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Dieci assaggi da non perdere a Vinitaly 2025: dai "nuovi" Barolo ai vini vegani, dai Chianti Classico ai macerati

Con oltre 4000 aziende presenti, orientarsi al Salone internazionale del vino e dei distillati e decidere cosa assaggiare può risultare difficile. Per questo vi diamo qualche dritta noi, tra nuove aziende ancora poco conosciute, grandi annate e qualche curiosità.

  • 05 Aprile, 2025

Ci risiamo. Sta per partire una nuova edizione di Vinitaly, la 57esima per la cronaca, che vede anche quest’anno la partecipazione del Gambero Rosso con una serie di eventi e che giunge in un momento complicato per il mondo del vino, tra minacce di dazi, la demonizzazione del prodotto, la competizione (futura) con i vini dealcolati e il calo del potere di acquisto dei consumatori. Sarà quindi un Vinitaly in cui le aziende saranno chiamate a riflettere sul sistema-vino, sui traguardi raggiunti e su come cambiare pelle per sopravvivere alle sfide venture.

Ma sarà anche la solita grande festa del vino italiano: dopo un Prowein non proprio esaltante (per utilizzare un pallido eufemismo), le aspettative per l’appuntamento di Verona (6-9 aprile) sono piuttosto elevate: saranno oltre 4000 le aziende presenti, ospitate all’interno di 18 padiglioni, presi d’assalto da un esercito di operatori e buyer provenienti dall’Italia e da 140 Paesi.

La guida del Gambero Rosso per orientarsi a Vinitaly. Le degustazioni da non perdere

In questo enorme palcoscenico è facile perdere la bussola; gli appassionati (ma anche gli operatori) si sentono come quei bimbi che varcano la soglia del parco e rimangono spaesati perché non sanno da quale gioco iniziare. Noi abbiamo deciso di stilare una piccola lista delle cose da non perdere all’interno della fiera, tra qualche nuova azienda ancora poco conosciuta ma di sicuro interesse, etichette che tornano sul mercato dopo un periodo ai box, grandi annate e qualche curiosità.

Barolo – panorama

Barolo. L’annata 2021

Vi consigliamo di fare subito un salto in Piemonte (raccolto per la maggior parte nel padiglione 10). Lo scopo è quello di assaggiare la nuova annata di Barolo che presto uscirà sul mercato, la 2021.

Perché? Facile: ne parlano tutti come una delle migliori annate degli ultimi tempi, di certo più convincente della 2020 che ha regalato vini molto orizzontali, piacevoli da subito, ma un po’ carenti dal punto di vista della trama tannica e della struttura. Questa 2021 invece ha il passo di un’annata importante, di quelle in grado di coniugare potenza, profondità e polpa; ha il fascino delle vendemmie che vanno aspettate perché dispieghino il loro vero valore.

Tre grandi Verdicchio: Cantico della Figura, Vigneto Fogliano, Selva di Sotto

Tris d’assi nelle Marche (padiglione 7). Vi consigliamo tre Verdicchio che stiamo aspettando con ansia anche noi visto che, per un motivo o per un altro, lo scorso anno non sono usciti sul mercato.

Iniziamo da Apiro, dove Leopardo Felici quest’anno proporrà il Castelli di Jesi Verdicchio Cl. Vigna Il Cantico della Figura Riserva ’21, che ha atteso ai box un anno in più rispetto alle annate passate. Altra novità aziendale: Felici presenterà il suo nuovissimo Verdicchio di Matelica, unica azienda a offrire vini sia dai Castelli di Jesi, sia dal Matelicese.

Restando a Matelica, Bisci, torna a presentare il Vigneto Fogliano, un cru aziendale cui lo scorso anno è stato concesso maggiore riposo. A Verona potremo assaggiare l’annata 2021, ma non lasciatevi sfuggire l’opportunità di richiedere anche un sorso del Senex, la loro sempre ottima Riserva. Si torna nell’areale dei Castelli di Jesi, a Staffolo per la precisione: Riccardo Baldi de La Staffa quest’anno uscirà con la sua super-Riserva Selva di Sotto ’20, un’etichetta proveniente da un vigneto immerso in un bosco, il più alto del comune di Staffolo, a circa 500 metri di altitudine.

