Miglior liquore alle erbe d’Italia, numero uno tra gli amari italiani e a livello mondiale: ha vinto numerosi riconoscimenti l’Amaro Camatti, specialità ligure nominata come miglior amaro del mondo dal World Liqueur Awards, tra le competizioni più importanti del settore degli spirits a livello mondiale. “Questi riconoscimenti ci rendono orgogliosi” ha dichiarato Stefano Bergamino, proprietario della Distilleria Cinque Terre che detiene il marchio, “e segnano una nuova tappa per noi. L’affetto che da sempre ci riservano i liguri racconta molto del valore e della qualità del nostro prodotto, ma siamo felici che vengano premiati a livello internazionale”.
La ricetta è la stessa di sempre, segretissima, fatta con fiori, erbe, radici aromatiche. A metterla a punto fu il chimico livornese Umberto Briganti che, con il fratello Cesare, avviò la produzione a Recco, dando vita all’amaro che porta ancora oggi il cognome della moglie. Anche il procedimento è perlopiù quello del 1924: dopo l’infusione e la macerazione, il prodotto viene messo a decantare in botti o fusti di acciaio inox e poi filtrato. Un po’ di sciroppo di acqua e zucchero ed ecco l’amaro che tutti conosciamo, un’istituzione in Liguria, simbolo di Genova che negli anni ha puntato tutto sul legame con il territorio e l’animo marittimo della città. E che dall’inizio venne apprezzato da consumatori di ogni rango, nobili compresi: nel ’35 la ditta venne riconosciuta come “Fornitore della casa di Sua Altezza Reale il Principe di Piemonte”, con la concessione di tenere innalzato lo Stemma Principesco sull’insegna dello stabilimento.
Indissolubilmente legata alla sua terra, l’azienda venne messe a dura prova durante la Seconda Guerra Mondiale: gli Alpini della Monterosa requisirono il secondo piano, mentre quello inferiore fu appannaggio dei soldati della Wehrmacht di stanza a Recco. Venne sequestrato persino lo zucchero, ma la ditta riprese la produzione immediatamente dopo la guerra. Una produzione rimasta familiare per molti anni, dapprima con il fondatore e poi con il figlio Cesare, che a sua volta continuò insieme a suo figlio fino al 1989, quando il marchio passò in mano alla Sangallo, fondata da Giovanni Bergamino. Una storia lunga un secolo che continua ad appassionare i genovesi, affezionati all’iconica bottiglia – anche l’etichetta fu ideata e depositata da Briganti – onnipresenti nelle case di una volta e ancora oggi imprescindibile per le famiglie liguri.
a cura di Michela Becchi
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