Era abbastanza straniante, ieri sera alla fine del Tg1 delle 20, vedere (e sentire) il ministro Gennaro Sangiuliano (ex direttore del Tg2) commentare il suo intervento al Festival del Libro di Parigi in cui l’Italia è ospite d’onore: “Stiamo lavorando per proporre al mondo un nuovo immaginario italiano e riscuotiamo grandi successi e grande attenzione”, e vedere accanto a lui l’immagine del manifesto della kermesse con il disegno tratto dall’immaginario del film Vacanze Romane parafrasato ormai da Caro Diario di Nanni Moretti, che l’immaginario della Sinistra moderna lo ha in gran parte costruito, con il regista sul vespone con tanto di casco sotto al Colosseo.
Santanchè, la Venere e il nuovo Immaginario Italiano
Come dire: alla faccia del nuovo immaginario! Sia dal punto di vista cronologico che politico-culturale, rispetto a quanto proclamato dalla Destra al Governo in un grande convegno (Pensare l’Immaginario Italiano) sponsorizzato dallo stesso Sangiuliano e tenutosi pochi giorni fa con l’ambizione di puntare a superare il presunto monopolio della Sinistra. Straniante, dicevamo.
Ma nulla al confronto con il nuovo spot voluto dalla sua collega Daniela Santanchè, responsabile del Turismo, per una campagna che costa ben 9 milioni e per cui è stato mobilitato anche lo studio di Armando Testa, blasonato professionista della comunicazione per immagini. Dal cilindro, sollevato dalla nuova Ceo di Enit, Ivana Jelinic, che accompagnava la ministra, esce neientepopodimeno che una Venere taroccata (plagiata dal famoso quadro di Botticelli) che indossa i panni di una virtual-influencer emula della nostrana Chiara Ferragni e che in qualche modo sembra scimmiottare le ben più note (e valenti) grafiche di un comunicatore di regime come Boccasile, autore di tante grafiche durante il Ventennio, discutibili certamente ma sicuramente ben più incisive della Venere-Ferragni di questo spot vorrei-ma-non-posso.
Santanchè, la Venere e gli illustri precedenti
Ma il dramma non è tanto questo, quanto il fatto che si ripercorre di nuovo una strada senza molte vie di uscita come fu quella dei costosissimi e inutili VeryBello.it e ItsArt di Dario Franceschini – predecessore della Santanché – e del portale (abbastanza inutile anche quello) Italia.it presentato del (tristemente) famoso spot televisivo di Francesco Rutelli (era il 2004, lui era deputato e sarebbe divenuto ministro due anni dopo) che chiedeva in un inglese maccheronico letto da rullo ai turisti stranieri: “Visit de uebsait bat pliz visit Itali”… Ecco, è proprio vero che non si impara mai nulla dagli errori del passato.
Meglio Ferragni al posto della Venere?
E adesso Enit annuncia: “L’Italia si prepara all’estate con una campagna da 9 milioni di euro che porta in tour la Venere di Botticelli che esce dal dipinto per essere declinata in location d’eccezione italiane, questa volta vestita in modo moderno e sorprendente. Prima tappa negli Emirati Arabi in occasione di Atm Dubai dall’ 1 al 4 maggio dove in oltre 500 metri quadrati verrà esportata l’eccellenza dell’italianità. La campagna sarà inserita all’interno dell’allestimento a Dubai con i due soggetti più culturalmente vicini al mercato, ovvero il soggetto di Venere a Venezia, che indugia con lo smartphone ma che ha un outfit elegante, e la Venere a Roma, in bici, con dietro il Colosseo”.
Sgarbi e Nardella, è subito polemica
Resta la domanda: si doveva davvero scomodare il dipinto di Botticelli deturpando una delle creazioni più forti e immaginifiche della produzione artistica mondiale? Non sarebbe stato più economico – almeno culturalmente parlando – metterci direttamente la Chiara Ferragni cui l’immagine sembra far continuo l’occhietto? Non poteva non avere un sobbalzo – per quanto politicamente misurato – uno come Vittorio Sgarbi che di arte se ne intende e che di questo Governo è sottosegretario. “La pubblicità all’Italia la fanno le opere d’arte, senza bisogno di travestirle”, sbotta lo storico che ha da poco inaugurato nella “sua” Viterbo – dove sembra essere ancora assessore alla Bellezza – una mostra sui fake nell’arte. “Giacché la Venere è nuda” afferma “sarebbe stato meglio vederla così, senza bisogno di travestirla in quel modo: è una roba da Ferragni”. Appunto, se lo dice lui! E gli fa eco Dario Nardella, sindaco di quella Firenze che della Venere è dimora: “Di questo passo” ha ironizzato “verrà messo un mandolino o un caciocavallo nelle mani del David. La campagna è macchiettistica. Invito la ministra Santanchè ad unire gli sforzi per fare un racconto più veritiero e meno caricaturale delle nostre città d’arte”.
Il vino dimenticato
C'è poi da registrare una specie di gaffe nella gaffe. Perché in tutto questo tripudio di italianità da vignetta, gli autori si sono dimenticati di citare un prodotto non propriamente secondario per la promozione turistica del nostro paese. Il vino. La cosa ha fatto insorgere, comprensibilmente, l'Unione italiana vini (Uiv). "Mare, storia, paesaggio, monumenti, Vespa, pizza e...acqua. E' un peccato che manchi proprio il vino..." Nove milioni di euro per lanciare la campagna e poi manca "proprio il prodotto tricolore in testa nella bilancia commerciale con l'estero tra i comparti del made in Italy tradizionale. Si parla tanto di promozione integrata, di fare rete, ma poi si perdono queste occasioni. Peccato".
Contrordine: si torna all’inglese
Ma poi, resta davvero un mistero irrisolto: chi ha trovato lo slogan “Open to Meraviglia”? Ma come? Non c’era stato una proposta di legge targato Fratelli d’Italia che punta a vietare l’uso di parole straniere? È stato proprio uno dei colonnelli (ex?) romani a proporla: ma non prevede pene per i cittadini – spiega Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera – bensì fino a 100mila euro di multe per “pubbliche amministrazioni, società pubbliche o private, multinazionali”. Quindi, Santanchè e Jelinic, attente: la campagna costerà 100mila euro di più. Va beh, ma cosa non si fa per costruire un nuovo immaginario!
Ps. Piccola postilla: signora Ministra, va anche bene invitare i turisti stranieri a visitare il nostro Paese, portare lo spot su Venezia a Dubai anche se poi si pensa di imporre un numero chiuso nelle località a maggior “rischio” di affollamento turistico come la stessa Venezia o le Cinque Terre. Ma, gentile ministra, non le sembra il caso, in vista dell’estate, di avere una parola più definita e decisiva sulla annosa questione delle licenze dei balneari che ha come obiettivo anche quello di rendere le nostre spiagge più accessibili, curate e ben gestite? O dobbiamo tirar fuori, per convincerla, il manifesto – questo si originale a a modo suo artistico – firmato da Boccasile sul Lido di Camaiore (che nell’800 e nei primi del ‘900, prima della trasformazione del vocabolario in italico, era scritto con la j, Camajore)?
a cura di Stefano Polacchi