La liquoristica italiana, la più celebre e amata al mondo, è perfetta metafora della cultura enogastronomica del paese che l’ha espressa. Ci sono infatti almeno due elementi ricorrenti della nostra tradizione - che si parli di vini, di formaggi, di cibi o di ricette - che ricorrono anche nei liquori: il nome e la leggenda. Il nome è una specificità da non sottovalutare, spesso caratterizza e geolocalizza preparazioni tra loro molto simili. Nel caso di molti liquori, se ne analizziamo la composizione, vediamo che si tratta - in effetti - sempre della stesso principio: alcol di origine agricola distillato tramite alambicco, a cui poi vengono unite erbe e spezie in infusione e macerazione, cui si aggiunge più o meno zucchero. Da un’idea così semplice però, un paese come il nostro ha saputo esprimere talmente tante sottocategorie, così diverse tra loro, da aver creato un universo. Rosoli, elixir, chine, amari, bitter, fernet, liquori, limoncelli, ratafia: ognuno di questi prodotti ha, nella testa del consumatore, diverse caratteristiche, un diverso uso nel bicchiere e – infine – diversi luoghi e periodi storici di collocamento.
La seconda peculiarità è l’aura di leggenda che continua ad ammantare certi prodotti, soprattutto i liquori, nati in molti casi per scopo medicamentoso. Si inseguono in giro per l’Italia racconti epici, siano le gesta di chi ha creato l’amaro che salvò il Papa Bonifacio VII dalle coliche, p del piccolo farmacista e della sua China miracolosa per la malaria, del Fernet e del colera, e così via. Ovviamente più si va indietro nel tempo, meno celebri sono i protagonisti, e meno certezze abbiamo sulla veridicità di queste storie, ma ci piace pensare che sia sempre un po' magia, di arte e di amore dietro a ogni nuova idea. Così è anche per l'amaretto, noto liquore nato nella città di Saronno, che contrariamente a ciò che fa pensare il nome non fa parte della categoria degli amari.
Storia e leggende dell'Amaretto
Sull’origine di questo liquore si narra di una storia d’amore del 1500, tra Bernardino Luini (allievo di Leonardo da Vinci) e la locandiera di cui era ospite nel periodo in cui era intento a realizzare L’adorazione dei Magi per i Santuario della Beata Vergine di Saronno. Il pittore rimase così colpito dalla donna da volerla come modella per il volto della Madonna. Lei per ringraziarlo gli offrì una bevanda a base di erbe, zucchero tostato, mandorle amare e brandy. A questa bevanda molti fanno risalire il primo Amaretto, che da lì si impose come liquore tipico della città. Non sappiamo se questa versione corrisponda alla verità o meno, un’altra sostiene che l’Amaretto sarebbe stato inventato a metà del 1800 dalla stessa famiglia di pasticceri che mise a punto la ricetta dell’omonimo biscotto.
Qualsiasi sia la verità, quel che è certo è che il liquore si sia insinuato nei cuori degli italiani, e non solo: il brand italiano di liquori più venduto al mondo è proprio Amaretto Disaronno, leader incontrastato di mercato, capace di diventare, in un certo qual modo, sinonimo stesso della categoria. Così come per altri liquori nostrani, ormai si è ormai abituati sovrapporre tipologia e prodotto specifico: il Bitter è Campari, il Fernet è Branca e l’Amaretto è Disaronno. E ce ne è ben ragione: questi prodotti, conosciuti a livello globale, sono alla base di alcuni dei cocktail più amati.
L'Amaretto tra grandi brand e piccoli produttori
Eppure anche per l'Amaretto esiste un un mercato di piccoli produttori, che lavorano per tenere viva questa tradizione, e le volte per arricchirla con qualche piccola innovazione, forti della richiesta da parte dei mercati esteri e del legame con un prodotto storico. Tra gi altri ci sono Luxardo con il suo Amaretto di Saschira, Distillerie Franciacorta con l'Amaretto Gozio, e la distilleria piemontese Mazzetti d’Altavilla. Tuttavia si tratta di aziende che hanno un ampio catalogo, diverso il caso di aziende specializzate su questo liquore: se si esclude Disaronno e l’altro storico marchio locale - Lazzaroni 1851, legato alla pasticceria da cui nacquero gli omonimi dolci - non c'è praticamente nessun altro. Se non fosse per Amaretto Adriatico, nato da uno strano abbinamento tra un francese e la Puglia.
La storia di Amaretto Adriatico
Il francese è Jean-Robert Bellanger che, nonostante il nome e il passaporto transalpino, è estremamente legato alle proprie origini italiane, così per i propri 40 anni decide di fare un viaggio a bordo della Fiat 500 e si spinge lungo lo Stivale, fino a raggiungere la Puglia. Qui scopre e si innamora di una varietà autoctona di mandorle, la Filippo Cea. L’assaggio gli scatena una serie di ricordi, dai dolci fatti in casa bagnati con l’Amaretto fino al celebre “Sour” che beveva in gioventù. Si mette dunque a indagare e scopre che di questo prodotto esistono relativamente poche versioni. Decide dunque di lasciare la sua vita precedente per dedicarsi a questa avventura. A modo suo.
La particolarità e il successo di Amaretto Adriatico
JR non vuole un amaretto tradizionale: il suo deve essere meno dolce e biologico. Trasferitosi nel sud Italia comincia a fare la sua ricerca, stringe un accordo con una pizzeria che gli tosta le mandorle nel proprio forno e, dopo mesi di tentativi ed errori, trova il giusto equilibrio con le spezie - cannella, cacao e caffè – e aggiunge un ingrediente segreto, che dà un carattere molto personale al liquore: un pizzico di sale dell’Adriatico, proveniente delle saline di Margherita di Savoia, a pochi chilometri di distanza. Il tocco dona una croccantezza inaspettata al prodotto, rendendolo facilmente riconoscibile. Grazie alla sua lunga esperienza nel marketing individua in breve tempo la propria iconica bottiglia e il nome giusto, e il prodotto è pronto per essere lanciato sul mercato: è il settembre 2019 e da allora Adriatico diventa rapidamente un successo in Francia. Da Eataly Paris, addirittura, l'amaretto di Puglia diventa addirittura la seconda referenza più venduta, dietro al Prosecco.
Dopo pochi mesi Jean-Robert decide di lanciare anche una seconda versione: un amaretto bianco, a bassa gradazione alcolica, che per la prima volta introduce una vera innovazione su un mercato tradizionale. Se il mondo dei vermouth e ultimamente quello dei bitter hanno saputo tornare dinamici il merito è di storie imprenditoriali come questa, e chissà che non sia l’inizio di una nuova leggenda della liquoristica che tra mito e realtà vada ad aggiungersi a quelle già create.
Amaretto Adriatico - https://www.amarettoadriatico.com
a cura di Federico Silvio Bellanca