Ricerche, studi e soprattutto tanta pratica riconoscerebbero i benefici apportati dalle specie arboree in zone viticole. Ipotesi che vanno nella direzione di una agroecologia sempre più cooperativa. Gli agricoltori cominciano a occuparsene, in Italia e nel mondo.
Tutti vogliono piantare alberi. Se ne discute nelle riunioni di condominio, così come sul web, con youtuber e addirittura con personaggi come il multimiliardario Elon Musk – l’inventore della Tesla – assurti a nuovi paladini della riforestazione. Loro sono gli ultimi di un lungo elenco destinato ad allungarsi, che vede impegnati anche Jack Dorsey, Ceo di Twitter, e Tobias Lütke, capo di Shopify.
Ma il rimboschimento delle aree contro il riscaldamento globale quindi è una cosa da tycoon di Internet? O da radical chic? No, affatto. L’albero è il tema del momento: fonte di energia, esempio di resilienza, elemento talvolta mistico, illustrazione per centinaia di copertine di romanzi e saggi che parlano di necessità e desiderio di un contatto con la natura più consapevole. In questa dimensione intimista e salvifica, l’albero rischia di perdere, agli occhi di chi lo osserva, la sua vera funzione, che è quella di essere una parte in un tutto. Se questo tutto è l’agricoltura cominciamo con il dire che gli alberi non possono essere piantati ovunque, né in modo casuale, né senza tener conto delle specie arboree. La natura non è un organismo egoista ed egocentrico. Trae al contrario la sua forza dalle relazioni tra le specie. Come tra alberi e viti: da un lato grandi entità arboree, anche monumentali, dall’altro territori di grande prestigio per fama e anche per valore immobiliare. Ciascuno con le sue esigenze, dove la difficoltà – e la bravura – è portare queste a convivere per rendere migliore l’ambiente.
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Parole di Francesca Ciancio
Foto di apertura di A. Barsanti
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