
Il vegetale cambierà/salverà il mondo? L’onda verde dei Fridays for Future e di Greta Thunberg è arrivata anche al festival The Vegetarian Chance che si è concluso ieri a Torino. Ideato e curato dallo chef Pietro Leemann e dal giornalista-cuoco-scrittore Gabriele Eschenazi, ha visto nella location di EDIT tre giorni di incontri, show cooking, film e appuntamenti di cultura gastronomica su un tema cruciale: Il futuro del cibo è oggi. Ovvero, sbrighiamoci a cambiare registro prima che sia davvero troppo tardi. Cosa è venuto fuori dal festival?
C’era il leggendario grande vecchio dei sondaggi, Renato Mannheimer, a raccontare come stia cambiando il modo di guardare al cibo e quale sia l’attitudine veg dei giovani fra i 16 e i 23 anni. Più attenzione alla qualità (33%), minor consumo di carne (36%), un possibile futuro veg (17%). Ma soprattutto ben il 61% pensa che il cibo vegetale sia più vario e il 58% lo giudica più gustoso.
Bella sfida, insomma, rendere il cibo vegetale strepitosamente gastronomico. Ma soprattutto attento alla sostenibilità, alla salute, all’ambiente, al territorio. È obiettivo di Pietro Leemann che intende portare la sua Carta – Decalogo per una cucina sana e sostenibile, niente affatto talebano, ma di sensibilizzazione sul tema del vegetale a tavola – a 10 chef 3 stelle. Proiettato in anteprima al festival il trailer del film-documento The Vegetarian Tour, con due atleti-veg gourmet (Oliviero Alotto e Alessandro Ippolito) che in bicicletta vanno a incontrare 10 grandi chef in giro per l’Italia (nel trailer si sono visti Crippa, Alaimo, Niederkofler) e con Leeman affrontano il tema del vegetale, della sostenibilità, della natura.
Bella intervista – un filmato di una ventina di minuti – quella di Gabriele Eskenazi a Safran Foer, in occasione dell’uscita del suo ultimo libro, Possiamo salvare il mondo prima di cena. Scenario, il ristorante milanese Joia di Pietro Leemann. Anche qui, nessun eccesso demonizzante da fondamentalisti della prima ora. Foer spiega come è diventato vegetariano, perché è importante ridurre il consumo di carne (come usare meno l’aereo, fare meno figli – lui ne ha due – usare energie sostenibili). Cambiare abitudini alimentari non è impossibile e può davvero servire per ridurre il livello di sofferenza e violenza nel mondo. Ma cominciando da subito, per trasformare (e salvare) il mondo. Prima di cena, possibilmente.
I giovani del sondaggio hanno ragione: il cibo vegetale ha più gusto e riserva sfumature di gusto inattese. Al festival lo si è visto alla Colazione su Vega, con i dolci di Chiodi Latini e di Grezzo, due indirizzi torinesi del veg, lo si è riscoperto ai cooking show, ma l’apoteosi è stata la cena gourmet vegetariana di sabato 12. Una cena a 12 mani cui hanno collaborato Umberto Chiodi Latini con una giardiniera piemontese nella “burnia”, il tradizionale vasetto ermetico, Andrea Ferrucci del ristorante Marcelin con una Fresca Insalata Croccante che univa a un trionfo di foglie di insalatina un gelato di mela cotta e shiso rosso, il limone candito a freddo (per un anno!) e artistiche “finte foglie” di crema di topinambur fritte.
Poi Federico Zanasi del ristorante Condividere alla Nuvola Lavazza ha sorpreso e deliziato con un ceviche di pomodoro strepitoso. Sorprendente pure il finto riso di rape con tartufo nero, gli aerei ortaggi in raviolo con infuso di alghe e salicornia della coppia di giovani chef (entrambi classe 1993) che ora tengono le redini del ristorante di EDIT dopo la fine dell’esperienza di Matteo Monti, Virgilia Cattaneo e Riccardo Festa. Pietro Leemann ha proposto un omaggio al suo maestro Marchesi con un dripping di barbabietola e wasabi in cui intingere verdure fritte autunnali leggere, dai broccoli ai frittini di radice di loto (il piatto ha il titolo programmatico di “Forza titanica del bene”). Gran finale con il dolce Macondo, omaggio a Cent’anni di solitudine e alla cultura sudamericana, sontuosa composizione di gruè di cacao, cioccolato e arachidi, gelato di fichi, salsa di mango e lampone, panna di mandorle, firmato da Leemann e dal suo secondo Sauro Ricci, nonché direttore didattico della Joia Academy. E c’è ancora chi pensa al vegetale come a una cucina di tristi privazioni e rinunce? Ahinoi.
Domenica gran finale con il concorso, diretto da Sauro Ricci. Dalla mattina alle 9 i cuochi si sono installati nelle cucine al primo piano e hanno cominciato a lavorare. Giuria d’eccellenza a giudicarli (da Leemann a Marco Sacco al nutrizionista Salvatore Alessandro Giannino, consigliere scientifico Unesco per lo sviluppo sostenibile, giusto per citarne alcuni). Risultato: per la prima volta ha vinto uno chef giapponese, Ueda Satoru, che lavora alla Gardenia di Caluso con Mariangela Susigan (fra l’altro l’anno prossimo per la prima volta si terrà un Vegetarian Chance in Giappone). Secondi a pari merito il belga Sylvester Schatterman del ristorante Ristorante Hofke Van Bazel (che ha vinto pure il premio Ricola) e Hayao Watanabe, altro giapponese, attualmente alla Franceschetta. In gara c’erano la taiwanese (ma vive da anni a Madrid) Shu Yuan Chen Tsai, la coreana – ma risiede in Giappone – Baek Sun Ying, che si è aggiudicata il premio dello sponsor cremonese Rosso Rapa, Walter Casiraghi, italiano emigrato a Mosca, Gabriele Vergura, pugliese del Ristorante Grand Hotel Villa d’Este e Gabriele Grilli, del ristorante torinese Giudice. Belle immagini dei loro piatti, poetici e raccontati con altrettanta poetica passione da Pietro Leemann. E da assaggiare al Veg Party che ha chiuso la sesta edizione di The Vegetarian Chance. Ora tocca passare alla pratica: il futuro del cibo non può attendere
a cura di Rosalba Graglia
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