Ci sono figure che riescono a lasciare un segno nella storia. Bastano un gesto, un’azione o un pensiero, in grado di cambiare il corso degli eventi, diventare fonte di ispirazione o influenzare la cultura, e magari definire nuove abitudini alimentari. L’importanza di Antoine Parmentier passa da qui. A distanza di tempo, il suo contributo scientifico si è rivelato fondamentale per convincere i propri connazionali che le patate avrebbero meritato sorte diversa da quella di semplice mangime per animali. E se oggi il tubero è regolarmente parte della dieta di molti francesi e ingrediente di alcune famosissime ricette transalpine — si pensi all’incredibile purè di Joël Robuchon — il merito è soprattutto suo.
Le patate nel XVIII secolo
Nonostante la diffusione europea delle patate risalga al Cinquecento, in Francia e in altri paesi del Vecchio Continente esiste ancora molto scetticismo sul suo consumo all’alba del XVIII secolo. Ad alimentare tale diffidenza l’idea diffusa che fosse malsano ciò che cresceva sottoterra (al pari di altre solanacee come la mandragora). Addirittura, più di qualche intellettuale dell’epoca si era spinto a considerare l’alimento causa di febbre, peste e lebbra. A coronamento di queste conclusioni, nel 1748 un editto del Parlamento viene a vietarne la coltivazione. Fino a quel momento, e ancora per un po’, la patata viene coltivata solo per farne mangime da destinare all’allevamento dei maiali (a quanto pare l’unica forma di vita “persuasa” della commestibilità della solanacea).
L’importanza di Antoine Parmentier nella storia della gastronomia
In base all’evidenza scientifica, ma anche grazie alla casualità, Antoine Parmentier ribalta l'inossidabile assunto relativo all'insalubrità del tubero. Il farmacista e agronomo francese ne viene a capo durante la Guerra dei Sette Anni (1756 – 1763), in occasione della quale finisce prigioniero sotto i prussiani. Nel corso della prigionia si accorge infatti che né lui né alcuno dei detenuti, nutriti solo ed esclusivamente con il “pericoloso” tubero, si ammalava. Tornato in patria alla fine dell’avventura militare, giunge dopo un’approfondita sperimentazione a una tesi coerente con quanto aveva registrato: la percentuale di tossicità delle patate, presente in misura maggiore nella pianta, è più che ridotta nel ‘frutto’, trovandosi peraltro solo nella buccia. Eliminando quindi il rivestimento esterno potevano essere consumate senza alcun rischio anche dall’essere umano e non solo dagli animali. Visto il periodo di carestia, a partire dal 1763 spinse tutti a cucinarle regalando un bouquet di fiori di patate al re e alla regina di Francia, Luigi XIV e Maria Antonietta. Si deve così alla preziosa “illuminazione” di Antoine Augustin Parmentier la dimostrata commestibilità del tubero, dichiarato più tardi edibile pure dalla Facoltà di Medicina di Parigi nel 1772. Il resto è storia.
La Crema Parmentier
La fama del nutrizionista e igienista di Montdidier è divenuta tale che una deliziosa ricetta porta oggi il suo nome. Si tratta della Crema Parmentier, un’avvolgente vellutata — ovviamente a base di patate — divulgata in realtà attraverso i programmi di Julia Child, celebre cuoca televisiva americana che ha appassionato generazioni con la buona cucina francese. Un piatto facile da cucinare, perfetto per le giornate invernali più fredde. Si prepara con un semplice soffritto di porri, lasciati appassire lentamente con del brodo vegetale, e l’aggiunta di patate (meglio se farinose). Tutto da frullare con un mixer a immersione, fondamentale per conferire insieme alla panna quella consistenza setosa e avvolgente che la rende una preparazione per cui leccarsi davvero i baffi.