L’Etna che non ti aspetti: SRC

Per la prima volta, quest’anno Vinitaly ospita Raw Wine, l’evento internazionale itinerante che ha contribuito a far conoscere il vino naturale nel mondo. Lo troverete presso la Sala Argento del Palaexpo (ingresso A2, piano -1) lunedì 7 aprile dalle 9:30 alle 17:30.

Tra le 120 cantine presenti, vi consigliamo di fare tappa da SRC. Che significa che “esserci”, ma sono anche le iniziali dei titolari dell’azienda, Rosario Paralisiti e Cinzia Baraldi, insieme alla figlia Sandra. I 12 ettari vitati aziendali insistono sul versante nord dell’Etna, soprattutto a Randazzo, dove in contrada Calderara ha sede l’azienda, con altitudini che variano dai 600 ai 1000 metri. Un’altra azienda dell’Etna, tra le tante penserete voi. Non proprio. È vero che qui si coltivano nerello mascalese, catarratto, e carricante, ma ci sono anche uve non proprio tipiche del Vulcano come per esempio la coda di volpe (che si incontra quasi esclusivamente in Campania), ma soprattutto la grenache, che con il nerello mascalese dà vita a una delle etichette aziendali, il Rivaggi. Da provare.

Barone Pizzini e i vini vegani

In prima linea sul fronte della sostenibilità ambientale, Barone Pizzini, storica realtà franciacortina guidata da Silvano Brescianini, ha deciso di fare un ulteriore passo in avanti. E, quindi, in questa edizione di Vinitaly verranno presentate le prime etichette vegane dell’azienda, un percorso che è durato un decennio e che ora si è compiuto con la certificazione rilasciata da un importante ente inglese del settore, la Vegan Society. Troverete l’azienda nella regione Lombardia, nel Palaexpo, ma anche all’interno della degustazione dei Tre Bicchieri con il Franciacorta Dosaggio Zero Naturae Edizione ’20.

Un outsider dal Chianti Classico

Ci sono certi distretti che ormai hanno acquisito una tale importanza da essere battuti palmo a palmo da appassionati e operatori di settore alla ricerca di aziende che non siano ancora conosciute dai più e che, però, allo stesso tempo siano in grado di offrire una lettura senza filtri del territorio. Uno di questi è il Chianti Classico, di cui ormai si conosce quasi tutto ma che ha un tessuto produttivo fatto anche di piccolissime realtà che anno dopo anno riescono a distinguersi tra le altre.

Un esempio è Tregole (padiglione 8). Siamo a Castellina in Chianti, nel quadrante sud orientale del comune, dove le pendenze crescono di pari passo con le quote altimetriche che sfiorano i 600 metri. A guidare l’azienda c’è Sophie Conte, che, con l’aiuto della famiglia, vendemmia dopo vendemmia, dimostra sempre più di saperci fare. Da tenere d’occhio.

Macerati a colpo sicuro

Se siete amanti dei vini macerati e volete andare a colpo sicuro, sicuramente sul vostro taccuino avrete già segnato il nome di Paraschos. A chi invece non conosce l’azienda, consigliamo vivamente di fare un salto nel padiglione 6, che ospita il Friuli Venezia Giulia. Dietro al banchetto dell’azienda di San Floriano del Collio troverete probabilmente Evangelos, il fondatore, in compagnia dei figli Alexis e Jannis. La filosofia aziendale prevede, come già accennato, la macerazione anche delle uve bianche in tini aperti di rovere di Slavonia o in anfore di terracotta greca (la terra natìa di Evangelos), senza il controllo della temperatura e senza l’inoculo di lieviti selezionati. Noi lo scorso anno abbiamo premiato con i Tre Bicchieri il Kaj, la sua Riserva di Friulano, vino tridimensionale tanto al naso quanto in bocca, ma il consiglio è quello di fare una bell’assaggio di tutto ciò che la cantina propone, compreso i loro Merlot e il Pinot Nero.

