

C'è una cosa che vi rimproverate?

L'aver sprecato i nostri soldi. La colpa è nostra - non abbiamo mai ricevuto un'educazione finanziaria dalle nostre famiglie - ma anche di istituti alberghieri obsoleti che insegnano a malapena a cucinare e non spiegano come gestire bene i soldi.

Foto di Francesco De Marco

Cosa vi ha deluso di più in questi anni? Pensate di non essere stati capiti dal pubblico locale?

Non si tratta di delusione, è più corretto parlare di consapevolezza e di priorità che cambiano. Innovare, spesso, significa scontrarsi con l'incomprensione, il nostro obiettivo non è mai stato il consenso facile, siamo ben consapevoli di aver rappresentato un punto di rottura, abbiamo sempre messo in conto il rischio di non essere capiti da tutti. L'obiettivo reale era quello di farci conoscere all'esterno, fuori da Lecce.

È difficile fare avanguardia a Lecce?

È difficile fare avanguardia ovunque, e noi non abbiamo mai preteso di essere capiti da Lecce o in generale da questo territorio. Ma vogliamo sfatare una voce infondata, “i salentini non vanno”, abbiamo sentito dire spesso, non è vero: un certo tipo di salentini non venivano ma quelli della nostra generazione venivano da Bros.

Cos'è oggi l'avanguardia?

Non è una formula fissa, è un'attitudine, è la capacità di mettersi in discussione, di portare l'esperienza a un livello superiore. Significa ridefinirsi ogni giorno. Non solo in ambito gastronomico.

Foto di Francesco De Marco

In che senso?

Si parla poco della comunicazione. Noi abbiamo una nostra agenzia di comunicazione, la Pellegrino Brothers.

Il fine dining è morto?

No, si sta trasformando. La ristorazione di ricerca deve ridefinirsi, proprio per il fatto di essere di ricerca, e chi rimane fermo scompare.

Scompare anche chi non monitora i cambiamenti sociali. A tal proposito: il mondo del lavoro sta cambiando (è già cambiato) pensate sia ancora giusto/giustificabile richiedere a un dipendente di fare “sacrifici”, sia in termini di orari che di fatica fisica?

Ci vuole dedizione come in qualsiasi disciplina che aspiri all'eccellenza. Già parlare di sacrificio è riduttivo, preferiamo parlare di passione e visione. Chi sceglie questo percorso, dovrebbe farlo con consapevolezza e volontà. Facciamo nostre le parole di Berasategui: “Emozionarti come se fosse il primo giorno”.

È più facile emozionarsi se il progetto è proprio. Se è di un altro ci si può emozionare al punto di “non guardare l'orologio”?

Gran parte dei ragazzi che sono gravitati per il mondo Bros ha sposato il progetto, capendone l'importanza, e una volta usciti da qui, hanno fatto grandi cose. Bros è stata, è una scuola: pensiamo a Mattia Spedicato che oggi è restaurant manager e sommelier del Geranium o Alessandra Adrioli, diventata pr sempre del Geranium. O ancora Kota che ora è sous chef di Crony a Tokyo, Óscar che lavora da Aponiente, Yuta che è andato da Camanini o Marko Djeric che ha recentemente ottenuto una stella Michelin a Belgrado. Tutti “brossini” che hanno lavorato da noi come fosse il loro progetto.

Foto di Francesco De Marco

Raccontateci il nuovo progetto.

Prima del Covid stavamo pensando di aprire una masseria, ma solamente le mura ci sarebbero costate due milioni di euro, così abbiamo desistito. Il tempo ci ha premiati perché qualche mese fa c'è stata presentata un'opportunità che abbiamo colto al volo, concretizzando il tutto nei consueti mesi di ferie.

Quale opportunità?

Quella di trasferirci in una villa nel centro di Martina Franca, Villa San Martino di proprietà della famiglia Solito.

Trasformata in una dimora di lusso da Martino Solito, un famoso restauratore di opere d’arte.

È una villa stupenda, quando l'abbiamo vista per la prima volta non ci potevamo credere, ma a convincerci del tutto sono state le prime parole di Martino Solito: “Noi crediamo nella bellezza e basta”, ci ha detto. Da lì è nata la partnership.

Foto di Francesco De Marco

Farete la vostra cucina di ricerca?

Sì, la nostra filosofia non cambia, continueremo a spingere oltre, ma con respiro più ampio perché gli spazi saranno più ampi. Era urgente trasferirci, anche per i nostri ragazzi.

I “vostri ragazzi” vi seguiranno?

Sì. Due, i più “longevi”, Ruben e Yuri, diventeranno anche soci. E Isabella diventerà executive chef con me (aggiunge Floriano, ndr).

 

Quando aprirete? Con quali menu?

Contiamo di essere operativi dal 15 maggio con tre menu degustazione a 130, 180 e 210 euro (17, 20 e 23 passi), saranno menu rinnovati ma qualche piatto ce lo portiamo dietro, come la pasta, pisello nano e tuorlo, la rosa di frutta secca, l'ostrica con la meringa o la finta bruschetta. E una cantina da duemila etichette che prima non avevamo.

Che fine farà la trattoria a Scorrano?

Accanto alla villa c'è un trullo restaurato dove trasferiremo la nostra trattoria che sarà attiva già dal 7 marzo.

linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram