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Il manzo Wagyu ora è prodotto con stampante 3D. La novità dal Giappone

Attraverso l’isolamento delle cellule staminali, gli scienziati giapponesi hanno ricreato il pregiato manzo Wagyu. Come? Con una stampante 3D.

  • 02 Settembre, 2021

Il manzo Wagyu “stampato”

Inutile girarci attorno: il dibattito – etico, ambientalista, morale – sulla carne è uno dei temi caldi degli ultimi anni. Complice anche la sempre maggiore informazione sul cambiamento climatico, la scelta di rinunciare o comunque ridurre il consumo di carne continua a essere una delle questioni più accese in campo alimentare. Lo dimostrano il boom dei surrogati di carne, l’aumento di persone che scelgono di seguire un regime vegano o vegetariano e le tante iniziative da parte di chef e addetti ai lavori per ridimensionare l’apporto di carne. L’ultima novità arriva da Osaka e riguarda uno dei prodotti più pregiati: il manzo Wagyu, ora realizzato sinteticamente da una speciale stampante in 3D.

La stampa 3D per la carne

Un progetto portato avanti da un gruppo di ricercatori dell’università di Osaka, che hanno studiato un modello particolare di stampante dotato di tecnologia avanzata in grado di ricreare il manzo dalle cellule staminali isolate della carne. “Utilizzando la struttura istologica del manzo Wagyu come modello, abbiamo sviluppato un metodo di stampa 3D in grado di produrre strutture complesse su misura, come fibre muscolari, grasso e vasi sanguigni”, ha spiegato lo scienziato Dong-Hee Kang. Restituendo così sapore, colore e consistenza del costoso taglio di carne, caratterizzato dall’ottima marezzatura, ovvero l’omogenea distribuzione del grasso all’interno del tessuto muscolare.

L’impatto ambientale degli allevamenti intensivi

Un prodotto simile ma non identico all’originale, che potrebbe però rappresentare una soluzione per tutti coloro che vogliono ridurre il quantitativo di carne senza rinunciare troppo al gusto e alle ricette preferite. Un sistema meno impattante a livello ambientale: secondo i dati forniti dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, gli allevamenti intensivi sono responsabili del 15,1% del particolato PM 2,5 in Italia. Insomma, inquinano più gli allevamenti delle automobili, per non parlare delle emissioni di CO2: 502 milioni di tonnellate l’anno arrivano solo dall’intero settore zootecnico.

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