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Intervista

"Dazi sul vino? Servono accordi per scongiurare scenari nefasti". Parla il guru della ristorazione italiana a New York

I dazi imposti da Trump potrebbe abbassare la qualità dei prodotti dei ristoranti e ridurre il consumo di vino italiano, favorendo alternative locali

  • 09 Aprile, 2025

«Tocca trovare un accordo al più presto per scongiurare uno scenario nefasto per tutti», dice Giuseppe Bruno, proprietario del ristorante Sistina a New York, premiato quest’anno con le Tre Forchette dal Gambero Rosso, forte di un’incredibile cantina di vino con oltre 50mila etichette. «La ristorazione italiana è tra le più apprezzate negli Stati Uniti» così come  il vino, ma all’indomani dell’annuncio dei dazi imposti da Trump il futuro appare incerto. «Temo che la qualità, per via degli aumenti di prezzi, si abbasserà e si ordinerà meno vino italiano» dice Bruno.

Cosa pensa dei dazi imposti da Donald Trump?

Mi ricorda un po’ quando andavo a scuola e tra compagni ci si spingeva l’un l’altro per farsi dispetto. Molto spesso, alla fine, non succedeva niente e ognuno andava per la sua strada, mentre qualche volta finiva in una rissa.

Ci sono state conseguenze per lei?

Se penso al vino italiano, per un po’ non avrò problemi, grazie al fatto di aver avuto una grande profondità di cantina (più di 60 mila bottiglie, ndr). Penso che per uno o due anni posso stare tranquillo. Dal punto di vista di altri prodotti che uso nel ristorante, come il Parmigiano Vacche Rosse 40 mesi, la questione è più complicata.

Cioè?

Ora mi costa 30 dollari il pound (0,45 kg), se dovesse aumentare troppo di prezzo non potrò usarlo e dovrò trovare delle alternative.

Un sentire comune anche ad altri ristoratori?

Molti sono preoccupati. Anche perché stiamo assistendo a numerose chiusure. Con i dazi si andrà verso un taglio della qualità, gli ingredienti  dei menu dovranno cambiare per poter far andare avanti i ristoranti.

State pensando a qualche soluzione?

Dovremmo metterci insieme tra noi ristoratori e parlare con il governo, sottolineando che siamo una categoria molto apprezzata negli Stati Uniti e che questi dazi danneggeranno una parte importante del panorama della ristorazione statunitense. Insieme potremmo fare davvero qualcosa.

E invece per quanto riguarda il vino?

Ci sarà un calo del consumo del vino italiano, proprio per il fatto che il consumatore statunitense si vede sul conto un aumento di prezzo considerevole. A questo si aggiunge un generale disinteresse da parte delle nuove generazioni.

Cosa dovrebbero fare le cantine italiane in questo periodo?

Per quanto possa essere un momento difficile, i produttori dovrebbero presidiare il mercato, magari venire a vistare i ristoranti qui a New York. Dovremmo farci forza l’un l’altro e mantenere dei rapporti umani oltre che commerciali, perché in questo periodo storico complicato ci siamo insieme.

Quale saranno i vini che potranno “sopravvivere” nel mercato statunitense?

I vini più “economici”. Penso a Chianti, Rosso di Montalcino, vini del sud a base di Greco, Falanghina…adesso è esplosa la moda del Verdicchio. Insomma, si salveranno i vini buoni, ma economici, mentre sarà dura per altre denominazioni.

Quali?

Quelle più note e costose come Barolo, Brunello di Montalcino, come è successo per i grandi vini francesi che hanno perso mercato. Si continuerà a bere vino, ma meno di provenienza italiana e più di produzione locale.

Un successo nella strategia di Trump per spingere a consumare vini statunitensi…

In un certo senso sì. Parlando con alcuni distributori mi hanno detto che si stanno rivolgendo al vino californiano. Non è però solo una questione che riguarda il vino, ma anche di prodotti italiani prodotti qui.

In che senso?

Alcuni prodotti ormai vengono prodotti su suolo americano: ci sono degli artigiani calabresi che producono la ‘nduja direttamente qui negli Stati Uniti, come altri della Toscana che hanno iniziato a fare la porchetta nel New Jersey. Penso che vedremo molte altre realtà di questo genere nascere per via dei dazi.

E per quanto riguarda i prodotti italiani importati?

Mozzarella o burrata sono molto apprezzate dal palato statunitense. Ora costa una mozzarella costa 12 dollari per 100 grammi che diventano 35 dollari ordinati in un ristorante. Se dovesse aumentare troppo il prezzo si opterà per un fior di latte americano, così come un prosciutto locale piuttosto che italiano, andando a sacrificare la qualità.

Cosa prevede che succederà nel prossimo futuro?

Per la ristorazione italiana forse vedremo un calo nei primi 4 o 5 mesi. Ma se riusciamo a unirci, a parlare con il governo e a resistere, usciremo compatti fuori da questa tempesta.

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