Sono in molti, tra i viticoltori romagnoli, a ripetere continuamente che una quantità d'acqua come quella piovuta una settimana fa non si era mai vista. Milioni di metri cubi hanno dilavato le colline, distrutto strade, allagato città, case e aziende generando una catastrofe naturale difficile da contenere con qualsiasi tipo di prevenzione. Tra 15 e 17 maggio, secondo la Protezione civile, si sono registrati fino a 200 millimetri per metro quadrato in un arco di tempo di 24 ore in un territorio compreso a grandi linee tra Bologna, Monghidoro, Civitella di Romagna, Forlì e Lugo. L'indice di rarità di queste piogge, secondo Cnr-Irpi, è compreso tra 95% e 99% nella classificazione degli ultimi 20 anni. Un “evento estremo” che ha provocato centinaia di smottamenti in un'area già considerata ad alto rischio idrogeologico, secondo il rapporto Ispra 2021.
Incognita sulla produzione 2023: le grandi cooperative
Non sono poche le incognite del post-alluvione. Il Ravennate è tra le zone più colpite. A Lugo di Romagna e dintorni i vigneti sonos stati sommersi dalle acque che, miste a fango, scendono di livello molto lentamente. I vertici Terre Cevico, gruppo cooperativo da 5mila famiglie di viticoltori per 7mila ettari, con brand da Tenuta Masselina al popolare Ronco-Sancrispino, parlano di situazione complessa. “La sede è stata risparmiata dall'acqua” ha riferito il presidente Marco Nannetti “ma la funzionalità della cooperativa è stata ridotta perché un 30% degli addetti ha avuto le case allagate. C'è poi il problema della viabilità, che sta mettendo in crisi la supply chain”. Secondo Nannetti, una parte della produzione 2023 potrebbe andare perduta: “I nostri agronomi stimano cali tra 10% e 30%. A soffrire l'asfissia radicale sono soprattutto gli impianti giovani. Soprattutto, con le alte temperature, peronospora e oidio si sviluppano facilmente, perché è difficile eseguire i necessari trattamenti fitosanitari”. Il gruppo Caviro (37mila ettari, 11mila viticoltori) è riuscito a contingentare gli impatti dell'alluvione e garantire la continuità di servizio. A Forlì, dove si imbottiglia il Tavernello, l'area è stata minacciata dall'acqua ma le attività sono state regolari. A Faenza, invece, “si lavora per tornare a pieno regime”, come ha spiegato il direttore SimonPietro Felice.
I timori dei Consorzi
L'alluvione ha risparmiato i vigneti tra Reggio Emilia e Modena ma nel Bolognese la musica è diversa, come fa sapere Giacomo Savorini, direttore del Consorzio tutela Lambrusco (16mila ettari) e del Consorzio vini Colli bolognesi (1.000 ettari). L'esondazione di decine di torrenti e di rii ha distrutto e reso inagibili molte strade (comunali e aziendali) mettendo in crisi gli agricoltori. Dai 90 piccoli e medi produttori del Consorzio sono arrivate decine di segnalazioni di “ingenti danni” dalla zona di Sasso Marconi a Bologna San Lazzaro, da Monte San Pietro a Castello di Serravalle, Monteveglio e Zola Predosa. “Ora condizioni climatiche avverse che potrebbero creare ulteriori complessità alla produzione”, evidenzia il presidente Antonio Capelli. Anche per il Consorzio del Pignoletto (2.500 ettari) sarà importante “eseguire i trattamenti e ripristinare al più presto le aree franate. Ma è anche chiaro che in alcuni casi gli impianti viticoli sono da rifare”.
Il Consorzio vini di Romagna segnala problemi nelle aree collinari per via dei numerosi smottamenti. “È molto difficile entrare in vigna per eseguire interventi fitosanitari e molte imprese stanno usando prodotti polverulenti”, spiega il presidente Roberto Monti. L'ente rappresenta 5.200 aziende su 15mila ettari vitati: “A Forlì-Cesena, nella gran parte dei vigneti l'acqua è defluita, ma ci sono ancora situazioni critiche. Nel Ravennate, permangono ampie superfici dove persiste il ristagno d'acqua. Se l'asfissia radicale non va oltre le due settimane non dovrebbe creare problemi. La vite è una pianta resistente”. In vista della prossima raccolta, sarà importante che i viticoltori “gestiscano bene il problema dei trattamenti”, ha concluso il presidente Monti.
“Nelle Marche danni limitati”
Alberto Mazzoni, direttore dell'Istituto marchigiano di tutela vini, tira un sospiro di sollievo perché la viticoltura nel nord delle Marche (già coinvolta da un'alluvione a settembre 2022) è stata risparmiata dagli effetti più gravi : “Fortunatamente abbiamo registrato solo delle grandinate nel Pesarese, che potrebbero provocare un lieve calo produttivo ma tutto va ancora valutato. Certamente, la preoccupazione maggiore è per la peronospora, in una regione dove c'è un'alta concentrazione di produzioni biologiche”.
I danni. C'è la prima stima ufficiale: oltre 1,5 miliardi di euro
La Regione ha stimato in oltre 1,5 miliardi la perdita annua dovuta al calo della produzione lorda vendibile agricola, a cui vanno aggiunte le perdite di produttività futura. Il 42% della superficie agricola utilizzata dell'Emilia-Romagna è stato colpito dall'alluvione. I dati degli uffici regionali dicono che le aziende agricole sul territorio coinvolto sono quasi 21.000, il 49% dell’intera regione. Gli addetti in agricoltura colpiti da almeno un evento sono oltre 41.000 (55%). Nell'agroindustria, le imprese coinvolte sono oltre 2.800 (40% del totale regionale), con più di 23.000 addetti (quasi il 39% del totale regionale).
L'articolo completo è stato pubblicato sul Settimanale Tre Bicchieri del 25 maggio 2023
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