Cerasuola, Tonda Iblea, Biancolilla e Nocellara sono le cultivar più importanti protagoniste della Sicilia da sempre vocata alla produzione olearia e che è stata tra le prime nella storia dell’uomo a considerare l’oro verde come un ingrediente imprescindibile della cucina e della quotidianità. Grazie a queste varietà di olive la Sicilia olivicola ci regala profumi e sensazioni difficilmente riscontrabili altrove, da apprezzare sia nelle versioni monovarietali sia nei blend che spesso caratterizzano anche le produzioni certificate Dop e Igp. Una produzione che, nonostante le difficoltà dell’ultima annata, non ha fatto mancare punte di eccellenza che abbiamo premiato con le Tre Foglie nell’ultima edizione della guida Oli d’Italia del Gambero Rosso.
Un’annata particolarmente difficile quella siciliana, costretta a fare i conti con due anni di forte scarsità di acqua che ha compromesso la qualità di molte produzioni. La fioritura e l’allegagione sono state buone, ma una parte della produzione si è persa per il fenomeno della cascola dei frutticini nel mese di giugno e parte di luglio. La siccità di agosto ha ridotto ulteriormente le aspettative, anche se le indicazioni sulle rese in olio sembrano aver dato buoni riscontri. In linea generale, negli ultimi anni la variabilità delle produzioni va oltre la normale alternanza, esasperando le normali dinamiche di domanda e offerta. Un problema anche per gli imbottigliatori che si trovano a fare i conti con una disponibilità di prodotto sempre più incerta con le conseguenti ricadute in tema di programmazione degli approvvigionamenti. Questo si somma a monte con le difficoltà dei produttori, a valle con quelle dei consumatori finali che in due anni hanno visto aumentare i prezzi.
Quando ci si riferisce all’olivo in Sicilia va tenuto conto che si tratta del primo areale italiano ad aver conosciuto questo prezioso albero. Nello specifico il primo pezzo di isola a vedere la presenza dell’olivo in Sicilia fu sicuramente il versante orientale, quello legato alla presenza dei Monti Iblei e dell’Etna, dove il fertile terreno vulcanico ancora oggi dà vigoria agli alberi e alle colture locali. A testimonianza di ciò c’è il sito archeologico di epoca paleolitica situato a Castelluccio di Noto dove sono state trovate tracce e testimonianze di utilizzo di olio di oliva risalenti a ben 4mila anni fa. A dare impulso e metodo all’olivicoltura locale, come in molte altre zone della Penisola, ci pensarono i monaci Benedettini e Cistercensi che ebbero un ruolo fondamentale sia dal punto di vista agronomico, ma anche per quanto riguarda la messa a punto di efficaci tecniche estrattive, dando la possibilità di implementare la produzione su tutta l’isola.
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