Laido e corrotto. Un nonnulla. Dose generosa. La lingua di Giorgione è diventata così nota che ora è stata citata anche dall’Accademia della Crusca. Protagonista della rubrica Facebook #LaCruscaRisponde è il termine sdigiunino, che l’oste più famoso d’Italia cita spesso nelle sue disquisizioni davanti ai fornelli.
Un utente ha chiesto alla Crusca se il termine sdigiunino fosse una parola italiana, oppure un’invenzione del cuoco di Gambero Rosso e l’Accademia ha presto chiarito: «Non si tratta di una parola nuova, anzi, tutt’altro. Secondo una prima interpretazione, SDIGIUNINO può essere spiegata come la forma diminutiva, ottenuta attraverso il suffisso -ino, di SDIGIUNO […].
[…] dal verbo SDIGIUNARSI, la cui prima attestazione letteraria, di area senese, risale al XV secolo, con il significato di ‘mangiare per la prima volta durante la giornata’, deriva il sostantivo SDIGIUNO, che ha trovato largo impiego nel corso dell’Ottocento per indicare diverse tipologie di pasto atte per lo più a rompere il digiuno».
Il termine, dunque, sta a indicare uno spezzafame, una merenda, e l’Accademia chiarisce: «Tornando alla forma diminutiva sdigiunino, portata in auge dallo chef Giorgione (nato a Roma ma cresciuto in Umbria), dobbiamo precisare che si tratta quasi sicuramente di una voce che ha avuto particolare fortuna nelle varietà dialettali umbre o comunque di area mediana o perimediana: tutte le attestazioni (compresa la prima, risalente al 1906) rilevate sul web o su Google libri sono contenute in testi che fanno riferimento all’area umbra o i cui autori hanno origini umbre».
E poi tira le somme chiarendo definitivamente: «La diffusione di sdigiunarsi e sdigiuno è stata facilitata non solo dall’assonanza del verbo con desinare (dal lat. volg. *disjejunare ‘rompere il digiuno’ attraverso l’antico francese disner) ma anche, nel corso del XIX secolo, dal francese déjeuner (sia verbo sia sostantivo)».
Il termine, dunque, sta ad indicare anche l’azione del «mangiare voracemente» e «primo pasto della giornata lavorativa dei contadini». Come racconta la Crusca, il passare degli anni, i cambiamenti sociali hanno portato «all’abbandono progressivo dei lavori campestri e della realtà contadina», tant’è che anche il significato di sdijuno è cambiato, portandolo «alle sue forme diminutive» e trasformandolo da «primissimo pasto contadino» a «merenda, spezzafame».
Ne avevamo parlato anche qui tempo fa: lo sdijuno, come termine, è diffuso dunque nelle zone centrali d’Italia e, oltre all’Umbria citata dalla Crusca, anche l’Abruzzo è un grande consumatore di questi piccoli pasti della metà mattina, di solito si consuma verso le 11, formaggio, uova, pane, verdure.
Che lo sdijunino fosse un pasto importante della giornata, Giorgione l’aveva capito da un po’. In effetti, le sue ricette sono diventate protagonista di una serie web pubblicata sui profili social di Gambero Rosso. Volete qualche idea? Ecco di seguito gli sdijunini più famosi da rifare a casa, con il benestare di Giorgione. Involtini salmone e mela. Toast con caciotta di mucca, pecorino, taleggio, guanciale affettato, mozzarella di bufala, senape. Pane, nduja e alici. Olive marinate. Cornetto salato modificato con squacquerone, pomodori secchi, ciauscolo, erbette di campo. Peperoni alla fiamma.
Le quantità degli ingredienti? Dosi generose!
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