
Anche la quercia da sughero non si sottrae alle problematiche agricole causate dalla crisi climatica. A pagarne il prezzo più alto rischia di essere il Portogallo, ovvero il Paese che da solo detiene oltre la metà della produzione mondiale. L’Alentejo, una delle regioni più produttive nel sud del Portogallo, sta soffrendo di scarsità di precipitazioni e, come riporta Internazionale in una recente analisi, questo influisce sullo spessore della corteccia e, di conseguenza, sulla qualità del prodotto. Proprio quella di maggiore spessore è la tipologia più adatta alla produzione di tappi per il vino di cui il Portogallo è leader mondiale con circa il 70% della quota di mercato mondiale.
L’impatto delle scarse precipitazioni, e quindi della minore disponibilità idrica dei terreni, stanno facendo riflettere l’industria del sughero sulle alternative da prendere in considerazione. Oltre al graduale spostamento della produzione in areali più a nord del Paese, dove le piogge sono il doppio rispetto al sud, ci sarebbe anche una modifica del sesto d’impianto che passerebbe dai 50 alberi per ettaro a circa 400, diventando così una coltura superintensiva. Un cambio di passo che, secondo la Apcor (la principale associazione di produttori di sughero) dovrebbe anticipare anche i tempi di raccolta a 15-18 anni visto che solitamente l’estrazione si effettua dopo 25 anni di vita dell’albero.
Nel 2024 le esportazioni portoghesi di sughero sono diminuite del 5,2% attestandosi a poco meno di 1,2 miliardi di euro, interrompendo una serie di record consecutivi di crescita. A pesare sono state le difficoltà del settore vinicolo a livello mondiale che ha comportato un calo delle esportazioni influenzato dalla riduzione della domanda di tappi di sughero, che rappresentano oltre il 70% del totale esportato dal settore. La Francia, lo scorso anno, è rimasta il principale importatore di sughero portoghese, seguita da Spagna, Stati Uniti, Italia e Germania. Nonostante il calo delle esportazioni, il presidente di Apcor Paulo Américo de Oliveira, in una nota stampa di metà febbraio scorso, ha sottolineato che «il settore sta rispondendo con misure di adattamento e continueremo a investire nell’innovazione, nella diversificazione del mercato e nella promozione internazionale del sughero, come un modo per rilanciare le esportazioni del settore e tornare a una linea di crescita in linea con gli anni precedenti».
Attualmente il Portogallo mantiene la leadership nella produzione di sughero, con una produzione media annua di circa 185 mila tonnellate, che corrisponde a più della metà del totale mondiale, seguito dalla Spagna con 88mila tonnellate (26%) e dall’Italia con 20mila (6%). Il Portogallo possiede inoltre la più grande capacità industriale e commerciale al mondo per la lavorazione del sughero e l’esportazione dei prodotti derivati ??già lavorati, in contrasto con la tendenza all’esportazione del sughero in tavole, che ha caratterizzato l’inizio dell’attività sughericola in Portogallo. Il Paese trasforma circa il 70% della produzione mondiale, tra cui una percentuale considerevole di sughero proveniente dalla Spagna. La lavorazione media annua del sughero si aggira intorno alle 150 mila tonnellate, di cui circa 120 mila tonnellate vengono esportate.
I riferimenti storici al sughero come prodotto di esportazione per il Regno Unito e le Fiandre risalgono al XIV secolo, dove veniva utilizzato principalmente per la costruzione di galleggianti per attrezzi da pesca. Durante questo periodo, le sugherete furono soggette a leggi che ne proibivano l’abbattimento e ne limitavano lo sfruttamento, il che non impedì tuttavia la drastica riduzione della superficie occupata dalla specie nel Paese. Nel XVIII secolo, la comparsa in Portogallo del tappo di sughero per l’imbottigliamento del vino e la pubblicazione del primo compendio sulla coltivazione della quercia da sughero da parte di Fragoso de Sequeira contribuirono alla valorizzazione delle foreste di quercia da sughero e del sughero. L’industria del sughero in Portogallo nacque a metà del XIX secolo, inizialmente con piccoli stabilimenti dedicati alla fabbricazione manuale di tappi cilindrici, distribuiti principalmente nel sud del paese. Dopo la prima guerra mondiale si verificò un grande sviluppo dell’industria del sughero, con un incremento che raggiunse i 10mila lavoratori intorno al 1930, il che contribuì ad assicurare al Portogallo la leadership nella produzione mondiale di sughero. Il processo di trasformazione industriale del sughero avveniva essenzialmente all’estero, in paesi come gli Stati Uniti, ma diverse aziende avevano rappresentanze nel Paese come centri di acquisto della materia prima.
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