La Scozia è il terzo Paese al mondo per numero di salmoni allevati: con oltre 38 milioni di pesci allevati ogni anno, le sue esportazioni sono dirette verso oltre cinquanta Paesi, compresa l’Italia, che è fra i primi dieci importatori. Ma pur se l’alto valore nutrizionale ha reso questo pesce uno dei più comuni sulle nostre tavole, il salmone oggi, se allevato con metodi intensivi, è meglio non mangiarlo più. È questo in sostanza ciò che conclude la nuova inchiesta della BBC dalla quale emerge una situazione decisamente preoccupante.
L'allevamento ittico ha un costo troppo caro
La produzione spinta all'eccesso dall'altissima domanda, sta danneggiando l'ambiente e la salute di umani e salmoni, come mai prima. L’acquacoltura intensiva ha, infatti, un costo enorme: lo scorso anno, la cifra record di 17 milioni di pesci è morta prematuramente solo negli allevamenti del Regno Unito, con un aumento del 193% rispetto al 2020.
Il sindacato dell’industria del pesce d’allevamento scozzese ha attribuito l’elevato numero di decessi all’aumento della temperatura del mare che causerebbe fioriture di alghe e micro-meduse, motivazioni contestate accesamente dall’organizzazione benefica Animal Equality secondo cui la tragica realtà è un'altra: salmoni malati e morenti che galleggiano negli allevamenti, altri individui morti schiacciati contro la rete delle vasche ed enormi quantità di pesci morti scaricati dai lavoratori all’interno di contenitori per lo smaltimento.
Milioni di salmoni uccisi da batteri e virus
La grave moria di salmoni negli allevamenti sarebbe provocata, per l’organizzazione, da malattie e batteri diffusi che proliferano in questi ambienti a causa del sovraffollamento estremo in cui gli animali sono costretti a vivere e l’elevato livello di stress di cui sono vittime. E questa è in realtà solo la punta dell’iceberg, perché problemi maggiori sono legati all’inquinamento dell’acqua, all’uso eccessivo di antibiotici e alle infestazioni di pidocchi marini. Solo nel 2022, il 68% degli allevamenti attivi in Scozia ha violato il Codice di buone pratiche sui livelli di pidocchi di mare, ma la loro presenza massiccia è pericolosa per i pesci allevati e rappresenta anche un grave rischio per la biosicurezza.
Oltre a tutto questo, il problema degli allevamenti intensivi di pesce tocca l’ambiente pesantemente: i rifiuti organici e chimici degli allevamenti di salmone scozzesi stanno uccidendo la vita marina dei fondali. Anche i medicinali e le sostanze chimiche, come gli antibiotici e gli insetticidi, vengono rilasciati nell’ambiente, e molti di questi sono noti per essere tossici per i pesci e altri organismi marini, così come per gli uccelli e i mammiferi.
L'industria ittica non si fermerà
Alla domanda di come pensasse di affrontare l’enorme numero di morti negli allevamenti di salmone, la risposta dell’industria ittica scozzese non ha per nulla rassicurato. L’industria ha infatti in programma di crescere in modo significativo e di costruire nuovi allevamenti. Questo anche perché rappresenta un sostegno all’occupazione e all’economia locale scozzese notevole. Dietro agli allevamenti di salmone, infatti, ci sono enormi quantità di sussidi, ma questa industria è insostenibile e porre fine a questo sistema di sfruttamento estremo degli animali è davvero l’unica soluzione per proteggere il Pianeta.
Dagli allevamenti scozzesi alla tavola italiana
L’Italia, come dicevamo, è tra i primi 10 Paesi importatori di salmone scozzese e, con circa 2,4 chili pro capite l’anno, il nostro è il quinto Paese europeo per consumo. Il pesce che arriva sulle tavole degli italiani, quindi, proviene molto spesso dalle realtà di allevamento intensivo. Non basta dunque porre l’attenzione solo sull’allevamento di carne industriale, è necessario puntare un faro anche sugli allevamenti ittici. Per molti esperti l’unico modo per evitare tutto questo è esortare i consumatori a rinunciare ai salmoni d'allevamento. Questo almeno fino a quando non verranno adottate norme più severe per garantire la fine dei danni marittimi e delle sofferenze animali.