Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca e l’annuncio dei dazi reciproci – congelati per 90 giorni – ha fatto fare un salto indietro nel tempo a molti americani. L’attuale presidente, infatti, già durante il primo mandato, aveva imposto dazi che furono meno impattanti, ma molto criticati nel dibattito interno. Le critiche furono talmente forti e ben motivate che anche l’Usda, il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, nel gennaio 2022 pubblicò un report nel quale metteva in luce come i dazi di ritorsione sui prodotti americani portarono a perdite per 27 miliardi di dollari alle esportazioni agricole, in gran parte causate dagli scambi commerciali con la Cina compromessi.
I dazi di ritorsione nel 2018 hanno portato a una significativa riduzione delle esportazioni agricole statunitensi verso i partner coinvolti. A livello nazionale, le perdite dirette nelle esportazioni agricole statunitensi dovute ai dazi di ritorsione hanno totalizzato oltre 27 miliardi di dollari tra il 2018 e la fine del 2019. Tra i partner coinvolti, la Cina ha rappresentato circa il 95% delle perdite (25,7 miliardi di dollari), seguita dall’Ue (0,6 miliardi di dollari) e dal Messico (0,5 miliardi di dollari), con quote minori di Canada, Turchia e India. Le stime che analizzavano le perdite annualizzate per alcune materie prime dovute ai dazi di ritorsione sono state di 13,2 miliardi di dollari da metà 2018 a fine 2019.
I danni che questa politica causerà non sono sfuggiti ad alcuni membri del governo tanto che lunedì scorso la Segretaria all’Agricoltura Brooke Rollins ha dichiarato al Des Moines Register che la sua agenzia è pronta a risarcire gli agricoltori colpiti dai dazi attraverso programmi di assistenza finanziaria. Sotto la prima amministrazione Trump, il Dipartimento dell’Agricoltura ha cercato di arginare gli effetti dalla sua politica commerciale inadeguata erogando 27 miliardi di dollari in sussidi agli agricoltori. Questa volta però i danni rischiano di essere ben più impattanti. L’annuncio del 2 aprile ha innalzato le tariffe su tre dei cinque maggiori partner commerciali dell’America nel settore agricolo: Cina (34%), Unione Europea (20%) e Giappone (24%). Il Messico e il Canada, che sono i due maggiori partner commerciali dell’America, sono stati esentati dall’elenco, ma da marzo devono pagare dazi del 25% su alcuni prodotti. Insieme, questi cinque mercati rappresentano oltre il 60% delle esportazioni agricole americane e alcuni di essi hanno già applicato tariffe di ritorsione.
Dopo il 2 aprile la Cina ha applicato immediatamente una tariffa aggiuntiva dal 10 al 15 percento su soia, cotone, carne di maiale e pollame americani. A marzo, il Canada ha annunciato tariffe di ritorsione su una serie di beni americani, tra cui 5,8 miliardi di dollari di prodotti agricoli. L’Unione Europea, nel frattempo, sta valutando una serie di dazi che avranno un impatto sul settore agricolo. Se da un lato queste “tariffs” rendono più difficile per gli agricoltori americani l’accesso ai mercati esteri, riducendo così i ricavi, dall’altro potrebbero far aumentare i costi di produzione e il prezzo dei fertilizzanti, che sono una delle spese più importanti per l’agricoltura. Le importazioni dei tre nutrienti più comunemente utilizzati nei fertilizzanti – potassio (potassa), azoto e fosforo – avevano raggiunto i 10 miliardi di dollari nel 2023. Il potassio, che è una componente insostituibile della produzione agricola moderna proviene prevalentemente dal Canada. L’azoto, invece, viene importato principalmente dal Canada (che da solo soddisfa il 10% del fabbisogno americano), dalla Russia e da Trinidad e Tobago.
Con gli agricoltori che devono affrontare costi di produzione più elevati e i prodotti importati che vengono tassati, i consumatori non possono che aspettarsi un aumento dei prezzi dei prodotti alimentari. Un esempio pratico è possibile farlo con le uova: dopo l’epidemia di influenza aviaria gli Stati Uniti hanno importato uova dalla Turchia, che quest’anno ha già spedito in America 15mila tonnellate di uova. Con le nuove tariffe, le uova importate dalla Turchia saranno soggette a una tassa del 10%. Aumenteranno anche i costi di importazione delle banane dal Guatemala (i dazi sono al 10%), del caffè istantaneo dal Vietnam (tariffa del 46%), della vaniglia dal Madagascar (tariffa del 47%) e di molti altri prodotti. Con i negozi di alimentari che operano con bassi margini di profitto, questi costi saranno inevitabilmente trasferiti agli acquirenti americani.
© Gambero Rosso SPA 2025
P.lva 06051141007 Codice SDI: RWB54P8 Gambero Rosso registrazione n. 94/2021 Tribunale di Roma
Modifica impostazioni cookie
Privacy: Responsabile della Protezione dei dati personali – Gambero Rosso S.p.A. – via Ottavio Gasparri 13/17 – 00152, Roma, email: [email protected]
Resta aggiornato sulle novità del mondo dell’enogastronomia! Iscriviti alle newsletter di Gambero Rosso.
© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati.
Made with love by Programmatic Advertising Ltd
Made with love by Programmatic Advertising Ltd
© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati