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Intervista senza filtri

"Occhipinti e Barraco a Vinitaly? Finti naturalisti che si sentono arrivati. Io non ci andrò mai". Lo sfogo di Angiolino Maule

Il presidente di VinNatur ne ha per tutti, dal mondo dei vini naturali a quello dei convenzionali

  • 11 Aprile, 2025

«Quando ho letto le loro dichiarazioni mi è venuto ribrezzo. Quella di andare a Vinitaly è una scelta commerciale. Non puoi dire che le fiere sono inutili. Le fiere sono un continuo scambio servono per chi viene dopo di noi, per far crescere i giovani».  Angiolino Maulevigneron nella zona collinare di Sorio di Gambellara con la piccola azienda familiare La Biancara, da anni tra i leader del movimento dei vini naturali, parla al Gambero Rosso e critica senza peli sulla lingua le interviste rilasciate sempre alla nostra testata da Arianna Occhipinti e Nino Barraco, i due vignaioli artigianali che quest’anno hanno creato scompiglio nel mondo dei vini naturali partecipando a Vinitaly.

Praticamente negli stessi giorni dal 5 al 7 aprile si svolgeva a Gambellara (Vicenza), la 20esima edizione di VinNatur Tasting, la manifestazione organizzata dall’Associazione VinNatur, di cui Maule è presidente e che può contare su 300 soci. Di questi produttori, ben 220 produttori erano a Gambellara per raccontare le proprie realtà e proporre in degustazione i loro vini, che quest’anno potevano anche essere acquistati utilizzando i carrelli disponibili all’ingresso. «Essere produttori di vino naturale non è solo un mestiere, è anche una missione. Siamo fermamente convinti che sia necessaria sempre più attenzione per questa Terra che ci è stata affidata – spiega Maule – Come produttori di vino naturale nel nostro lavoro cerchiamo di rispettare l’ambiente che ci circonda, ma l’impegno più importante resta sicuramente quello di formare le future generazioni, consapevoli di essere solo ospiti di passaggio che devono cercare di preservare le risorse disponibili per chi verrà dopo». In questo quadro si colloca anche il coinvolgimento nella manifestazione di ScuolaLibera, l’associazione di promozione della pedagogia steineriana.

Angiolino Maule, meglio vedersi a Gambellara per VinNatur che a Verona per il Vinitaly insomma?

Una volta i contadini si incontravano nelle piazze per confrontarsi. A Vinitaly con chi ti confronti? Se vai a Vinitaly è solo una scelta tua commerciale. Può farlo solo chi ha la pancia piena.

Il riferimento a Occhipinti e Barraco, produttori di vini naturali, è puramente casuale?

Sono davvero produttori di vini naturali? C’è qualcosa per dimostrarlo? Stare nella nostra associazione significa essere monitorati su vari aspetti, come per esempio l’uso di pesticidi e l’uso di strumenti per votare le malattie. Loro come fanno a dimostrare che sono naturali? E poi il vino naturale è una chimera: ti sembra di averlo già raggiunto e ancora devi fare tanto per raggiungerlo. Le stagioni non sono mai uguali alle altre. È tutto in evoluzione continuamente. Come fai a fare lo ‘sborone’ e dire che fai vini naturali? Ne ho le scatole piene di gente così.

Si è sentito sotto attacco dalle parole dei due produttori?

In genere noi siamo attaccati dal mondo dei vini convenzionali. È successo anche quest’anno al Vinitaly. Era previsto un dibattito mio con Riccardo Cotarella proprio l’8 aprile, ma è stato rinviato da Veronafiere. È la seconda volta che succede. Ho detto chiaramente che sarei venuto per un fare un confronto duro. Hanno paura di fare i conti ma così non va bene.

Perché hanno paura?

Noi abbiamo studiato molto di più in questi anni. E le nostre conoscenze valgono ormai molto di più rispetto a una laurea presa decenni fa sui testi scritti nel decennio precedente. E dopo tutto questo lavoro mi ritrovo pure due come Occhipinti e Barraco che fanno i fighi. Hanno la pancia piena e non fanno il bene degli altri: sono amareggiato.

Ma non trova anche lei che le fiere del vino siano troppe e dispersive?

Su questo punto sono d’accordo, ma sarà il mercato che farà selezione. Se ogni anno partecipi a una fiera e alla lunga non guadagni più vuol dire che non parteciperai più e che quella fiera non si farà più.

E quest’anno com’è andata a VinNatur?

Quest’anno abbiamo avuto una riduzione del 20% dei visitatori privati, ma abbiamo mantenuto gli stessi numeri tra i giornalisti e gli operatori. Facile organizzare una fiera, ma noi facciamo le fiere che servono per seminare conoscenza nei giovani e per verificare la crescita del movimento dei vini naturali. All’interno di Vinitaly una cosa del genere non potrei mai farla. In sintesi: rispetto le scelte degli altri, ma gli altri rispettino le nostre scelte senza fare i professorini.

Quindi il rischio che a queste fiere ci sia poca gente esiste.

Sì, il rischio c’è. Ma il problema è anche la crisi economica. C’è un grande malcontento, provocato anche dalle guerre. E i dazi sono la goccia che fa traboccare il vaso.

Ma per i produttori di vini naturali non c’è anche il  pericolo di restare chiusi in un ghetto culturale? Occhipinti e Barraco hanno fatto intendere in fondo che bisognerebbe presentarsi nel mercato non solo come collettivo ma anche con la propria specifica individualità.

Quello che dicono Occhipinti e Barraco non è possibile. Nel mio territorio sono vicino ad alcuni produttori di vino convenzionali ma con loro non abbiamo nessun tipo di dialogo né confronto di lavoro. Viceversa, con gli altri produttori di vino naturale c’è sempre bisogno di confrontarsi ogni anno sia sul lavoro che facciamo sia sui prodotti che offriamo. Se ti isoli e vai al Vinitaly vuol dire che ti senti arrivato. Va bene, ma non criticare gli altri. Arianna Occhipinti è una abile venditrice, Nino Barraco non so che fa. E io non sopporto più gli sciocchi.

Però Vinnatur e altri eventi dei vini naturali si fanno proprio negli stessi giorni del Vinitaly. In effetti sembra fatto apposta per creare una separazione tra due mondo del vino italiano? Non ha mai pensato di spostare le date per non creare contrapposizioni?

Noi cominciamo il sabato, un giorno prima del Vinitaly, e chiudiamo il lunedì, due giorni prima della fine della fiera di Verona. In questo modo non c’è sovrapposizione, ma c’è l’opportunità per chi va al Vinitaly di passare anche da noi. Per molti importatori è l’occasione per fare un weekend lungo e produttivo. Lo fanno in tantissimi e non c’è nessuna contrapposizione.

Ma Vinitaly non ha fatto passi in avanti? Quest’anno ha ospitato anche un evento dedicato ai Raw Wine con la presenza di oltre 120 produttori artigianali da tutto il mondo…

No, non vedo segnali di apertura. Raw Wine è una iniziativa creata da Isabelle Legeron, una master of wine francese: trovo scarsa la selezione di aziende che non usano lieviti, non usano chimica, è un evento che semplicemente cavalca l’onda. Certo, sanno fare eventi, ma così è solo una moda, una cosa falsa.

Quindi lei esclude di andare mai a Vinitaly?

Se un giorno bisognerà chiudere la nostra manifestazione la chiuderò, ma non andrò mai al Vinitaly con il mio banchetto. È evidente che lì non posso fare il bene per gli altri. Quando hanno fatto saltare il convegno con Cotarella hanno tirato fuori una scusa ridicola: non ho lo stand a Veronafiere. Ma che significa? Se necessario per confrontarsi, vengo e pago il biglietto. Ma non è andata così. L’apertura l’ho fatta io. Ho detto: vediamoci e chiariamo la faccenda. Non sono riuscito a fare questo confronto, ma non per colpa mia.

Da quel che sento, però, Occhipinti e Barraco l’hanno irritata perfino di più di Cotarella…

Da parte di un convenzionale, posso accettare certi atteggiamenti. Ma da parte di uno ‘pseudonaturalista’ ho difficoltà ad accettarlo. Nei primi anni Occhipinti e Barraco venivano alla nostra fiera. Da tanti anni ormai non ne fanno più parte, preferendo altri eventi. Ma francamente non so nulla di loro. Noi contiamo più di 300 associati. E lo ripeto: se vuoi che il movimento vada avanti c’è bisogno dei più vecchi per aiutare i giovani.

Vinnatur è in pista ormai da 20 anni. Qual è il suo bilancio?

Noi siamo sempre qui con la stessa consapevolezza: le cose che non conosciamo sono molte di più di quelle che conosciamo. Diciamolo anche ai professorini. Noi con le fiere ci autofinanziamo: i ricavi che facciamo li usiamo per investire nella ricerca. Al Vinitaly investono in capannoni. In questi anni siamo cresciuti tantissimo: abbiamo superato i 300 associati e ben 220 di loro erano presenti alla fiera.

Quali attività vi contraddistinguono?

In primo luogo, la ricerca. Abbiamo in piedi varie sperimentazioni che vanno dall’ecosistema del suolo alla fisiologia delle piante. Per esempio, per capire meglio la peronospora e per trattare sempre meno le viti. Tutto ciò che apprendiamo lo divulghiamo poi ai nostri soci: le cifre necessarie per la ricerca sono consistenti, un singolo vignaiolo non potrebbe mai farcela. E poi c’è la beneficenza. Manteniamo 600 bambini in Costa d’Avorio tramite versamenti a un ospedale di religiose.

E per il futuro quali progetti avete?

Cominciamo a pensare che potremmo fare a meno di svolgere la fiera in contemporanea con Vinitaly. E fare più fiere girando nelle varie città d’Italia. In questo momento le nostre regioni più all’avanguardia sono la Liguria, grazie a Luca Gargano, fondatore di Triple A che ha seminato moltissimo, e il Veneto, grazie alla mia presenza. Fare crescere il movimento in altri regioni sarebbe una bella idea, alla faccia di chi va al Vinitaly.

E all’estero?

Abbiamo fatto una fiera a New York il 13-14 gennaio con ben 38 importatori americani: un successo, tanto che hanno in mente di farlo diventare un appuntamento annuale, ma vediamo come va con i dazi. Inoltre, l’anno prossimo proveremo ad organizzare VinNatur Paris. Sia chiaro che all’estero non guadagni nulla: devi accumulare nelle fiere italiane per poi investire nelle promozioni fuori dall’Italia ed evitare di lasciare nell’anonimato i produttori meno conosciuti. Ma se andassimo al Vinitaly tutto questo non sarebbe possibile. Posso chiederle di scrivere un’ultima cosa?

Prego.

Non sanno neanche che cosa hanno detto questi due qua che ha intervistato. Ora riprendo il trattore e vado zappare le file.

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