Un unico piano sequenza, una serie di storie individuali che si intrecciano in un racconto corale che – possiamo dirlo – funziona, soprattutto grazie alla fotografia ben riuscita di Matthew Lewis, che trasporta lo spettatore in un mondo frenetico e un po’ folle, del tutto credibile. Del resto, siamo all’interno di un ristorante il venerdì prima di Natale, una delle giornate più indaffarate per una cucina, che qui comincia con il controllo di igiene e sicurezza e prosegue con la visita di un famoso chef accompagnato da un critico gastronomico, una proposta di matrimonio organizzata da un cliente con la complicità del personale e un caso di shock anafilattico. È Boiling Point, il film di Philip Barantini che diventerà presto anche una serie sulla BBC, e debutterà sul grande schermo in Italia a partire dal 10 novembre. Lo abbiamo visto in anteprima e possiamo affermare che è sicuramente un film da vedere, non solo per amanti della cucina. Ecco qualche anticipazione (no spoiler).
La regia di Barantini è ambiziosa, l’interpretazione di Stephen Graham, uno degli attori britannici contemporanei più apprezzati, è magistrale: lui ha il ruolo principale, quello di chef Andy, alla guida di un ristorante di lusso di Londra. La pellicola si apre con la sua telefonata mentre cammina in strada ubriaco, ancora una volta in ritardo e alle prese con questioni familiari delicate. Vita privata e lavorativa per lo chef vanno di pari passo, infatti al ristorante l’ufficiale sanitario nota che gli standard stanno peggiorando inesorabilmente. Instabile e irascibile, Andy fa fatica a tenere in mano le redini della squadra, al punto da aggredire i membri dello staff, accusandoli di diverse mancanze, per poi scusarsi una volta calmato. Un plauso anche all’interpretazione di Vinette Robinson, la sous chef Carly, vera forza del locale, una professionista che lavora ben oltre il proprio orario, coprendo spesso i ritardi di Andy, lottando per ottenere un aumento e avere così una paga degna dei suoi sforzi.
Ma Andy e Carly non sono gli unici protagonista della storia. Ogni cuoco e cameriere ha una sua identità ben sviluppata durante il film, tramite dialoghi serrati e concisi, un’individualità che si interseca con quella di ognuno, alle volte sovrapponendosi. Il risultato? Una trama che funziona, la storia collettiva di un gruppo di professionisti alle prese con uno dei mestieri più usuranti dal punto di vista degli orari e le pressioni a cui vengono sottoposti, ognuno con la sua personale voglia di riscatto, le proprie esigenze (anche economiche e lavorative), le difficoltà relazionali. Nota di merito, poi, per il sonoro, che nei piani sequenza come in questo caso fa spesso la parte del leone, tra campanelli per gli ordini in cucina sempre più squillanti e silenzi assordanti. Non sveliamo altro, per ora, ma senza dubbio il film di Barantini è un la via ideale per una full immersion sul backstage di una grande cucina, una narrazione a tratti drammatica che non rinuncia a una buona dose di humor inglese.
a cura di Michela Becchi
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