
Butta male per chi è abituato a fare colazione con uova e succo d’arancia, perché se con il prezzo delle prime, almeno per ora, può cavarsela, con la spesa per il secondo è probabile che il budget familiare non arrivi alla fine del mese. Nel caso non si fosse notato, infatti, il prezzo del succo d’arancia è ormai triplicato rispetto alla media degli ultimi cinquant’anni. Un’impennata che vede solo nel 2024 un aumento del 77%, con un prezzo attuale che si attesta intorno ai 450 dollari per libbra.
Non che sorprenda più di tanto, ormai la tempesta scatenata dalla guerra russa in Ucraina, ci ha abituato a inflazione e prezzi che si alzano a dismisura: il costo del cacao e lo zucchero, lo abbiamo visto, è schizzato alle stelle tanto da farli diventare beni di lusso, praticamente. E in questo scenario, ancor più netta è stata la scalata del succo d’arancia concentrato congelato: più 98% da inizio anno a oggi.
Il problema maggiore che riguarda questo specifico comparto, è che i raccolti sono ai minimi storici, fatto provocato, in primis, dal cambiamento climatico con le sue ormai note conseguenze. Stati Uniti e l’area del golfo del Messico sono stati per esempio travolti da una serie di uragani intensi. Lo stesso è successo anche Brasile, dove poi però ad aprile una siccità senza precedenti ha messo ancora più in ginocchio i produttori. Non ci sono solo gli eventi estremi come motivazione, però: a peggiorare le cose c’è stata la diffusione della malattia dell’inverdimento degli agrumi, una fitopatia letale per gli alberi, che ha colpito in particolare le piante dei tre più importanti produttori di succo d’arancia.
Risultati, due: la produzione Usa diminuita di un terzo e quella globale del 5% e l’inizio del gioco, che tanto gioco non è, della speculazione. All’orizzonte, purtroppo, non sembra profilarsi un ridimensionamento del fenomeno. Le previsioni per il 2024 indicano una raccolta con il 24% in meno di casse rispetto all’anno scorso. Se poi ci mettiamo il costo sugli scaffali dei supermercati e il crollo di vendite proprio per questo, non è un pensiero eccessivo credere che questa bevanda così amata possa a breve sparire dai supermercati.
Ancora forse è presto per giungere a conclusioni così estreme, va detto però che il fenomeno preoccupa gli agricoltori, non solo quelli americani, ma anche quelli italiani i quali non stanno molto meglio rispetto ai colleghi Oltreoceano. Ma se in America il problema è il cambiamento climatico, nel nostro Paese le motivazioni sono diverse e riguardano una domanda decisamente inferiore di succo d’arancia rispetto agli Usa.
Questo ha portato la Calabria, per esempio, a riconvertire molti agrumeti con impianti adatti a far fiorire nuove piante, come per esempio quella del kiwi, scelta per nulla ecologica, vista la quantità di acqua necessaria per mantenerla, ma economicamente molto più vantaggiosa. Ma gli agrumeti, qui da noi, sono sotto assedio anche per via del cemento: sì, proprio così, in Sicilia, secondo i dati Istat, negli ultimi 15 anni hanno volatilizzato il 50% dei limoni, il 31 % degli aranci e il 18 % dei mandarini a favore di distese di cemento, parchi eolici o fotovoltaici.
C’è chi cerca ancora di valorizzare quel che può, le produzioni di eccellenza, cioè i prodotti Igp, quelli Dop, le coltivazioni biologiche, come l’arancia rossa, quella di Ribera, il limone di Siracusa, il limone Interdonato di Messina, il mandarino tardivo di Ciaculli e il limone dell’Etna. Ma la strada è davvero molto in salita.
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