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Tra i marroni di Salvini e le pesche di Esselunga, il cibo torna campo di battaglia politica

La politica si divide sulle pesche di Esselunga e sul contrasto all'inflazione nel carrello della spesa... Dopo gli appelli su granchi blu e cinghiali e le polemiche sul pesto genovese, food e tavola tornano a essere campo di battaglia ideologica

  • 02 Ottobre, 2023

Mentre il cibo costa sempre di più e il “patto anti inflazione” farà risparmiare appena una fetta di prosciutto all’interno di un carrello della spesa a prezzi calmierati o scontati (come scrive in un servizio sul campo, scontrini alla mano, Filippo Santelli sul quotidiano la Repubblica), il food sta diventando sempre più un terreno di confronto politico: non tanto in concreto, quanto sulla metafora del confronto tra schieramenti e ideologie.

Il riflusso nel privato degli Anni ’80

Una volta – erano gli Anni ’80, nascevano il Gambero Rosso e Slow Food – il mangiare, la tavola, la cucina e il vino entravano con forza nella dimensione politica degli italiani e si facevano terreni di passione nel quadro di un ritorno al privato che – dopo le sbornie degli anni ’60 e ’70 – hanno impresso il segno e definito quella stagione politica e sociale. Erano gli anni di Ciarla a Roma dove si brindava ai fasti craxiani. Era l’inizio di Vissani che di lì a breve passerà poi alla storia con il cuoco del risotto per D’Alema. Di lì a poco emergerà anche Antonello Colonna, che sarà invece “lo chef della Destra”.

un frame dello spot di esselunga con la pesca

Se la politica si affida alla pesca di Esselunga

Oggi invece “fa politica” la pesca di Esselunga: se ne discute animatamente (e animosamente) sui social; interviene anche la premier Meloni che scrive su X (ec twitter): “Leggo che questo spot avrebbe generato diverse polemiche e contestazioni. Io lo trovo molto bello e toccante”. E le fa eco Michela Brambilla (Forza Italia): “È un’ottima cosa che l’attenzione sul tema sia richiamata dalla catena di supermercati ben radicata nel centro e nord del paese, dove tradizionalmente i matrimoni ‘tengono’ di meno». La pesca, il frutto, dunque. Che subito però diventa arma di contesa politica. Tanto che Matteo Salvini, in una dimostrazione anti-sinistra (giudicata troppo buonista e melensa) si fa fotografare con un carrello della spesa e dichiara: “Niente pesche, ma tanta roba!”. Mentre riempie a manate il carrello di marroni (castagne!). Ma gli risponde Carlo Calenda tranciante: “Caro Matteo, non ci rompere le palle e vai a lavorare”. E poi, a Paestum, c’è Licia Ronzulli, Presidente dl gruppo forzista a Palazzo Madama, che dalla kermesse di Forza Italia si lancia in un intervento tutto recitato con una pesca in mano: “Da giorni la sinistra si accanisce su una pesca e su un riuscitissimo spot pubblicitario, peraltro facendo dei parallelismi improbabili con il governo dimostrando di non avere ricette credibili per gli italiani – dice – Sono talmente ubriachi di ideologia da aver scambiato l’inclusione con l’imposizione di un solo modello di famiglia e di società, ma noi siamo per i diritti sì ma anche per i doveri, perché un mondo di soli diritti sarebbe ingovernabile”.

Il cibo torna campo di battaglia ideologica

Insomma, dai cinghiali ai granchi blu, dal pesto genovese – vi ricordate la polemica tra il leader delle Sardine e i leghisti? – allo scivolone del ministro Lollobrigida sui poveri che mangiano meglio dei ricchi, ormai il food, la tavola, sono diventati nuovi campi di battaglia politica, usciti dal privato e ributtati nell’agone di un Paese che fa polemiche invece di pensare seriamente a come rilanciare, tutelare e far fruttare un vero tesoro di tradizioni e di biodiversità che dovrebbe essere patrimonio di tutti e non tirato di qua o di là.

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