Strada in discesa per i vini dealcolati? Non proprio. Fatta l’Italia ora bisogna fare gli italiani. Tradotto in linguaggio vitivinicolo: portato a casa il decreto che dà il via libera anche nel Belpaese, adesso bisogna poterli produrre. Ma una nuova impasse legislativa impedisce alla filiera di iniziare. A denunciare l’inghippo, da Vinitaly, è il presidente di Unione italiana vini Lamberto Frescobaldi: «Sui dealcolati oggi il settore è fermo con le quattro frecce: dobbiamo risolvere gli snodi fiscali e normativi e dobbiamo iniziare a produrre».
Ma qual è il problema? In primis le disposizioni fiscali previste dal ministero dell’Economia e delle Finanze, che vanno a intervenire sul decreto del ministero dell’Agricoltura. D’altronde si ricorderà c’era già stata una piccola sovrapposizioni tra i due Ministeri lo scorso dicembre, a causa della fuga in avanti del Mef, poi superata grazie al decreto di Lollobrigida. Ora, però, il problema si ripresenta.
«Se il Masaf non interviene le imprese dovranno attendere fino al 2026 prima di poter partire con la produzione (al momento molti brand italiani producono all’estero; ndr) – spiega il segretario generale Uiv Paolo Castelletti – Serve una norma ponte che consenta di definire il quadro fiscale per la produzione in questa fase transitoria: è impensabile che aziende che hanno investito in macchinari per la dealcolazione rimangano bloccate per un vuoto normativo in cui la mano destra della pubblica amministrazione non sa cosa fa la sinistra».
Ma questa non è l’unica criticità. La seconda riguarda la norma relativa alla promiscuità dei luoghi di produzione, che prevede l’obbligo di separazione degli spazi. Infine, vige ancora un ostacolo alla produzione degli spumanti dealcolati gassificati. «Su entrambe le questioni siamo in dialogo con il Ministero – rivela Castelletti – dovrebbero risolversi con una modifica al decreto in tempi rapidi”.
Anche perché i brand italiani, che al momento producono fuori dai confini nazionali, sono in attesa di poter spostare la produzione in Italia, come hanno più volte confermato al Gambero Rosso. La sensazione, però, è di trovarsi dentro ad un grande gioco dell’oca in cui si torna sempre al punto di partenza.
Secondo l’analisi dell’Osservatorio del Vino Uiv-Vinitaly su base dati Iwsr, presentata a Vinitaly nel corso del convegno organizzato in collaborazione con Veronafiere “Zero alcohol e attese del mercato”, il mercato mondiale dei vini No-Lo (no e low alcohol) vale oggi 2,4 miliardi di dollari e dovrebbe raggiungere i 3,3 miliardi di dollari nel 2028 con un tasso di crescita annuale composto (Cagr 2028/24) dell’8% a valore e del 7% a volume.
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