“Perché non mangi?” Bambini e alimentazione, ne parliamo con Pediatra Carla

3 Nov 2023, 14:33 | a cura di
Come aiutare i bambini a costruire un rapporto sano con il cibo

Italia: il Bel Paese. Si vive e si mangia bene, culla della dieta mediterranea. Ma i dati scientifici allarmano: l’Italia ha un tasso del 30% di sovrappeso e obesità infantile (tra i più alti in Europa) e un’incidenza in crescita dei disturbi del comportamento alimentare. Ne abbiamo parlato con la Pediatra Carla Tomasini, specializzata in nutrizione e disturbi del comportamento alimentare e volto noto nel web. “Preoccupa l’insorgenza anticipata di disturbi del comportamento alimentare (DAC), come anoressia e bulimia, già a otto, nove anni con sintomi propri di donne adulte”; d'altro canto solo il 20% della popolazione osserva la vera dieta mediterranea, gli altri seguono una Wester pattern Diet  basata sulla cucina nordamericana che, a differenza di quella mediterranea, non è caratterizzata dalla presenza di prodotti tipici o locali, dominata da cibo industriale e dal consumo veloce. Invertire la rotta si può e i bambini sono la prima risorsa da cui partire. È necessario proporre loro esempi validi da seguire, e comprendere la differenza tra alimentare e nutrire, tornando ad assegnare alla tavola il ruolo cruciale nell’equilibrio di una famiglia.

Pediatra Carla

Perché non mangi?

Il bambino rifiuta la pappa. Mio figlio mangia solo pasta in bianco. Preferisce l’omogenizzato alle frutta vera. Quante volte vi è capitato di vivere o ascoltare queste storie? Tuttavia, le situazioni difficili, per quanto diffuse, spesso non sono patologiche. “Gli studi pediatrici e neuropsichiatrici sono pieni di bambini che non mangiano e di genitori che arrivano a piangere per questo. I motivi sono dettati da basi sociologiche, con individui stressati che dedicano sempre meno tempo al pasto in famiglia; genitori che preferiscono offrire cibo pronto e industriale pur di non gestire il rifiuto dei loro figli. Oggi manca il rito della tavola che permetteva ai bambini di creare una relazione empatica con il cibo”. La mancanza di tempo è la prima causa di cambiamento in ambito familiare e il pasto resta l’unico memento di condivisione della giornata. Momento perfetto per confrontarsi, ma anche per far emergere conflitti, sia per i grandi che per i piccoli. “Il rifiuto del cibo è un modo per il bimbo di esprimere dissenso; molti genitori sono preoccupati che i propri figli non mangino abbastanza ma dimenticano che l’autoregolazione endogena è essenziale per sapersi nutrire delle cose giuste al momento giusto. Già dall’allattamento la nutrizione è a richiesta, il che dimostra che, sin dai primi mesi di vita, un bambino è in grado di scegliere le quantità di cui ha bisogno. Un genitore troppo intrusivo nelle necessità del figlio danneggia la sua facoltà di autoregolazione privandolo di quella sicurezza innata che sarà essenziale un domani per difendersi dal marketing sfrenato dei junk food ”.

L’importanza del nutrimento affettivo

Inutile preoccuparsi di quanto abbia mangiato il bambino, ma piuttosto il consiglio è quello di lavorare per creare un ambiente familiare sereno all’ora dei pasti che possa agire da rinforzo positivo al momento della pappa. Controproducente è l’eccesso di controllo, così come il “ricatto di finire il piatto” per ottenere il dolcetto o peggio ancora l’inganno di nascondere l’ingrediente odiato dai vostri figli in polpette o altre preparazioni. L’unica regola che vale è quella di un corretto esempio e del buon senso: “Torniamo al passato quando i nostri piccoli antenati si sedevano alla stessa tavola e mangiavano gli stessi cibi, anche l’ultimo arrivato in fase di svezzamento. Il bambino aveva modo di affezionarsi al cibo in modo stagionale, a forza di vedere mangiare l’uva o i pomodori, finiva per mangiarli anche lui”. Oggi i nostri piccoli sono slegati dai ritmi naturali dell’agricoltura, per questo la loro diffidenza nei confronti di cibi nuovi e sani aumenta. “È necessario far fare loro esperienza diretta, coinvolgendoli nella cucina e nella manipolazione degli alimenti, portandoli a contatto con la natura e costruendo insieme bei ricordi legati al cibo. Un alimento rifiutato può essere offerto dalle otto alle venti volte in condizioni di serenità finché il bimbo non lo accetterà. Un aiuto può essere inserire al fianco dell’alimento da accettare qualcosa di gradimento sicuro per il piccolo”.

Questo sì, questo no. Bambini selettivi per natura o colpa nostra?

Si fa presto a dire che un bambino è inappetente, ma quest’ultima è una patologia che deve essere diagnosticata da un medico. “Il più delle volte la presunta inappetenza è solo paura del genitore, in quanto da controlli ambulatoriali risultano curve di crescita del paziente perfettamente in linea”. La Dottoressa Tomasini preferisce parlare di bimbi selettivi nelle abitudini alimentari e precisa che “tra i due e i cinque anni c’è un momento in cui i bambini rifiutano alimenti sani, in particolare frutta, verdure e legumi. Questo perché geneticamente hanno bisogno di alimenti calorici per crescere e inoltre, per istinto di conservazione, la natura ha fatto sì che il bimbo che inizia a muoversi autonomamente sia diffidente nei confronti di bacche, erbe velenose e altri alimenti pericolosi che potrebbe procacciarsi autonomamente”.
La selettività degli alimenti in età superiore ai sei anni è un problema diffuso, spesso indotto dal contesto adulto. Menu bimbi e baby food addizionati con vitamine sono più una comodità (di natura emotiva o materiale) per il genitore piuttosto che la risposta a effettive necessità nutrizionali. Cosa c’è di più comodo di una cotoletta precotta con verdure all’interno alla quale nostro figlio non dice mai di no?
Abbassiamo l’allarme anche in questo caso perché “Il più delle volte la selettività in età pediatrica è fisiologica e transitoria, si parla di patologia ARFID (disturbo evitante e restrittivo dell’assunzione di cibo) solo quando il numero degli alimenti accertati è molto basso (4-5) e diventa impossibile introdurre i nutrenti sufficienti a garantire un buono stato di salute.”

 

Foto credits: Karo Kujanpaa

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