La Securities and Exchange Commission statunitense (Sec) ha dato il via libera alla quotazione alla Borsa di New York della Jbs, più grande azienda produttrice di carne al mondo che fa base in Brasile. Una multinazionale che ha provato più volte a intraprendere la strada della quotazione, ma è stata sempre rallentata dalle accuse di corruzione e deforestazione dell’Amazzonia, la foresta pluviale più grande del mondo fondamentale per la stabilizzazione dell’atmosfera terrestre (qui una ricostruzione di Bloomberg). L’ingresso nel mercato azionario della Jbs è quasi certo: Donald Trump, subito dopo essersi insediato per il secondo mandato, ha ridotto notevolmente l’autonomia della SEC chiedendo esplicitamente che il lavoro fosse controllato anche dal Presidente stesso. Un elemento non da poco che ha permesso alla multinazionale – una delle aziende finanziatrici del comitato per l’insediamento dello stesso Trump – di percorrere una strada in discesa rispetto al passato. La Sec, quindi, ha concesso una dichiarazione di efficacia, il che significa che non ha obiezioni alla proposta del colosso di quotarsi negli Stati Uniti. Gli azionisti voteranno sulla proposta in un’assemblea il 23 maggio.
La decisione della SEC è arrivata pochi giorni dopo che i documenti della campagna elettorale avevano rivelato che una delle sussidiarie della Jbs, il produttore di pollo Pilgrim’s Pride, aveva donato 5 milioni di dollari alla campagna per l’insediamento del presidente Donald Trump, la cifra più grande mai donata da una singola azienda. La Mighty Earth, un’organizzazione globale di advocacy che lavora per difendere il pianeta, in passato ha presentato cinque ricorsi alla SEC per contestare la quotazione di JBS. Secondo la stessa, la decisione dell’agenzia dimostra che “non è più la SEC indipendente che ha sostenuto pratiche oneste sui mercati americani per quasi un secolo”.
Fino a poco tempo fa la SEC aveva respinto i tentativi della Jbs di quotarsi sulla borsa valori più grande del mondo, mentre legislatori e gruppi di pressione lavoravano per bloccare l’azienda. Negli ultimi mesi della prima amministrazione Trump, la commissione e il Dipartimento di Giustizia hanno multato JBS, la sua società madre, J&F Investimentos, e Joesley e Wesley Batista, i fratelli che controllano la maggior parte dell’azienda, per un totale di 280 milioni di dollari, dopo aver accertato che avevano corrotto circa 1.800 funzionari brasiliani, in parte per facilitare l’acquisizione di Pilgrim’s Pride da parte di JBS. La società ha fatto richiesta alla SEC a partire dal 2009, quando la sua divisione statunitense ha presentato la domanda per la prima offerta pubblica di acquisto. Nel 2023 l’azienda ha ripresentato la sua domanda più recente, a cui hanno fatto seguito diverse altre domande nel corso degli ultimi due anni.
I gruppi ambientalisti e gli enti di regolamentazione governativi accusano da tempo la Jbs di violazioni dei diritti umani, di appropriazione illegale di terre indigene, di sfruttamento del lavoro minorile e di approvvigionamento del proprio bestiame da terreni disboscati illegalmente nella foresta pluviale amazzonica. I fratelli Batista sono stati accusati dalle autorità brasiliane di aver corrotto i parlamentari dopo un’indagine governativa definita “la più grande indagine per corruzione della storia“. J&F Investimentos, azionista di controllo di Jbs, aveva inizialmente accettato di pagare 3,2 miliardi di dollari di multe, ma la Corte suprema brasiliana alla fine ha ridotto la multa di 2,1 miliardi di dollari in un accordo di clemenza. I ricercatori hanno calcolato che le emissioni di gas serra dell’azienda nel 2021, per lo più legate alla deforestazione e al metano, equivalgono alle emissioni totali della Spagna. Si stima inoltre che la sua attività di allevamento abbia causato la deforestazione di 1,7 milioni di ettari. L’azienda ha promesso di porre fine alla deforestazione illegale nelle sue catene di approvvigionamento entro la fine del 2025 e di raggiungere emissioni nette pari a zero entro il 2040. Ha però anche affermato di voler espandere la propria attività, cosa che, secondo i ricercatori ambientali, è del tutto incompatibile con un’attività che si basa su bovini che emettono metano e pascolano su terreni deforestati.
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