Riso e verdure. Sono questi gli ingredienti principali alla base degli Oyasai Crayons, colori nati dagli scarti alimentari e commercializzati attualmente in Giappone, Taiwan, Corea, Singapore, Hong Kong, Dubai e Stati Uniti. A idearli, la grafica giapponese Naoko Kimura, in cerca di pastelli naturali senza sostanze chimiche per far divertire in maniera sicura i propri figli. Perché, allora, non creare un brand non solo naturale e adatto ai più piccoli, ma anche rispettoso dell’ambiente e fatto a partire da eccedenze che sarebbero state altrimenti trasformate in rifiuti? Da questa idea è nato il progetto degli eco-colori, dapprima come hobby fai-da-te e poi divenuto un vero business: una linea di pastelli vegetali fatti con scarti di frutta e verdura, bucce, steli, foglie.
Alla base di tutto, prima ancora degli ortaggi, si trovano cera di crusca di riso solida e olio di crusca di riso, entrambi sottoprodotti del processo di lucidatura del riso che in altri contesti non verrebbero utilizzati. Ma non finisce qui: il colore stesso è dato da materiali riciclati, dagli scarti di quegli alimenti e ingredienti ricchi di pigmenti naturali che generalmente colorano i piatti. Ogni pastello (simile a quelli classici a cera nell’aspetto) è quindi fatto con componenti commestibili e non nocive, per la gioia di tutti i genitori costretti a controllare che i bimbi non mettano – come spesso accade – i pastelli in bocca.
Gli Oyasai Crayons dell’azienda Mizuiro Inc. sono prodotti in Giappone, in una linea di 10 colori, ricavati dalla cipolla, la patata dolce, la bardana (una pianta erbacea), il mais, la carota, la mela, la patata viola, ribes nero, il takesumi (il carbone di bambù) e altri ancora. Scarti alimentari raccolti e convertiti in colori, come le foglie di cavolo esterne, oppure le bucce di mela avanzate dalla produzione di chips disidratate, “gli agricoltori raccolgono per noi le parti scartate che vengono trasformate in colori”, ha spiegato l’imprenditrice giapponese. Il risultato? Un prodotto ecologico, sicuro e che sostiene l’economia circolare, oltre alle produzioni locali.
a cura di Michela Becchi
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