Il tema delle concessioni balneari in Italia presenta ben poche analogie con gli altri paesi che affacciano sul Mar Mediterraneo. Tutti sarebbero soggetti alla direttiva europea nota colloquialmente come Bolkestein, che stabilisce come le concessioni demaniali debbano essere messe a gara, al fine di garantire trasparenza, imparzialità ed equa concorrenza tra i potenziali concessionari. Una direttiva datata 2006 e che, tra rinnovi automatici e diritti di insistenza, non è mai stata tuttavia recepita dall’Italia. All'estero, seppur ancora con qualche falla qua e là, non è riscontrabile una situazione così come nel nostro paese, in questo caso vera e propria “pecora nera” a livello europeo.
In Croazia concessioni per “appena” cinque anni
Per fare un confronto, ci si attiene al dossier pubblicato dalla Camera dal titolo Le concessioni demaniali marittime in Croazia, Francia, Grecia, Portogallo e Spagna, che analizza caso per caso la situazione delle concessioni balneari sulle coste mediterranee. In Croazia si fa riferimento al “Maritime domaine and seaports act”, documento del 2022 il cui articolo 17 evidenzia come le licenze debbano essere rilasciate su una base di gara pubblica per una durata limitata ad “appena” cinque anni.
La Francia a tutela del patrimonio ambientale
In Francia, ad essere messo in risalto è il valore ambientale del litorale. I Prefetti si occupano dell’organizzazione di gare pubbliche per il rilascio di concessioni della durata di non più di dodici anni. Gli esercenti sono tenuti a pagare una quota che varia a seconda delle agevolazioni, di qualunque natura e quindi anche dal punto di vista del patrimonio naturale, ricavate dallo sfruttamento del demanio. Anche una volta ottenuta la licenza, le possibilità di manovra sono comunque limitate: l’80% del terreno in concessione deve infatti rimanere libero da strutture ed installazioni varie, che sono permesse solo quando facilmente trasportabili e mai ancorate al suolo, in modo da potere, allo scadere dei dodici anni, lasciare l’area nello stato in cui si è trovata.
Le eccezioni della Grecia per gli alberghi
In Grecia, a regolare le licenze è la legge n. 2971/2001, che prevede anche in questo caso concorsi allineati con la Bolkestein. La costruzione di strutture permanenti è vietata entro 100 metri dal litorale, ma c’è tuttavia un’eccezione, ovvero gli alberghi. Essi hanno una speciale deroga per le spiagge che sorgono di fronte ad essi, concesse annualmente ai proprietari sempre sulla base della legge n.2971/2001.
Le prelazioni in Portogallo contestate dall’Ue
In Portogallo si fa distinzione tra licenze e concessioni. Nel primo caso, si intende la possibilità di occupare una porzione di spiaggia per dieci anni e costruirvi tutte quelle strutture amovibili per fini turistici che formano i classici stabilimenti balneari. Al termine della decade, si smonta tutto, riportando il litorale al suo stato originario. La concessione prevede invece l’installazione di strutture stabili e può durare fino a 75 anni, con valutazioni caso per caso svolte dallo stato. Il tutto avviene tramite gare pubbliche, ma vi sono tuttavia alcune analogie con la situazione italiana nelle deroghe riconosciute ai titolari delle licenze “originarie”, che possono godere di un diritto di prelazione, che è stato tuttavia contestato dall’Unione Europea.
I contenziosi tra Bruxelles e gli esercenti spagnoli
Per concludere, in Spagna il tema è regolamentato tramite la legge n. 22/1988 che definisce le spiagge come libere, e non oggetto di concessione come invece la cosiddetta zona interna del demanio, ovvero quella che precede la battigia. Proprio questa particolarità, messa nero su bianco qualche decennio fa, ha creato alcuni contenziosi con i privati che si sono ritrovati con le loro strutture di fatto parte del demanio pubblico. Lo stato ha quindi concesso una proroga di 75 anni ai privati divenuti concessionari. Anche in questo caso, data la mancanza di «una procedura di selezione aperta e trasparente» è stata aperta un’indagine da Bruxelles.