A pochi passi dal Canal Grande di Trieste, la bora trasporta i golosi fino a via Trenta Ottobre, 3. Ci si ritrova in un vento di influenze, culture e contaminazioni, in un luogo in cui la tradizione italiana si fonde con quella balcanica, ebraica e austroungarica. Il tempo sembra essersi fermato in una delle insegne più antiche della città. Il bancone in legno, le piastrelle viennesi, il lampadario di cristallo e le sedute in velluto rosso riescono a far immergere il visitatore in un tempo ormai lontano. Le vetrate decorate a mano in stile eclettico lasciano ammirare i numerosi dolci, poggiati su eleganti alzate tra drappi di raso bianco.
La storia
Risulta facile capire perché sia stata annoverata tra le pasticcerie storiche più belle d’Italia. Considerata dal Ministero della Cultura come locale di valore storico e inserita nel patrimonio italiano da salvaguardare. L’attività nasce con la famiglia Eppinger, nel 1836, come confetteria, poi grazie all‘avvento di un pasticcere ungherese, chiamato appositamente da Budapest, la proposta si fa ricca dei dolci di tradizione austro-ungarica. Con il passare del tempo il locale cambia varie gestioni, pur conservando ricette, tradizioni e persino lo stesso forno a legna, restando ad oggi l’unica pasticceria di Trieste (e forse in tutta Italia) a utilizzare questo antico metodo di cottura. Dal 2019 la pasticceria è proprietà della famiglia Faggiotto, importanti maestri cioccolatieri italiani.
La proposta
I banconi d'epoca sono ravvivati, secondo stagione e periodo festivo, da marzapane ebraico, gelatine di frutta, Sacher, strudel di mele, torta Dobos, pinza, putizza, cubana, torta Rigojanci (nata per suggellare la passione tra il violinista Rigò e la sua amata Clara Ward), Lettere d’amore e ancora tanti altri peccati di gola. Ogni creazione racconta un pezzo di storia cittadina. Tra questi il Presnitz è sicuramente il più rappresentativo.
Anatomia del presnitz
Le sue origini sono tutt'oggi incerte, probabilmente prende il nome dalla parola slovena “presenec”, la focaccia pasquale, a sua volta diminutivo di “presen” che indica il pane non lievitato. C’è, però, una versione più romantica della storia, il presnitz infatti è conosciuto anche come il "dolce della Principessa Sissi", pare ispirato dalla visita di Elisabetta di Baviera al castello di Miramare, animata da concorsi di artigianato e gastronomia in suo onore. Tra le proposte questo dolce dalla forma attorcigliata simboleggiava l’invito alla principessa di ritornare a Trieste. Il prodotto venne chiamato “Prein Prinzessin” cioè premio principessa, più tardi semplificato in “Presnitz”.
Questo involucro di pasta sfoglia, oltre a racchiudere una storia, ha in sé un ricco ripieno di noci, uvetta bagnata nel rum, pinoli, frutta candita, cannella, semi di papavero, chiodi di garofano, noce moscata e cioccolato. La ricetta è rimasta la stessa nel tempo e oggi, in città, il presnitz viene mangiato principalmente a ridosso delle feste pasquali e natalizie. Anche Pellegrino Artusi, ne “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” fa cenno al Presnitz: “Ecco un altro dolce di tedescheria e com’è buono! Ne vidi uno che era fattura delle prime pasticcerie di Trieste, lo assaggiai e mi piacque. Chiestane la ricetta la misi alla prova e riuscì perfettamente”. Qualunque sia l’origine, si può dire, senza esagerazioni, che mangiare il Presnitz a Trieste è il modo più intuitivo e veloce per rivivere l'atmosfera ottocentesca.
A cura di Gloria Ferrucci, Master in Comunicazione Multimediale dell'Enogastronomia - Università degli Studi Suor Orsola Benincasa (Napoli) in convenzione con Gambero Rosso Academy