La tenera preparazione raffigurante il simpatico quadrupede è immancabile sulle tavole siciliane nel periodo di Pasqua. La tradizione vuole che sia uso farne dono a bambini e adulti, e se non manca chi si cimenta in preparazioni casalinghe, con risultati non sempre impeccabili (a tal proposito ricordiamo la popolare e ironica pagina Facebook Agnelli di pasta di mandorle brutti, di cui vi avevamo già parlato), c'è anche chi - per andare più sul sicuro - li acquista nelle pasticcerie, che li propongono in ogni dimensione e foggia, e taluni sono davvero piccole opere d'arte.
Un dolce antichissimo legato alla pasticceria conventuale
Insieme all’uovo e alla colomba, l’agnello è uno dei simboli fortemente legati alla Pasqua. Anche se pare che le prime riproduzioni dolci in Sicilia siano nate in epoca normanna, è una specialità legata alla pasticceria conventuale. L’usanza di questa preparazione dal profondo significato simbolico – che richiama la passione, il sacrificio e la resurrezione di Gesù Cristo – per lungo tempo è stata portata avanti infatti nei laboratori dei conventi femminili di clausura. Qui le suore pasticcere realizzavano tante prelibatezze destinate perlopiù a vescovi, prelati e alla ricca aristocrazia locale. Del resto, in Sicilia la religione è storicamente legata alla tavola con un solido filo intessuto anche di tradizioni secolari, che l’ingegno e la fantasia delle monache ha trasformato in creazioni peculiari - come l’agnellino appunto - caratterizzate dalla ricercatezza degli ingredienti, sempre di ottima qualità per soddisfare gli esigenti palati dei fortunati avventori.
Un tempo pregevolmente modellati a mano, oggi gli agnellini di pasta di mandorle vengono preparati con appositi stampi che li raffigurano accovacciati su prati verdi e con le zampe ripiegate, talvolta in piedi o coricati, spesso con un fiocco al collo e "parati ca bannera", un piccolo stendardo con stelle o fiamme dorate terminante in due o tre punte, molto simile allo stendardo posto in mano alle riproduzioni a grandezza naturale del Cristo Risorto presenti in molte chiese. Vengono dipinti a mano, come la frutta Martorana, variamente rifiniti con confettini, perline e altre decorazioni, e farciti con ripieni che richiamano il luogo di provenienza.
Le varianti siciliane e salentine
Spesso, nel caso dei dolci tradizionali, le ricette si moltiplicano e cambiano non solo di paese in paese, ma anche di casa in casa. È così anche per l’agnello di pasta di mandorle, che solo in Sicilia conta una miriade di declinazioni. Ecco le più note. Tra i più celebri c’è sicuramente l’agnellino di Favara, comune in provincia di Agrigento che si è guadagnato l’appellativo di “Città dell’agnello pasquale”. In pasta reale, con un ripieno di pasta di pistacchio, viene ricoperto con la “velata” (o cileppo), una glassa di zucchero a velo, acqua e limone. La sua ricetta si deve alle suore del Collegio di Maria del quartiere Baita e rimase a lungo segreta, tramandata oralmente dalle sorelle più anziane alle più giovani. Uscì dal monastero solo nell’Ottocento (la prima traccia scritta, di una famiglia di notabili della zona, risale al 1898) e divenne in seguito appannaggio dei pasticceri locali. Da metà del Novecento acquisì grande fama, tanto che oggi gli agnelli, realizzati in tante forme e dimensioni dalle pasticcerie, vengono esportati in tutto il mondo e dal 1997 questa specialità viene celebrata con una famosa sagra.
Le pecorelle del Monastero del Santissimo Rosario delle benedettine di Palma di Montechiaro in provincia di Agrigento, ripiene di pistacchio e zuccata, erano rinomate per la raffinatezza degli ingredienti e il loro simpatico aspetto. Oggi le poche suore rimaste preparano ancora biscotti e pastine di mandorla, che vendono attraverso una grata che le divide dal mondo esterno.
A Erice, famosa località del trapanese, l'agnellino nasconde una farcia di confettura di cedro e viene decorato con glasse di zucchero dai colori tenui e confettini colorati, a Porto Empedocle e a Bronte è di sola pasta di mandorle. Ad Acireale, nel catanese, è realizzato quasi a grandezza naturale. Nei tanti paesi alle falde dell'Etna, gli agnellini sono anche modellati di solo zucchero candito. La "pecorella", come viene affettuosamente chiamata a Palermo, si distingue per il ripieno di zuccata (o cucuzzata), una confettura a base di una zucchina verde dalla forma allungata, chiamata appunto cucuzza.
A Messina è ripieno di torrone gianduia o torrone fondente, o ancora di morbido cedro candito e confettura di albicocche. Questa versione, detta comunemente "pecoro", vede l’agnello "sdraiato", guarnito da granella di zucchero (a volte con mandorle), cotto in forno e lucidato con sciroppo di zucchero o gelatina di albicocche. Non ha lo stendardo, ma è decorato con una piccola stellina di stagnola argentata a ricordare la regalità che incarna. Una variante più popolare e meno artistica - oggi non così diffusa - prevedeva l'utilizzo di una particolare pasta di zucchero profumata ai chiodi di garofano - adoperata pure per gli "ossa di mortu" del periodo di Ognissanti - che si ottiene cuocendo gli ingredienti insieme all'acqua a fiamma vivace. Con l'impasto ottenuto si modellavano degli agnellini da cuocere in forno, che risultavano di un bel colore ambrato.
L’agnellino in pasta di mandorle è dolce tipico della Pasqua anche in Puglia, specie nel Salento, dove - come in tutto il sud Italia - le tradizioni religiose sono molto sentite. Sembra sia stato creato per la prima volta da una badessa del monastero benedettino di San Giovanni Evangelista a Lecce, dove si realizza ancora oggi insieme alle altre specialità in pasta di mandorle, compreso il tipico “pesce” del periodo natalizio. Storicamente nel salentino racchiude la faldacchiera (una crema fatta con uova cotte a fuoco lento), anche se ormai sono entrate a far parte della tradizione altre farciture, come quelle con confettura di agrumi oppure di pere (o mele) cotogne e gocce di cioccolato.