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La piattaforma Sergio ha esordito online lo scorso giugno, figlia di un sentimento acuito dal lockdown, quando in tanti hanno iniziato a rendersi conto per la prima volta del valore dei rapporti di vicinato e dell’economia di prossimità. Sergio nasce a Milano, e si consolida in queste settimane, in virtù della nuova ondata di contagi che ha colpito la città, paralizzandola ancora una volta. E costringendo tutte le attività di ristorazione a chiudere. Molti, già preparati sul tema per aver sperimentato la necessità di reinventarsi la primavera scorsa, hanno subito riattivato consegne a domicilio e menu da asporto pensati ad hoc. Altri, per la prima volta, si cimentano col genere. E Sergio vuole offrire loro uno strumento per promuoverne l’impegno, valorizzando il circuito della ristorazione sostenibile e di qualità, al motto di “Support your local ristorante”. Dunque Sergio non è una piattaforma di food delivery come tante altre che “offrono” il servizio di consegna dietro richiesta di commissioni fino al 30% e con scarse garanzie per i fattorini che sfrecciano per la città (si veda, a questo proposito, il modello alternativo in sperimentazione a Bologna). Sergio è una vetrina online che supporta “un sistema sostenibile per tutta la filiera, nella raccolta delle materie prime e nella stagionalità, nel rispetto delle cucine e nei benefici nutritivi di quello che mangi”. E riunisce solo quelle attività che in autonomia hanno sviluppato un servizio di consegna a domicilio per i propri clienti, o che hanno scelto di puntare tutto sull’asporto, per rinsaldare i rapporti tra chi lavora e chi vive nel quartiere. Perché – spiega il manifesto dell’operazione – “sul cibo si fondano le comunità”.
Durante l’estate le rete si è popolata di tanti ristoranti che credono nell’esperienza del cibo a domicilio. La piattaforma, dal canto suo, aiuta a gestire meglio gli ordini, permettendo al cliente di scegliere in anticipo per ricevere un prodotto preparato nel modo migliore, e senza fretta, evitando peraltro assembramenti al ritiro. I ristoranti presenti su Sergio possono essere rintracciati per nome dell’insegna, ma anche a partire da una ricerca che punta tutto sull’ingrediente o sul piatto di cui chi ordina avrebbe proprio voglia. E ancora, a seconda della zona di riferimento in città. Poi si passa a scegliere il menu (o il vino) tra quelli proposti giornalmente dagli chef; per finire, si passa a concordare la data e l’orario per il ritiro o per la consegna. Ma a rendere ancor più interessante l’idea è la qualità delle insegne che popolano la piattaforma (al momento, quindi, la filosofia di Sergio sempre pienamente rispettata).
Solo per citarne alcuni, si spazia dalla Bentoteca di Yoji Tokuyoshi ai 28 Posti di Marco Ambrosino, dal Giappone di Kanpai al Sine di Roberto Di Pinto. E poi ancora Rost, Insieme, 142, Particolare, Ciciarà… Realtà che gli amanti della buona tavola conoscono bene. Prossimamente si uniranno al gruppo anche Serica, le ragazze di AlTatto, Immorale. Quest’ultimo, a partire dall’11 novembre, insieme a Bites e al pasticcere/panificatore Alain Locatelli, esordisce con un progetto nel progetto, ribattezzato Banane, che porterà a domicilio un menu trasversale, partendo dal pain au chocolat per arrivare ai tortelli di piccione.
Ogni ristorante ha la sua scheda dedicata: una breve presentazione del pensiero di cucina, i servizi disponibili, gli orari di ritiro e consegna (con l’eventuale sovrapprezzo richiesto dal ristoratore), l’anticipo richiesto per l’ordine. E il menu. Le possibilità sono molteplici, dalle focacce ideate da Marco Ambrosino (che propone una carta molto articolata, tra lingua salmistrata con salsa ponzu e verdure all’agro e cavolfiore fritto con cipolle in carpione e shiso) al katsusando di Bentoteca, ai kit del Sine, per portare in tavola un piatto di linguine al burro con limone candito, colatura d’alici e gamberi rossi perfette. E per gli indecisi c’è l’opzione “Fai tu, Sergio!”, che orienta la scelta ogni giorno in modo diverso.
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