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Il freddo primaverile fa crollare la produzione di miele. È allarme per rischio adulterazione

Il cambiamento climatico continua a colpire le api, responsabili della riproduzione della maggior parte delle specie vegetali. Calano i consumi di miele, mentre aumenta l’import, con tanto di rischio di adulterazione.

  • 14 Giugno, 2023

Il freddo anomalo di quest’anno sta dando i suoi risultati. La produzione di miele primaverile – la maggioranza – è compromessa, con un crollo stimato fino all’80% sul 2022. La siccità che ha seguito le basse temperature non ha aiutato la campagna, già messa a dura prova da pioggia e vento, che hanno rovinato i fiori e impedito alle api di volare.

Il calo della produzione di miele

Un calo che ha colpito 1.5 milioni di alveari italiani, curati da circa 73mila apicoltori in tutta la Penisola. “La produzione primaverile è quella principale perché, andando avanti, le fioriture si riducono” spiega Lorenzo Bazzana, responsabile economico della Coldiretti. Le piante fioriscono prima in pianura e poi in collina e in montagna, “anche se con il cambiamento climatico questa differenza si sta assottigliando”, ma i mesi più floridi sono quelli appena trascorsi, aprile e maggio, caratterizzati quest’anno da un insolito freddo. A risentirne non è solo il miele: 3 colture alimentari su 4 dipendono parzialmente dall’impollinazione delle api, come mele, pere, fragole, ciliegie, angurie e meloni. Le api sono responsabili, infatti, del 70% della riproduzione di tutte le specie vegetali.

Il miele importato e il rischio adulterazione

Che le api – insetti fondamentali per la biodiversità del Pianeta – siano a rischio, non è più una novità. Per questo motivo, negli ultimi anni sono stati introdotti dei divieti sull’uso dei cosiddetti neonicotinoidi, gli insetticidi più pericolosi per le api, considerati responsabili della morìa della specie in Europa. “Il problema di questo tipo di trattamenti è la scarsa aderenza al seme e la diffusione nell’ambiente circostante” spiega Bazzana, “ma più in generale oggi la minaccia principale è la crisi climatica, che si aggiunge alle malattie derivate dai trattamenti sbagliati”. Mentre la produzione cala, l’import aumenta: nel 2022 si è registrato un +12%, con oltre 26.500 tonnellate, ben oltre la metà dei consumi. La maggior parte del miele importato viene dalla Turchia, Cina, Romania e Ucraina, e molti di questi prodotti sono sospettati di adulterazione (quasi 1 su 2). Ovvero mieli addizionati di sciroppi di zucchero ricavati da grano, riso e barbabietola da zucchero: i carichi incriminati (il 74%) arrivano principalmente dalla Cina.

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