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Le pittule salentine, uno spuntino perfetto per la Vigilia di Natale

Anche in Salento si preparano dei globi irregolari di pasta fritta, simili alla pasta cresciuta napoletana. Sono dei bocconcini caldi e croccanti che accompagnano da sempre la tradizione natalizia pugliese

  • 22 Dicembre, 2024

Almeno a Natale, uno strappo alla regola si può fare, mettendo da parte la dieta senza particolari sensi di colpa. Non vorrete mica isolarvi dal momento collettivo di gioiosa opulenza, tipico delle feste, con un triste petto di pollo, vero? Sarebbe un peccato, perché ad aspettarvi saranno tante gustose ricette della tradizione. Una delle più sfiziose appartiene al repertorio classico pugliese, legato alla cultura cristiana. Stiamo parlando delle pittule salentine. Sapete cosa sono? E come si preparano? Vediamolo insieme, che una volta assaggiate, non potrete più farne a meno.

Le pittule: caposaldo della tradizione pugliese

Sebbene numerose versioni di queste palline fritte si trovino anche in altre regioni, come Basilicata, Calabria e Campania, storicamente costituiscono uno dei capisaldi della cucina pugliese. Si preparano ormai in tutti i periodi dell’anno, considerando che delle trattorie le propongono persino ad agosto senza badare alle temperature estive, mentre in determinate aree per celebrare invece San Martino, Santa Cecilia o l’Immacolata, a novembre e dicembre. Effettivamente, in linea con ciò che accade altrove, in giro per l’Italia e nel mondo, spostandosi — anche di pochi chilometri — possono esservi differenze o varianti, rispetto alla ricetta, al nome o alla festività cui sono legate (come nel caso in questione). Eppure, originariamente si diffondono quale antipasto della Vigilia, un’usanza culinaria custodita ancora da qualche famiglia. Non va comunque trascurata la consuetudine che le vorrebbe pronte per mezzogiorno dello stesso 24 dicembre, una sorta di spuntino propiziatorio.

Cosa sono le pittule?

Le pettole — denominazione conferita nel Barese — si iscrivono al ricettario della cucina casalinga povera e di recupero. Corrispondono a una preparazione ‘economica’, data principalmente da pasta lievitata fritta. Un impasto semplice da preparare, che implica giusto poche ore di lievitazione, variabili a seconda delle condizioni di partenza. Possono poi diventare dei bocconcini incredibilmente saporiti quando alla pasta vengono incorporati altri ingredienti; c’è chi aggiunge infatti pomodorini secchi, olive denocciolate, acciughe, capperi, tonno sott’olio, cavolfiore sbollentato, o una combinazione speciale fra quelli appena indicati.

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Come si preparano le pittule?

Qui bastano pochi facili passaggi per regalarsi un antipasto davvero appagante. Nello spirito genuino e casereccio delle feste, prendiamo come riferimento la ricetta donataci con generosità e orgoglio da una salentina doc, Lucia Marzo.

La ricetta casereccia salentina

Prendere 500 g di semola di grano duro e impastare con più di mezzo panetto di lievito di birra e acqua tiepida (q.b), aggiungendo un pizzico di sale e assicurandosi che la consistenza della lavorazione risulti alla fine piuttosto morbida (quasi semi-liquida). Aggiungere acqua invece se la maglia glutinica risulta ancora dura. Lavoro manuale sull’impasto che richiede un pochino di tempo, quello sufficiente a conferirgli una certa elasticità. In seguito, mettere a lievitare la massa lavorata per un arco temporale che va dalle due alle tre ore, nelle vicinanze di un termosifone acceso, oppure nel forno con la luce accesa (vecchia maniera). Comparse delle bollicine d’aria, si può considerare la pasta lievitata e pronta per friggere. A questo punto, formare delle palline passando l’impasto nel cerchio ricavato dalle dita (pollice e indice congiunti) e tuffarle con l’aiuto di un cucchiaio nell’olio caldo. Pochi minuti — non devono essere né pallide né troppo imbrunite — e le pittule sono pronte. Con questi manicaretti vi auguriamo una buona Vigilia di Natale.

 

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