Una Puglia diversa

È stata una delle sorprese della guida Vini d’Italia 2025 del Gambero Rosso e per questo vogliamo invitarvi a passare al padiglione 8 per scambiare quattro chiacchiere con Camilla Rossi-Chauvenet. Il cognome non è propriamente tipico a Manduria, dove sorge l’azienda: infatti Camilla è veneta e prima di investire in Puglia, aveva rinnovato l’azienda di famiglia in Valpolicella, Massimago. Nel 2008 ha deciso di esplorare anche altri lidi vinicoli e così ha trovato una masseria dalla storia antichissima, Masseria Cuturi, l’ha restaurata e ha iniziato a produrre vini pugliesi, cercando di valorizzare al massimo il patrimonio viticolo autoctono con una visione innovativa.

Noi siamo rimasti colpiti dal suo splendido Zacinto ’23, un Negroamaro in purezza ricco di frutto, succoso, dalla beva piacevole e immediata; ma sono altrettanto ben realizzati anche i Primitivo di Manduria Monte Diavoli e Chidro.

Pinot nero di Montagna (in tutti i sensi)

Non è ormai più una rarità trovare dei grandi Pinot Nero italiani. È ancora meno raro trovarli in Alto Adige, regione che da diversi anni ormai si sta specializzando nella proposta di vini realizzati con il più prestigioso (e sfidante) dei vitigni. Se ne volete assaggiare uno davvero interessante seguite queste coordinate: padiglione 6, stand D2. Vi troverete davanti alla postazione della famiglia Pfitscher.

L’azienda, guidata da Klaus, con l’aiuto dei figli Hannes e Daniel, è immersa fra i vigneti nella zona di Montagna, dove il pinot nero ha trovato uno dei suoi territori d’elezione. E proprio il vitigno borgognone è diventato sempre più centrale all’interno della produzione, con più etichette che ne esplorano il legame con le vigne della zona. Assaggiate il Matan, ma non fermatevi lì: vale la pena spendere qualche minuto anche per il Sauvignon Mathias.

Vecchie annate Badia a Coltibuono

Le vecchie annate che i produttori hanno “sottobanco”

Questo è il consiglio del veterano. Perché è vero che a Vinitaly le aziende partecipano soprattutto per presentare le nuove annate e proporle al mercato; ma è altrettanto vero che tantissimi produttori utilizzano la fiera anche per cercare di far comprendere a buyer, operatori e appassionati che i loro prodotti possono resistere alle stagioni che passano e migliorare con il tempo. Quando avete preso un po’ di confidenza con il produttore di turno, con gentilezza, potete provare a chiedere se ha con sé qualche vecchia annata: qualcuno, proditoriamente, vi dirà di no; altri invece saranno felici di condividere un tratto della loro vita (produttiva) con voi.

I vini dealcolati

Non passa giorno che qualcuno non ci chieda «ma come sono questi vini dealcolati E noi in questo momento non possiamo che rispondere, onestamente: «pessimi». La nostra esperienza con questi prodotti, per ora, non è stata molto felice: nei nostri assaggi abbiamo avuto a che fare con prodotti sbilanciati verso residui zuccherini stucchevoli, caratterizzati da profili aromatici poco compatibili con quelli di un vino normale, per non parlare dei sapori, più simili a quello dei succhi di frutta che ai vini veri e propri. C’è molto da lavorare, ma l’argomento evidentemente incuriosisce: è per questo che chi voglia approfondire l’argomento può farsi un’idea chiara passeggiando nell’area Mixology, all’interno del padiglione C, dove sarà allestita un’enoteca dedicata ai vini No-Low Alchol. Ci farete sapere.

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