In questo momento di difficoltà, determinato dalle incertezze proposte da una parte dalla crisi economica e dell’altra dalle follie relative ai dazi, riflettere sulle strategie di pricing diventa determinante. Il nostro cervello si lascia fortemente condizionare da semplificazioni e bias. Un autore, tempo fa, era riuscito a contarne circa 168. Ovvero 168 semplificazioni o scorciatoie che si basano sulla consapevolezza che abbiamo due diversi sistemi decisionali. Il primo, chiamato dal Premio Nobel per l’Economia del 2020, Daniel Kahneman, Sistema 1 caratterizzato da rapidità di azione, da istintualità ed emozione e, il secondo, il Sistema 2 che funziona molto più lentamente ma che garantisce razionalità e logicità delle scelte.
Più volte, è stato dimostrato che il nostro usuale modo di leggere la realtà e decidere è fortemente condizionato e guidato dal Sistema 1, ovvero le emozioni. E questo vale anche per le decisioni in base al prezzo di un prodotto. In fondo, il prezzo è solo l’esito di una percezione soggettiva. Faccio un esempio: se chiedessi a un gruppo di persone di rispondere al seguente quesito: “Durante i saldi natalizi stai per comprare un prodotto a 70 euro. Ma un amico ti informa che a 10 minuti di strada un negoziante vende lo stesso prodotto a 45. Cosa fai, ci vai?”. La maggior parte delle persone afferma di andare. Ma se pongo la domanda in questi altri termini: “Durante i saldi natalizi stai per comprare un televisore da 1.170 euro. Un amico ti informa che a 10 minuti di strada un negoziante lo vende a 1.145. Cosa fai, ci vai? La maggior parte dice di no. Nel primo caso, si risparmierebbero 25 euro, così come nel secondo caso. Eppure, i 25 euro nel secondo caso vengono “percepiti” come se avessero meno valore.
Si comprende bene come il valore oggettivo delle cose non coincida con il loro valore soggettivo; inoltre, che il contesto in cui viene presentato un prezzo ne modifica la sua percezione e, quindi, le decisioni di acquisto. Questo effetto esclusivamente emozionale lo registriamo anche con le nostre indagini neuroscientifiche. Il secondo quesito, analizzandone l’effetto con un elettroencefalogramma (Eeg), attiva di più il cervello e con una maggiore valenza negativa. Ciò perché siamo profondamente condizionati dalla dimensione emotiva con cui viene presentato un prezzo e non dalle sue declinazioni puramente razionali o matematiche. Inoltre, il nostro cervello è pigro.
Adaval e Monroe (2002) spiegano che: «…è improbabile che le informazioni sul prezzo di un prodotto vengano codificate nella memoria in termini di cifre numeriche esatte, ma piuttosto vengono codificate spontaneamente in termini di grandezza più generali (ad esempio, “basso”, “alto”). Pertanto, il prezzo numerico è suscettibile all’influenza del suo contesto originale, quando persone cercano di ricostruirlo in seguito» (pp. 585). Con una memoria così vaga, si può indurre le persone a ricordare una grandezza minore, come per esempio si può fare con la banale adozione del prezzo a terminale 9. Ecco che una differenza di un centesimo tra 3,80 e 3,79 euro non è importante. Tuttavia, una variazione di un centesimo tra 3,00 e 2,99 euro farà un’enorme differenza. In questa pillola, si comprende il valore delle tecniche di pricing che inducono, inconsciamente, le persone a percepire il vostro prezzo come più basso, il tutto senza cambiare l’entità intrinseca. Nei prossimi numeri, descriveremo i principali trucchi di pricing.
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