
15 aprile, 1452: nasce Leonardo Da Vinci, simbolo del genio italico nel mondo. 15 aprile 2025: la seconda edizione della Giornata del made in Italy, alla Camera dei deputati, celebra McDonald’s come uno dei protagonisti, dei volti, del “made in Italy” nel mondo. La prima considerazione spontanea, rispetto alla scelta della data di nascita di Leonardo come Giornata del made in Italy, è se non sarebbe stato meglio aspettare il 2 maggio, data della morte dello scienziato italiano, per celebrare McDonald’s. Questo non per motivi ideologici, ma perché se il made in Italy è rappresentato dal modello Mc, allora sembra davvero che l’Italian Style abbia più poco da dire. Tanto più dopo aver sentito le considerazioni del ministro Lollobrigida (Fratelli d’Italia) sulla bontà del nostro cibo contro lo spam made in Usa. Ma riavvogliamo un po’ il nastro della giornata di celebrazione…
Il convegno alla Camera dei Deputati è stato organizzato e aperto dall’onorevole Luca Toccalini, Lega, che presenta – e sottolinea il paradosso – McDonald’s Italia come uno dei protagonisti della filiera dell’agroalimentare tricolore. Dopo di lui è la volta del messaggio di Antonella Sberna, politica viterbese ora in Fratelli d’Italia, che è stata eletta al parlamento Europeo di cui copre una delle vicepresidenze. Un peana per il genio italico di Mc. Filiera, inclusione, rispetto per l’ambiente, occupazione e così via… per citare alcuni dei pregi della multinazionale di origine yankee. Era atteso anche uno dei vicepresidenti della Camera, l’onorevole Fabio Rampelli, ma non è arrivato al convegno. Chissà se ha declinato perché memore dei suoi proclami nel suo recente passato politico contro i fast food a Roma… Sta di fatto che nel racconto di Alessandro Marangoni (economista, professore e Ceo di Althesys) che fa l’analisi del protagonismo di Mc nello scenario italiano, emerge come i 51 ristoranti della catena aperti lo scorso anno abbiano portato ricadute dirette sull’economia del nostro Paese per 107 milioni di euro. E che dire, poi, se si considerano tutti i 760 McDonald’s presenti in Italia?
Poi tocca all’amministratrice delegata di McD Italia, Giorgia Favaro, che ricorda come ogni anno il suo gruppo tiri fuori 400 milioni di euro per la filiera italiana acquistando polli e uova da Amadori, carni di manzo da Inalca (Cremonini), caffè di Ottolina e bacon dai F.lli Beretta. Tutte grandi realtà dell’agroindustria italiana. Nella narrazione, entrano anche i rapporti tra la catena di fast food e i Consorzi di Dop e Igp italiani: contatti instaurati dal 2008 e che hanno portato a inserire nelle ricette dei panini “American Style” ben 22 prodotti a denominazione di origine. Questo a sottolineare l’attenzione verso la filiera e la qualità del made in Italy. Bene, benissimo… Ovviamente, al netto delle polemiche e delle inchieste sugli allevamenti intensivi nel nostro Paese…
Ma insomma, al di là di cosa se ne pensi di McDonald’s e fermo restando che non fa certo male all’Italia se un gigante del genere aiuta la filiera del pomodoro di Pachino o delle pere dell’Emilia Romagna Igp (come ricorda Giorgia favaro), una riflessione viene abbastanza spontanea: è possibile pensare di presentare il Big Mac come bandiera del made in Italy? I simboli, si sa, sono importanti: fanno parte dei tasselli che costruiscono il nostro Dna. Che Mac si presenti come il salvatore della patria, può anche starci: è legittimo per chi investe nelle nostre industrie alimentari. ma che sia il Parlamento italiano a farlo, sembra un po’ meno consono! Nel senso: McDonald’s non è solo investimento in manzi e polli, pere o pomodori: è un modello, il fast food di stile statunitense. E cosa c’entra con l’Italian Style?
Be’, vero che la Giornata è dedicata al made in Italy, ma comunque alla base del nostro prodotto c’è – o dovrebbe esserci – lo stile di vita, quello sì di grande appeal nel mondo. Ma questo negli hamburger di Mac non c’è. Ferme restando tutte le sue qualità, anche positive, per il nostro Paese: dai livelli di occupazione alla sostenibilità dei packaging (erano presenti all’incontro anche Roberto Calugi di Fipe e Andrea D’Amato di Seda, leader nel packaging sostenibile a base di carta), è davvero difficile – per quanto possa essere forte la provocazione e il paradosso – far passare il Chickenburger come una bandiera del made in Italy. Il punto, poi, è che quando è spimto alle streme conseguenze e senza una comprensibilità di fondo condivisa, il paradosso e la provocazione rischiano di diventare goliardia. E sinceramente, nella nostra Storia e all’interno di quella Camera dei Deputati, ne abbiamo vista di goliardia, di quella che forse è meglio non ripetere più.
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