Dieci anni, 250 protocolli amministrativi e un numero non precisato di vincoli per vedere la luce. Oggi l'Hotel Romeo di Roma, progettato dall'architetta Zaha Hadid, ha finalmente aperto i battenti. Marmo di Carrara, pietra lavica, vetro, legno massello e Krion, sono i materiali che caratterizzano questo “resort urbano” arricchito da opere di artisti contemporanei - Christian Leperino, Mario Schifano, Mimmo Paladino, Francesco Clemente, solo per menzionarne alcuni - dove tutti i servizi collettivi sono distribuiti al piano zero per renderne più funzionale l'accesso, che sia la palestra, la spa o la piscina che si estende sul cortile con un fondo trasparente che rivela i reperti archeologici sottostanti. E poi, ai “piani alti” le 74 camere (prenotabili dal sito a partire da 2.500 euro), in perfetta linea con la filosofia dell'hotel, e la Terrazza in collaborazione con Krug aperta solo agli ospiti, come il resto degli ambienti. Tutti tranne il ristorante firmato da Alain Ducasse per il quale lo chef francese, insieme a Stèphane Petit che di fatto terrà le redini della cucina almeno per i primi tempi, ha ideato un unico menu degustazione di 9 portate a 280 euro.
Cosa si mangia al ristorante Alain Ducasse a Roma
Un unico menu degustazione che, nonostante sia stato concepito da un francese, ha molto di italiano. Come fosse un bignami delle materie prime migliori. Dal pugliese carciofo violetto - proposto in carpaccio e abbinato all'ostrica (stiamo pur sempre parlando di Ducasse) -, alle puntarelle provenienti dalla campagna romana con colatura di alici e crema di bufala, alla zucca moscata e ricci di mare (sardi) accompagnati, questa volta d'Italia ce n'è poca, dall'eremorange, ibrido tra una limetta del deserto e un arancio dolce. E poi c'è la pasta, al centro delle portate salate: tagliolini insieme - sacrilegio! - a dei minuscoli tortellini dalla fattura perfetta che celano un minuscolo pezzo di fungo, che ben si lega al burro e al tartufo umbro. A farla da padrone nei secondi le proteine animali, di rombo grigliato e topinambur (il piatto che ci ha convinto meno), di una strepitosa lingua di vitello alla brace con rucola e senape, di sella di capriolo toscano con verza. Davvero sorprendenti i dolci, specialmente il Cioccolato e caffè – della Manufacture Alain Ducasse di Parigi – con un ottimo gelato al grano saraceno.
Come è avvenuta la genesi del menu degustazione?
È durata circa un anno, durante il quale Stèphane Petit ha assaggiato e cercato fornitori. Siamo partiti dal meglio che l'Italia offre in questo momento, senza limitarci al chilometro zero, dal tartufo alle puntarelle. Poi ci siamo guardati attorno per vedere cosa facessero i concorrenti al fine di proporre qualcosa di diverso; spero di esserci riuscito, non siamo qui per emulare nessuno. E con questo non voglio dire che la nostra proposta sia migliore dei competitors, semplicemente è diversa. Ha la firma di Ducasse. Ride.
Chi sono i vostri concorrenti?
Sono tanti, uno di questi è sicuramente Heinz Beck.
È andato a mangiare alla Pergola?
Sì. Noi proponiamo qualcosa di diverso. Forse il menu di Heinz Beck è più francese del nostro!
Sicuramente con meno burro rispetto alla cucina francese.
La cucina francese attuale non ha più tanto burro.
Qual è lo scopo di un ristorante?
Occuparsi del buon umore del cliente.
A proposito della centralità del cliente. Proporre un unico degustazione non preclude al cliente la libertà di scelta?
La democrazia non funziona più (ride ancora, ndr). Scherzi a parte, forse poi ci adatteremo alle richieste di mercato ma per ora puntiamo su un solo menu degustazione con un approccio esperienziale. Certo è che se saranno clienti abituali, penseremo a un menu su misura.
Tagliolini e tortellini nello stesso piatto...
È nato da una chiacchierata con l'avvocato Romeo (Alfredo Romeo, ndr). Sono le due varietà di pasta che adoro e ho deciso di farle stare assieme.
Una sorta di pasta mista, fresca.
Esatto. Una novità, qualcosa di diverso, che ti ricordi.
Lo chef italiano più rappresentativo della cucina italiana attuale?
Non voglio rispondere! Ogni grande chef italiano è rappresentativo della sua regione, non vi farò un nome.
Si aspettava la stella al ristorante del Romeo Luxury Hotel di Napoli?
No, abbiamo aperto a luglio. Poi è chiaro che sia meglio avere le stelle ma si vive benissimo anche senza.
Perché è meglio avere le stelle?
Per l'ego, dello chef e dello staff. Il prossimo anno, sì, la aspetto la stella.
La domanda alla quale si è stancato di rispondere?
Qual è il suo chef o ristorante preferito? Solitamente rispondo sempre “quello che devo ancora conoscere”.
Incassiamo. Ultima domanda: la domanda che non le ha mai fatto nessuno?
Quando smetterà di aprire ristoranti? Forse non me l'hanno mai fatta perché non hanno coraggio, ad ogni modo avrei già pronta la risposta.