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"L'impastatrice è semplice, può usarla anche una donna". La pubblicità sessista e imbarazzante dell'azienda produttrice

Se vediamo il sessismo ovunque, significa che il sessismo purtroppo è ancora ovunque. Anche in una pubblicità di un'impastatrice, che recita: "Con la nostra arrotondatrice fare le palline è incredibilmente alla portata di chiunque! Anche un bambino, una donna, una zia"

  • 14 Marzo, 2024

Care aziende, siamo nel 2024, smettetela di pubblicizzare i vostri prodotti attraverso una narrazione sessista. E a chi penserà “ma basta con questo sessismo, state sempre parlando di patriarcato”, rispondiamo che a noi piacerebbe molto non parlarne più. Purtroppo è evidente che tocca ancora scrivere articoli del genere, almeno finché continueranno a esserci comunicazioni fuori luogo, sessiste e anacronistiche. Scrollando la bacheca di Facebook siamo incappati in un video pubblicato da un’azienda che produce e vende impastatrici: «Con la nostra arrotondatrice – recita il copy del post – fare le palline è incredibilmente semplice e veloce, alla portata di chiunque! Anche un bambino, una donna, una zia, un parente o qualsiasi altra persona può arrotondare le palline senza alcuna difficoltà». Segue video di un uomo che spiega a una donna come si utilizza il macchinario.

Basta con le pubblicità sessiste

Mansplaining allo stato puro. Eppure il mondo, in generale e quello della pizzeria, sta evolvendo: sono sempre di più le pizzaiole donne – che tra l’altro non hanno bisogno dell’arrotondatrice: andatelo a dire a Marzia Buzzanca o a Isabella de Cham di fare le palline con l’arrotondatrice!– che sono riuscite a farsi strada in un mestiere considerato appannaggio maschile fino a qualche anno fa. Chiaro, c’è tanta strada da fare, anche noi premiamo ancora pochissime pizzaiole (perché in proporzione ai colleghi maschi sono ancora troppo poche) ma se c’è arrivata pure Mattel, che nel 2018 ha lanciato la Barbie pizzaiola, possiamo arrivarci tutti.

Pubblicita? sessista

Siamo pesanti? Risultiamo noiose? Ci spiace ma questa cultura non ci rappresenta. Non più. E se addirittura il preside di un liceo di Imola (stiamo uscendo un po’ dal seminato, lo sappiamo) si sente libero di scrivere sotto la foto di un’ufficiale donna che si è fatta male durante una partita di calcio «Sì vabbè… però oggettivamente se fosse stata in cucina a preparare le tagliatelle, non si sarebbe fatta male tesoro» – come se una donna non potesse giocare a calcio e non potesse farsi male, perché il suo ruolo è quello di fare le tagliatelle, non in un ristorante, ma a casa chiaramente – significa che di questi fenomeni sistemici culturali non se n’è ancora parlato abbastanza.

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