Non nominare la pizza napoletana invano. Il nuovo “comandamento” è scritto nero su bianco nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea nel regolamento 2022/2313 del 28 novembre, che ha dato corso alla richiesta dell’Italia a Bruxelles di garantire la protezione “con riserva” del nome per la “Pizza Napoletana” Stg. Di fatto la specialità napoletana è Stg dal 2010, la svolta, come spiega la Fondazione Qualivita, è stata la richiesta del cambio del regime di protezione da “senza riserva del nome” a “con riserva del nome” al fine di salvaguardare la registrazione del prodotto. Nel concreto, a partire dal 18 dicembre, nessuno in Italia e in Europa potrà più scrivere “pizza napoletana” nei menu o nelle confezioni senza la certificazione Stg e, quindi, se non saranno rispettati tutti i criteri necessari, ovvero: ore minime di lievitazione, stesura a mano della pasta, cottura esclusivamente in forno a legna ad una temperatura di 485°C, altezza del cornicione di 1-2 cm, con il controllo di un ente terzo di certificazione. E, come spiega Coldiretti, i limiti riguardano anche gli ingredienti che devono essere Made in Italy, dall’olio extravergine d’oliva al il basilico fresco, passando per Mozzarella di Bufala Campana Dop o la Mozzarella tradizionale Stg. I pomodori invece potranno essere pelati o freschi.
Il nuovo regolamento offre la possibilità di migliorare la trasparenza verso i consumatori sulla produzione di un piatto simbolo del Made in Italy, mettendo in sicurezza la sua meritata fama internazionale – racconta Coldiretti – proprio alla vigilia del quinto anniversario dell’iscrizione “dell’arte del pizzaiuolo napoletano” come patrimonio immateriale dell’umanità dell’Unesco avvenuta il 6 dicembre 2017. La pizza è anche parte fondamentale di un sistema economico che genera un fatturato che ha superato i 15 miliardi di euro, con un’occupazione stimata in oltre centomila addetti a tempo pieno e sale fino ai duecentomila nel weekend. Ogni giorno, considerando soltanto l’Italia, si sfornano circa otto milioni di pizze, con un utilizzo stimato – durante tutto l’anno – di duecento milioni di chili di farina, duecentoventicinque milioni di chili di mozzarella, trenta milioni di chili di olio di oliva e duecentosessanta milioni di chili di salsa di pomodoro.
L’articolo è stato pubblicato sul Settimanale Tre Bicchieri del 1° dicembre
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