Il 18 novembre 2023 ci ha lasciato un grande uomo del vino italiano: Michele Chiarlo si è spento all’età di 88 anni. Quella di Michele è stata una vita lunga e ricca di soddisfazioni, anche se è iniziata nella semplicità della vita contadina. Nato nel 1935 a Calamandrana in provincia di Asti, da una famiglia di viticoltori da cinque generazioni, Michele Chiarlo si diploma alla scuola enologica di Alba che vive un momento magico. In quel periodo i compagni di studi di Michele sono tutti ragazzi che diventeranno tenori dell’enologia italiana (Renato Ratti, Ezio Rivella, Franco Zilliani, Giuliano Noè e Giacomo Tachis).
Michele Chiarlo, il padre della nuova Barbera
I suoi primi passi nel mondo dell’imprenditoria, vinicola prima e vitivinicola successivamente, fecero subito capire di che pasta Michele fosse fatto. In una regione dove il vino era ancora considerato un complemento alimentare necessario, Michele ebbe subito la ferma convinzione che il Monferrato e, in generale, tutto il Piemonte potessero uscire da quella situazione solo cambiando mentalità: non più quantità ma qualità.
Forte delle sue convinzioni, molto innovative per i tempi, Michele vinificò nel 1956 nella sua modesta cantina di Calamandrana una Barbera diversa dai soliti vini locali, rustici e acidi. Agli inizi la Duca d’Asti di Michele Chiarlo comprava uve – soprattutto Barbera e Moscato, ma anche Nebbiolo da Barolo – con l’idea di offrire vini ben fatti e gradevoli. Dopo un inizio in punta di piedi, sulla scia di buoni successi sul mercato domestico, Michele ha iniziato a pensare che i nostri vini meritassero maggiore notorietà all’estero e quindi, tra i primi in Italia, si è messo a viaggiare tra Nord America e Nord Europa per promuovere i suoi vini migliori.
La cantina di Calamandra
Nel corso di qualche cene passate insieme, Michele mi raccontava spesso della meraviglia che leggeva negli dei suoi primi clienti, quando assaggiavano un Barolo o una Badi qualità avevano uno spazio da occupare e quindi continuò a lavorare sul filone intrapreso anni prima. Così nel 1972 nacque la nuova cantina di Calamandra, con spazi maggiori e attrezzature più moderne. Inoltre, la ricerca nel campo enologico permise anche alla cantina di produrre Barbere dal gusto più gentile, grazie all’attenzione sempre maggiore posta nello svolgimento della fermentazione malolattica, di cui Michele fu uno dei precursori. A questo punto, l’azienda inizia a godere di una buona fama nazionale e internazionale e quindi la cantina Duca d’Asti può portare il nome del suo fondatore. Michele però, dopo aver trascorso tanto tempo tra i vigneti del Piemonte per selezionare le uve per i suoi vini, ha ancora un sogno: vuole il controllo diretto dell’approvvigionamento delle uve e vuole i cru migliori.
L'amore per la Barbera
Nel 1982 nasce il primo Barolo prodotto dalla Michele Chiarlo, frutto di uve provenienti da vigne in affitto, ma subito dopo nel 1988 l’azienda acquista 6 ettari tra La Morra e Barolo nel cru Cerequio, seguiti ad un anno di distanza da circa un ettaro nel mitico Cannubi. Poi finalmente nel 1995 Michele torna ai suoi grandi amori: al Monferrato e alla Barbera, con l’acquisto della Tenuta La Court, magnifica proprietà di 20 ettari a Castelnuovo Calcea.
Nella realtà, Michele non ha mai smesso di pensare alla Barbera e a promuoverla. Nel 1996, ad esempio, fu tra i fondatori di Hastae, l’associazione che raggruppava i più importanti produttori di Barbera d’Asti. Pochi anni dopo, insieme all’amico di sempre Giuliano Noè, è tra i promotori della nuova Docg Nizza, prima importante sottozona dell’enorme denominazione Barbera d’Asti Superiore. Con il suo disciplinare molto severo, disegnato su misura da Michele e Giuliano per costringere la Barbera a produrre rossi di qualità, nel 2014 il Nizza nasce ufficialmente. Grazie al lavoro fatto dai produttori locali, capitanati dalla famiglia Chiarlo – prima Michele e poi il figlio Stefano - il Nizza è diventata una denominazione importante nel panorama enologico italiano, in grado di far nascere la speranza per tanti vini del Monferrato molto meno noti.
Ambasciatore del vino
Michele Chiarlo, che ha percorso in lungo e in largo il globo alla ricerca di sbocchi interessanti per i nostri prodotti di qualità, è stato un instancabile ambasciatore del vino italiano nel mondo. Un aspetto del suo genio che è passato inosservato è che il lavoro dell’ambasciatore non lo svolgeva solo parlando di Italia all’estero, ma anche creando nel nostro paese i presupposti per attirare i turisti stranieri verso l’Italia. In poche parole Michele è stato uno dei primi a puntare sul turismo enogastronomico per innescare nei nostri territori la volontà di riscatto. In quell’ottica vanno visti il relais Palás Cerequio, nato nel 2011 nel bel mezzo dei vigneti del Barolo Cerequio, e l’Art Park La Court, vero e proprio museo a cielo aperto tra le vigne di Barbera della tenuta omonima.
La cosa che più ci addolora è aver perso una persona cara che è riuscita con i suoi racconti e i suoi aneddoti a farci ripercorrere sessant’anni della storia del vino italiano. Se oggi riusciamo a capire quali successi il vino italiano è riuscito a raggiungere in pochi decenni e come ci è arrivato è grazie a testimoni diretti che questa storia ce l’hanno raccontata e che l’hanno addirittura scritta.